Rain Man – L’uomo della pioggia: recensione del film con Tom Cruise e Dustin Hoffman
Rain Man – L’uomo della pioggia, è un film del 1988 con protagonisti Tom Cruise e Dustin Hoffman, per la regia di Barry Levinson (Good Morning Vietnam, Toys, Sleepers); la pellicola ha conquistato l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e quattro Premi Oscar per miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista Dustin Hoffman e miglior sceneggiatura originale (firmata da Ronald Bass e Barry Morrow).
Rain Man tratta con delicatezza e, allo stesso tempo, incisività della messa in scena, la complessità della patologia autistica, un universo psicologico in cui il confine fra normalità e anomalia appare sfumato e inafferrabile, tanto da rendere spesso difficoltoso l’inquadramento medico di tali soggetti.
Alla base della sindrome vi è infatti il multisfaccettato universo della neurodiversità, che porta i soggetti autistici ad interpretare ed affrontare la realtà in un modo completamente differente rispetto ai cosiddetti soggetti normali, ma non per questo necessariamente esente da competenze che, anzi, possono risultare settorialmente superiori rispetto a quelle dei soggetti non affetti dal disturbo.
In particolare, il protagonista di Rain Man presenta una forma di autismo detta Asperger, corredata da una Sindrome del Savant che giustifica le spiccate abilità cognitive settoriali del soggetto.
A differenza della maggior parte degli autistici (che risultano non verbali e incapaci di stabilire un qualunque contatto sociale con il prossimo), gli Asperger conservano abilità linguistiche e intellettive spesso spiccate o addirittura di gran lunga superiori alla norma, restando invece carenti o problematici per quanto riguarda l’area della relazione e quindi dell’affettività e dell’espressione emotiva.
In qualità di soggetti autistici ad alto funzionamento, caratteristica comune agli Asperger è l’assenza di un significativo ritardo cognitivo e la tendenza ad isolarsi in attività particolari e ripetitive, usate spesso come mezzo per gestire l’ansia, provocata anche dalla difficoltà a gestire la sovrastimolazione sensoriale causata dall’interazione con l’ambiente circostante.
Rain Man – L’uomo della pioggia: un road movie all’insegna della scoperta di un mondo nuovo
Rain Man – L’uomo della pioggia racconta le vicende di Charlie Babbit (Tom Cruise), un commerciante di automobili sull’orlo della bancarotta, sentimentalmente coinvolto in un rapporto tormentato con la bella Susanna (Valeria Golino). Alla morte del padre, un uomo anaffettivo che lo ha abbandonato da ragazzo, Charlie viene a sapere che l’unico erede del patrimonio familiare è Raymond (il fuoriclasse Dustin Hoffman), un fratello che non sapeva di avere, affetto da autismo e ospitato in una struttura per malati psichiatrici di Wallbrook.
Infuriato e sofferente per l’ennesimo tradimento subito dal padre, Charlie decide istintivamente di rapire Raymond, portandolo via dalla struttura e chiedendo come riscatto la metà del patrimonio paterno. Al rifiuto del responsabile dell’ istituto, Charlie prosegue la sua “fuga” portando il fratello con sé a Los Angeles e scoprendo, gradualmente, che dietro allo sguardo assente e ai buffi ed esasperanti manierismi di Raymond si nasconde un universo di segreti familiari e capacità affettive…
La grandezza di Rain Man (oltre che nell’interpretazione semplicemente magistrale di Hoffman) sta nella metafora del viaggio intrapreso dai due protagonisti.
L’arrogante ed egoista Charlie, costretto ad “arrendersi” alle esigenze strampalate del fratello – pena mandare a monte il suo piano – dovrà imparare a venire a patti con i propri pregiudizi e la tendenza a forzare gli eventi in suo favore, scoprendo che dietro all’accettazione di una situazione apparentemente scomoda si possono nascondere le migliori soluzioni.
Raymond, dietro la coltre della sua apparente assenza, dal canto suo, mostra di comprendere e sentire molto più di quanto sembra e, cedendo a sua volta all’incalzare degli incitamenti del fratello ad essere “normale” , rivela parti di sé che la vita in istituto avrebbe lasciato per sempre sommerse, instaurando a suo modo un rapporto affettivo col fratello e portando Charlie a perdere di vista l’obiettivo primario del viaggio, desiderando semplicemente di rimanere insieme al fratello, recuperando gli anni perduti.
Rain Man – L’uomo della pioggia: una regia delicata ma incisiva a corredo di interpretazioni eccezionali
La regia di Barry Levinson è ammirevole nel sottolineare il modo in cui Raymond percepisce la realtà ed il bombardamento sensoriale che una vita in un ambiente non protetto gli provoca. La mancanza di flessibilità nell’adattarsi ad un mondo in continuo cambiamento mette l’uomo di fronte a difficoltà crescenti, risolte solo dall’intervento esterno di Charlie che, per quanto possa sforzarsi, non può impedire al fratello di essere se stesso, nel bene e nel male.
Unica pecca di Rain Man (tolto il pessimo auto-doppiaggio della Golino) è il modo in cui la sceneggiatura si piega a tratti alle esigenze della narrazione che – complicata dall’impossibilità di far esprimere direttamente il protagonista – tende in alcuni punti al didascalismo, fornendo risposte troppo esatte nel momento troppo giusto. Ammirevole, invece, l’aver resistito alla tentazione di un finale scontato, preferendo il realismo al romanticismo e consegnando al patrimonio cinematografico mondiale un’opera destinata ad appartenere per sempre alla storia.
Rain Man – L’uomo della pioggia fu un enorme successo di pubblico e critica, incassando al botteghino mondiale 350 milioni di dollari a fronte di un investimento di 25 milioni. Nel cast del film anche Gerald R. Molen, Jack Murdock, Michael D. Roberts, Ralph Seymour, Lucinda Jenney, Bonnie Hunt, Beth Grent, Ray Baker e con un cameo di Barry Levinson nei panni di medico fiscale.