Roma FF18 – Zucchero Sugar Fornaciari: recensione del biopic dedicato al cantautore

Tra le Proiezioni Speciali della Festa del Cinema di Roma 2023, il film, diretto da Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, è una celebrazione del personaggio, approfondendo poco il lato umano dell'artista emiliano.

Zucchero Sugar Fornaciari è il nuovo lungometraggio biografico dedicato all’iconico bluesman italiano Adelmo Fornaciari in arte Zucchero che, nel corso degli anni, ha saputo conquistare il nostro paese e l’estero diventando un’icona della musica mondiale. Il film, diretto da Giangiacomo De Stefano (Disco Ruin – 40 anni di club culture italiana, At The Matinee) e Valentina Zanella (Acqua e anice, Si muore solo da vivi) è il tipico progetto commerciale che in realtà ha poco di ispirato e fa del sensazionalismo la sua chiave di volta, proponendo ogni tanto qualche retroscena interessante del suo vissuto.

Zucchero - Cinematographe

L’opera, in particolare, presentata in anteprima alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, tra le Proiezioni Speciali, è in arrivo nelle sale italiane, grazie ad Adler Entertainment, il 23, 24 e 25 ottobre come evento speciale limitato.

Zucchero Sugar Fornaciari: poco Adelmo, tanto Zucchero

Adelmo Fornaciari - Cinematographe

Zucchero Sugar Fornaciari, purtroppo, sa nascondere bene la sua natura commerciale galoppante: all’inizio il documentario trae in inganno gli spettatori, suggerendo che, al di fuori della celebrazione dell’artista, può esserci qualcos’altro, un racconto umano, personale, introspettivo. Purtroppo, niente di tutto questo: nell’opera c’è poco Adelmo Fornaciari, il timido bambino emiliano dal talento impressionante e tanto Zucchero, il mito, la leggenda. Non è un caso, quindi, che si è scelta la vita più facile, per certi versi: coinvolgere i suoi amici artisti, grandi nomi del calibro di Bono Vox, Sting, Randy Jackson, Brian May, Paul Young, per tributare un nome gigantesco della musica mondiale.

Per non incorrere in fraintendimenti, è assolutamente importante mettere in evidenza il grande valore musicale e artistico di Zucchero, capace di condurre il nostro paese verso territori inesplorati introducendo sonorità blues e soul, ottenendo al tempo stesso una riconoscibilità meritata nel resto del mondo; però tutto questo è già noto, specialmente ai più grandi appassionati del cantautore. Allora perché tutta questa impellente esigenza di ribadire ancora una volta tutto questo e non esplorare qualcosa di diverso, andando oltre il personaggio e addentrandosi nelle viscere dell’uomo dietro il cappello? La risposta è semplice e scomoda: elogiare la celebrità fa notizia, esalta e fa vendere dischi, raccontare Adelmo no, perlomeno non completamente.

Ed è per questo che, comunque, tra un’intervista ad un talent leggendario e la ripresa di un live del cantante, ogni tanto emerge qualche spunto interessante della vita di Fornaciari, qualche sprazzo di verità, di realismo tangibile. Sono proprio i momenti in cui si parla più approfonditamente della depressione dell’artista o quando si ricorda la sua genesi come artista che si va oltre quel velo di commercialità che avvolge il progetto, ma questa deviazione dura purtroppo molto poco. Il film, di conseguenza, non solo sceglie coscientemente di riportare pochi interventi “quotidiani” (familiari, conoscenti o altri elementi della sua sfera più intima), ma sembra omettere del tutto intere porzioni dell’esistenza del personaggio. Anche la stessa separazione della moglie, ad esempio, viene sì raccontata, ma molto di sfuggita.

