La stoccata vincente: recensione del film Rai

La stoccata vincente, in onda su Rai il 24 settembre alle ore 21:25, riporta alla luce una storia di sacrifici e redenzione, con onestà e trasparenza, dimenticandosi in parte la dimensione sportiva del racconto.

La stoccata vincente è il recente lungometraggio diretto da Nicola Campiotti (Il mondo sulle spalle, Un passo dal cielo 4) che adatta liberamente sul piccolo schermo l’omonimo romanzo autobiografico di Paolo Pizzo e Maurizio Nicita, che racconta l’incredibile storia dello stesso Paolo Pizzo, schermidore siciliano doppiamente campione del mondo di spada, che, ancora prima di trionfare nello sport, ha affrontato da piccolo un cancro al cervello che lo ha segnato per sempre. Un racconto di vita straordinario, che dal punto di vista contenutistico, tocca diversi temi, con molto tatto e attenzione, ma che si perde lungo la strada.

La Stoccata Vincente - Cinematographe

La stoccata vincente, infatti, nel suo essere, al tempo stesso, una cronistoria sportiva e una narrazione biografica, non trova un bilanciamento tra queste due parti, concentrandosi maggiormente sulla dimensione umana e meno su quella agonistica. Un ritratto ad ogni modo sincero e interessante, con un cast perfettamente in parte. L’opera, prodotta in particolare da Anele in collaborazione con Rai Fiction, ha una sceneggiatura redatta dallo stesso Campiotti e da Marco Videtta ed Alessandro Tonda. Il film è in arrivo, nello specifico, domenica 24 settembre alle ore 21:25 su Rai 1, con ovviamente la possibilità di recuperare la pellicola anche su Rai Play.

La stoccata vincente: un affondo contro la retorica

La stoccata vincente - Cinematographe

La stoccata vincente inizia dalla fine, uno schema narrativa molto classico che consente l’immedesimazione diretta del pubblico all’interno del racconto. Ci troviamo a Catania, nel 2011, alla finale dei campionati del mondo di scherma. Il protagonista è stanco e demotivato: il suo avversario, l’olandese Bas Verwijlen sta avendo la meglio. È proprio in questo attimo di sospensione che si inserisce la storia di Paolo Pizzo, una sequenza di eventi cruciali che poi ha portato a questo grande giorno, probabilmente il momento più importante della sua vita. Si torna quindi indietro, all’infanzia dell’atleta, quando era già un campione, ma il suo carattere burrascoso gli impediva di accettare con sportività le sconfitte.

Ed ecco che, velocemente come un colpo di spada, si va avanti nella vita di Paolo (Alessio Vassallo), a quando, oramai adulto e arruolato nell’Aeronautica, continua ad allenarsi duramente, ma gli manca sempre qualcosa, un vuoto dentro che lo logora e che non gli permette di essere lucido al massimo. Si nota fin da subito che il lungometraggio non solo non insegue la tradizionale origin story, ma si diverte a stravolgerla alternando presente e passato in modo volutamente caotico, usando il tempo come un flusso di pensieri ed emozioni. Ed è proprio tra le pieghe del tempo che si annida la sconcertante verità.

Paolo Pizzo non ha mai metabolizzato lo shock del tumore al cervello che ha superato da piccolo, un buco nero nella sua anima che ha riempito di rabbia, l’ira che poi è diventata il motore principale per la spada. Non solo: La stoccata vincente è un racconto di cadute, dalle quali però non è obbligatorio rialzarsi subito, come vorrebbe una società sempre veloce, dinamica e competitiva. C’è bisogno di tempo per guarire dalle cicatrici dell’anima e per essere consapevoli delle proprie fragilità. Tutti elementi che, all’interno del lungometraggio, sono raccontati senza nessun tipo di edulcorazione, con un’attenzione particolare alla delicatezza dei temi trattati e, soprattutto, andando contro ogni retorica.

