The Penitent: recensione del film di Luca Barbareschi
Ispirato a un caso di cronaca, il film è sceneggiato dal Premio Pulitzer David Mamet e attacca gli eccessi della cancel culture, i media e il sistema giudiziario.
Presentato fuori concorso all’80esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia e al cinema dal 30 maggio 2024 con 01 Distribution, The Penitent, diretto e interpretato da Luca Barbareschi da un testo del drammaturgo Premio Pulitzer David Mamet. Il film è ispirato ad un caso di cronaca, il caso Tarasoff, nel quale uno psicanalista rimane vittima di accanimento giudiziario e della macchina del fango causata da una comunicazione pilotata. Prodotto da Èliseo Entertainment con Rai Cinema, il film vede nel cast Catherine McCormack, Luca Barbareschi, Adam James, Adrian Lester e Fabrizio Ciavoni.
New York. Lo psichiatra Carlos David Hirsh vede deragliare la sua carriera e la sua vita privata dopo essersi rifiutato di testimoniare a favore di un ex paziente violento ed instabile che ha causato la morte di diverse persone. L’appartenenza alla comunità LGBT del giovane paziente, il credo ebreo del dottore, la fame di notizie della stampa e il giudizio severo della legge, aggravati da un errore di stampa dell’editor di un giornale, sembrano essere gli elementi che fanno scatenare una reazione a catena esplosiva. La gogna mediatica e l’accanimento del sistema giudiziario si sommano al dilemma morale nel professionista che si trincera dietro al giuramento di Ippocrate per difendersi dalle interrogazioni, dalle pressioni e dai tradimenti di tutti alla ricerca della verità.
The Penitent – I tormenti di un uomo, l’ideologia woke, gli eccessi della cancel culture
“La natura umana è crudele” è l’assunto che guida The Penitent, tratto da una storia vera: è crudele il ragazzo che compie una strage nella scuola che frequentava, come lo erano i ragazzi che lo tormentavano perché omosessuale; è crudele il giornalista che per trovare l’ennesimo mostro da sbattere in prima pagina scrive che Hirsh ha dichiarato che l’omosessualità è un’aberrazione, quando in realtà l’ha definita un “adattamento”, è crudele l’accanimento giudiziario, e forse lo stesso Hirsh. I tormenti dello psichiatra protagonista, la sua presa di coscienza di una situazione che ha cambiato irreparabilmente la sua vita accompagnano lo spettatore nell’abisso di un uomo vittima degli eccessi della cancel culture e dell’ideologia woke che partendo da sacrosante ragioni spesso deragliano in cieca intolleranza. In un monologo tagliente Hirsh si sfoga con il suo avvocato sugli effetti di questa cultura in uno dei momenti più “alla Mamet”, i cui testi sono senza filtri, cinici, provocatori, sprezzanti del politicamente corretto.
I film è interpretato egregiamente dai protagonisti, primo fra tutti Luca Barbareschi, completamente calato nel tormentato Carlos David Hirsh che ha interpretato anche a teatro dove ha portato altre opere di Mamet, traducendone per primo i testi in Italia all’inizio degli anni ’80: American Buffalo, Perversione sessuale, Chicago, Glengarry Glen Ross, Il sermone, Mercanti di bugie, Oleanna, fino a produrre Boston Marriage.
The Penitent: valutazione e conclusione
Un film che scuote le coscienze, che fa riflettere sulla società in cui viviamo, sugli eccessi che portano, come nel caso delle lotte per i diritti civili, a derive ideologiche che spesso perdono di vista l’obiettivo e il bene delle minoranze. Il passaggio dall’opera teatrale al film manca di ritmo, forse alla trasposizione cinematografica di The Penitent avrebbe giovato un’asciugatura dei monologhi e dei dialoghi fiume scritti da un grande drammaturgo come David Mamet, candidato tra l’altro due volte agli Oscar per la sceneggiatura de Il verdetto (1983) e per quella di Sesso & potere (1998). Nel 1984 ha vinto il Premio Pulitzer per l’opera teatrale Glengarry Glen Ross, adattato dallo stesso Mamet per il film Americani, diretto da James Foley.
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