Tale scelta porta Zucchero Sugar Fornaciari verso binari scontati, banali e superficiali che fanno di tutto per gridare al mondo lo scopo ultimo del progetto: piantare una nuova pietra miliare nella carriera artistica del cantante, un ennesimo traguardo puramente economico che non sembra avere niente da spartire con un’apertura intima nei confronti dei fan. Proprio questi ultimi potrebbero, più degli altri, incontrare una delusione maggiore di fronte alla pellicola, perché magari speranzosi di mettersi in contatto in modo più intimo e privilegiato con il proprio idolo, invece che assistere ad una mera agiografia che sì, ha il suo dannato fascino, ma che alla fine ha poca sostanza. Parlando proprio della fascinazione, non c’è dubbio che il racconto dietro la creazione dei brani più iconici di Zucchero è sicuramente molto coinvolgente, ma il tutto si esaurisce presto.

Zucchero Sugar Fornaciari: la musica come mistificazione emotiva

Zucchero 2 - Cinematographe

Sì, perché per quanto siano belli i concept e l’esegesi dietro i testi, quando poi partono, sul grande schermo, i grandi classici di Zucchero, si toccano, in modo infimo, delle corde emotive, attuando, da un certo punto di vista, una sorta di mistificazione, un’altra illusione. È impossibile, infatti, non commuoversi di fronte all’ascolto di determinati brani, ma questa leva emotiva è generata comunque da un elemento extrafilmico che comunque fa parte della sfera musicale di Zucchero e non della sua intimità come uomo. La discografia del musicista nato a Reggio Emilia, quindi, se da un lato è analizzata da una prospettiva intrigante, dall’altro è sfruttata, ancora una volta, come mezzo di comunicazione.

Per quanto riguarda la regia dell’opera, è stata scelta un’impostazione molto classica, proprio per concentrare, al massimo delle forze, l’attenzione sul personaggio. Oltre ai frammenti di interviste ai vari artisti, tra cui è importante anche citare anche gli italiani Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Salmo e Corrado Rustici, sono portati su schermo alcuni estratti di live del cantante emiliano, oltre che filmati inediti della sua infanzia. Proprio gli ultimi citati sono chiaramente i materiali di studio più interessanti della pellicola perché mostrano Adelmo Fornaciari quando non ancora si era trasformato in Zucchero “Sugar” Fornaciari. La direzione generale è comunque di buona fattura, con una scena introduttiva efficace che parte dal backstage di un concerto dell’artista, per poi portarci sul palco.

A livello narrativo, invece, c’è un andamento altalenante, con alcuni passaggi sicuramente più riusciti di altri, specialmente quelli che si concentrano sul processo creativo del cantautore, ma anche i rari momenti in cui la scrittura ci rivela l’umanità e la sensibilità dell’artista. Per il resto, la direzione cronologica della narrazione, che racconta dall’inizio alla fine la carriera della celebrità, è fin troppo scontata e comunque figlia dell’approccio commerciale del documentario, quando invece, probabilmente, un’analisi per temi avrebbe fatto molto più la differenza.

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In generale, c’è da dire che Zucchero Sugar Fornaciari, in mezzo a tanti allacci pubblicitari e ammiccamenti al solo scopo di vendita, ha il pregio comunque di approfondire la costruzione dei brani dell’artista a 360 gradi, non solo mostrando come parte la scintilla creativa (che abbiamo già citato sopra), ma anche rivelando passaggi meno conosciuti successivi legati più all’ambito produttivo che a quello compositivo. Da questo punto di vista sicuramente il film rappresenta un’interessante testimonianza, ma per quanto riguarda le tematiche più preponderanti c’è veramente poco da analizzare.

Zucchero Sugar Fornaciari: valutazione e conclusione

Zucchero - Cinematographe

Una regia piuttosto ordinaria dedicata principalmente alla celebrazione di un’icona del blues mondiale; una sceneggiatura che dà poco spazio alla dimensione umana di Zucchero, offrendo pochi spunti di analisi; una fotografia piatta che punta al massimo possibile le luci per tenere sempre al centro l’ospite di riferimento, che sia Fornaciari o un’altra star; un buon mixaggio sonoro; il lascito emotivo del documentario, invece, è praticamente nullo, rivelando più di una volta la sua natura puramente commerciale. In conclusione un biopic che sembra nato con l’unico obiettivo di elogiare e onorare un grande nome della musica internazionale, provando solo superficialmente ad indagare cosa c’è dietro questo mito.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.6