Il nostro protagonista, infatti, non è un vincitore in quanto tale, perché ha “sconfitto” una malattia o ha battuto un avversario a livello agonistico, ma perché, in ogni occasione della sua esistenza, ha avuto il coraggio e la caparbietà di subire sulla sua pelle infinite sconfitte, facendo tesoro dell’esperienza durante il percorso e non dei riconoscimenti che ha ottenuto sul piano concreto. Ciò porta ad un racconto intimo, trasparente e genuino della vita personale di Pizzo. Non c’è nessuna agiografia, né elogio, niente santificazioni, ma solo la realtà dei fatti in tutta la sua purezza. Tutto ciò, ovviamente, è possibile grazie al cast, che ha fatto un ottimo lavoro sui personaggi.

La stoccata vincente: un film sbilanciato, come il protagonista

La stoccata vincente 2 - Cinematographe

A cominciare da Alessio Vassallo che, all’interno de La stoccata vincente interpreta l’atleta protagonista: la star, fatto tesoro della presenza dello stesso Pizzo sul set, ha incanalato tutta la sua energia ed esperienza per dare vita, probabilmente, al personaggio più difficile e intenso della sua carriera. Una figura perennemente in bilico che però viene mantenuta ben salda da due maestri d’eccezione, uno sportivo, il maestro Oleg Pouzanov (Maciej Robakiewicz) e uno “personale” ovvero il padre Piero (Flavio Insinna). Due punti fissi che sono importanti non solo nell’economia nella storia (che acquista maggiore stabilità), ma che rivelano un’incredibile alchimia tra gli attori di riferimento.

Ebbene, questo disequilibrio interiore e psicologico del personaggio principale, in qualche modo, è esteso anche al film stesso che non riesce a trovare una corretta armonia tra l’anima sportiva e quella più umana. È chiaro che, all’interno di Paolo Pizzo, convivono entrambe queste dimensioni ed è realmente impossibile dividerle nella costruzione del personaggio in quanto parti fondanti e imprescindibili del suo essere, ma nell’ottica filmica è importante che queste anime siano profondamente separate. Una divisione che in alcuni passaggi del lungometraggio è ben presente, mentre in altre, complici spesso i salti temporali e il montaggio accelerato, non è ben chiara ed evidente. Quindi se da un lato, paradossalmente, tale aspetto è perfettamente coerente con lo sviluppo del protagonista, non è però leggibile e funzionale ai sensi della pellicola stessa.

Conseguenza immediata di questo sbilanciamento è che la parte sportiva, purtroppo, non ha l’importanza che merita, sacrificata a favore di una narrazione più biografica che agonistica. Di certo non mancano momenti sportivi molto riusciti, come l’allenamento con il maestro Oleg o la rivalità con Guglielmo Visentin (Mario Ermito), ma altri, purtroppo, difettano non solo di approfondimento, ma anche di obiettività. La sceneggiatura e la regia, infatti, alcune volte tendono ad appiattire gli aspetti tecnici della spada, preferendo invece raccontare aspetti più inerenti la dimensione emotiva e psicologica di Pizzo, come nella rappresentazione della finale del campionato del mondo di scherma a Catania. In quel frangente l’intera gara viene saltata (eccetto l’inizio e la parte conclusiva) per giocare con i sentimenti, non mostrando la sfida atletica e la competizione che dovrebbero essere centrali.

Tra l’altro, anche la stessa regia de La stoccata vincente riesce perfettamente ad inquadrare i momenti più intensi della vita del protagonista, come i teneri scambi tra un piccolo Paolo e suo padre o la sua ricaduta dopo la morte del suo maestro Oleg. Ma quando si avvicina alla descrizione visiva dello sport di riferimento fa fatica a trasmettere con accuratezza gli elementi fondanti della spada, limitandosi ad una buona rappresentazione scenografica, senza però dedicarsi a fondo alla costruzione dei combattimenti.

La stoccata vincente: valutazione e conclusione

Una regia che cattura le emozioni del protagonista ma ha difficoltà nel raccontare la scherma con tutta la sua complessità; una sceneggiatura efficace nel raccontare temi importanti e delicati andando controcorrente; una fotografia piuttosto piatta che si “accende” in diversi momenti topici della trama; una recitazione di ottimo livello (sia individuale che corale), con Alessio Vassallo e Flavio Insinna che raggiungono dei picchi notevoli; un sonoro molto classico che segue la scia dell’emotività; un racconto di cuore e trasparenza. La stoccata vincente è un storia di grande impatto sentimentale che però lascia troppo da parte lo sport in favore di una parabola umana straordinaria.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.4

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