Ice cold: Il caso Jessica Wongso – recensione del cruento documentario Netflix
Un racconto che viene da lontano e inquieta più di quanto ci si possa aspettare.
Ice cold: Il caso Jessica Wongso è un documentario di true crime del 2023 disponibile a partire dal 28 settembre 2023 su Netflix. Al centro della sua narrazione, c’è uno dei casi di cronaca giudiziaria più critici della storia criminale indonesiana. Il crimine, per questo particolare documentario al limite del giallo in stile Agatha Christie, proviene da molto lontano. Proviene da una terra che raramente viene coinvolta in vicende così cruente, crimini così tortuosi e misteriosi (o almeno a noi occidentali sembra così): la misteriosa ed affascinante Indonesia.
L’Indonesia, nel suo essere terra antica di riti immutati, considerati quasi inquietanti ed ancestrali dal mondo occidentale, viene mostrata nel documentario diretto da Rob Sixsmith in una veste completamente diversa. Lontano dall’essere un documentario di cronaca e non vicino ad esserne uno di denuncia, trova il modo di scoprire un paese insolito, dagli aspetti profondamente occidentalizzati. Dalla ricchissima Giacarta, ai talk show con gossip fittissimo – quasi da far impallidire i cugini americani – il ritratto dell’élite di questo territorio ricco di contraddizioni è degno di un reality Made in Usa. Sixsmith è abile nel creare una narrazione semplice, ma capace di raccontare una società (o parte di essa) attraverso la lente di un brutale omicidio.
Ice cold: il caso Jessica Wongso è una discesa inesorabile nel dubbio giudiziario
Ice cold: il caso Jessica Wongso racconta un episodio di cronaca nera che ha sconvolto e coinvolto l’opinione pubblica indonesiana nel 2016. Il 6 gennaio dello stesso anno, la bellissima 27enne indonesiana Mirna Salihin, morirà pochi secondi dopo aver ingerito un caffè al bar di un centro commerciale chic di Giacarta. La giovane, sposata e felice, era in compagnia della sua amica di lunga data, Jessica Wongso. Le due si erano conosciute a scuola di design a Sydney ed avevano legato immediatamente: la loro amicizia era durata anche dopo il matrimonio di Mirna, ritornata al paese di origine. Ma ultimamente le cose tra le due sembravano essersi incrinate, da quando Mirna aveva consigliato a Jessica di lasciare il suo fidanzato violento.
Le cose potrebbero essere andate così a rotoli da spingere Jessica ad avvelenare il caffè della sua amica, ponendo fine alla sua vita per invidia? Così sembra pensarla l’opinione pubblica, ma anche i pubblici ministeri, che sono riusciti a convincere ben tre giudici a condannare la giovane per omicidio. Il 30 gennaio 2016, infatti, Jessica viene arrestata e poi giudicata colpevole: dovrà trascorrere 20 anni in prigione per l’omicidio volontario della sua amica.
Le interviste ai cari di Mirna, che costellano il documentario, sembrano voler spingere una narrativa precisa: Jessica era invidiosa di Mirna, la sua vita perfetta constrastava a tal punto con la sua da aver trasformato la gelosia in odio. La fredda reazione di Jessica alla morte di Mirna, ma anche al suo verdetto, sembra corroborare la descrizione di una killer gelida e calcolatrice. Ma quanto c’è di vero? L’abile documentario di Sixsmith gioca proprio sulla doppia possibilità di una innocenza e/o di una colpevolezza della ragazza, mettendo l’accento sulle gravi lacune venute fuori durante il processo. Un esempio lampante? La mancata autopsia sul cadavere di Mirna, scelta piuttosto controversa presa dalla famiglia per “preservare il corpo” della giovane. Ma con una dose di veleno (cianuro) riportata dagli esami tossicologici troppo bassa per essere letale, come si può davvero bollare Jessica come un’assassina e rinchiuderla in prigione a vita? Senza dare una risposta reale alla questione, la regia di Sixsmith offre al pubblico la libertà di scegliere la propria versione della verità, mettendo a disposizione tutte le prove raccolte durante le indagini e durante il processo, seguito attentamente dai media. Jessica, che parla in un’intervista ricordandoci tantissimo alcune riprese del documentario Il caso Rosa Peral, si proclama innocente del crimine. Il suo atteggiamento è enigmatico, così come il documentario che la dipinge come protagonista semi-consapevole di un mistero forse irrisolvibile.
Ice cold: il caso Jessica Wongso – valutazione e conclusione
Il documentario Netflix è ricco di riferimenti culturali insoliti, panorami sociali sconosciuti a gran parte del mondo Occidentale, riuscendo a dipingere un parziale ritratto della sorprendente società indonesiana. Inoltre, riesce a sottolineare con abilità narrativa la gravità e la superficialità dell’opinione pubblica, pronta ad additare senza prove per amore del semplice voyerismo. La figura di Jessica ne esce enigmatica come è stata presentata nelle immagini iniziali, fredda come il ghiaccio ma non per questo colpevole di omicidio. L’abilità di Sixsmith è raccontare con apparente obiettività i fatti, mostrando i singoli punti di vista senza appoggiarne esplicitamente nessuno: la risposta non esiste, esiste solo ciò che il pubblico preferisce credere.