Yaratilan – La creatura: recensione della miniserie Netflix
La recensione della miniserie turca diretta Çagan Irmak ispirata al Frankenstein di Mary Shelley, disponibile su Netflix dal 20 ottobre 2023.
Yaratilan – La creatura è la dimostrazione che certe storie non tramontano mai e che sono entrate, così come i personaggi che le popolano, nell’immaginario comune. Quella di Frankenstein è una di queste. Dalle pagine del capolavoro del 1818 di Mary Shelley sono stati realizzati innumerevoli adattamenti in parte fedeli e altri liberamente ispirati destinati al grande e piccolo schermo. Impossibile dato l’elevato numero di opere prodotte alle diverse latitudini stilare un elenco dettagliato. Il motivo sta nelle molteplici variazioni e nei continui rimpasti ai quali la matrice originale è stata sottoposta nel corso dei decenni da tutti coloro che hanno deciso di tradurla in progetti audiovisivi, gran parte dei quali decisamente discutibili Tra quelli che non hanno reso giustizia al romanzo si va ad aggiungere ora anche l’adattamento seriale in lingua turca firmato da Çagan Irmak dal titolo Yaratilan – La creatura, disponibile su Netflix dal 20 ottobre 2023.
In Yaratilan – La creatura l’azione si sposta nella Istanbul degli inizi del Novecento, durante il declino dell’Impero Ottomano
Trattasi di una miniserie in otto episodi da 40 minuti circa cadauno che sposta l’azione nella Istanbul degli inizi del Novecento, durante il declino dell’Impero Ottomano, per ridare vita – tanto per restare in tema – a un dramma in costume dai toni horror che ci porta al seguito di un giovane studente di medicina di nome Ziya (Taner Ölmez) spinto dall’ambizione di diventare un dottore eccezionale per riuscire di fare la differenza per i suoi pazienti. Il destino lo farà incontrare con Ihsan (Erkan Kolçak Köstendil), collega geniale ma da molti considerato al limite della pazzia, che rappresenta l’unico capace di assecondare i sogni di Ziya. Insieme porteranno la scienza medica verso limiti mai sperimentati, decifrando un’antica iscrizione che sarebbe dovuta rimanere nascosta con conseguenze disastrose.
Il processo di riscrittura non è si è dimostrato all’altezza del compito arduo che gli era stato affidato
Letta la sinossi di questa ennesima, per quanto ci riguarda evitabilissima rivisitazione, viene da sé intuire già dai primi minuti che ci scaraventano nel pieno di una tremenda epidemia di colera quale siano stati i cambiamenti apportati alla fonte, cambiamenti che danno una veste e connotati spazio-temporali diversi al plot, ma che a conti fatti non spostano gli equilibri. Cambiano dunque dinamiche, ambientazione, contesto e caratteristiche dei personaggi principali e secondari, ma non la sostanza che nel caso di Yaratilan è ben poca. Il processo di riscrittura messo in atto per gettare le basi di una rilettura della quale sinceramente non si sentiva per niente l’esigenza non è si è dimostrato all’altezza del compito arduo che gli era stato affidato, così come era accaduto ad esempio al film Victor – La storia segreta del dott. Frankenstein di Paul McGuigan, sul quale preferiamo stendere un velo pietoso nonostante l’interessante tentativo di spostare la prospettiva del racconto.
A poco purtroppo è servita la grande esperienza accumulata negli anni nel campo cinematografico e televisivo dal regista turco, autore in passato di prove meritorie come il pluridecorato Mio padre e mio figlio. Ne risentono in primis la qualità e l’efficacia degli script degli episodi, con l’autore che tenta di ampliare il più possibile la linea orizzontale dello show scavando nella vita dei due protagonista, a cominciare da quello di Ziya con flashback che ci riportano in più di un’occasione alle vicende personali del suo turbolento passato sin dall’infanzia. Sinceramente il materiale narrativo e le one-lines create ad hoc da una parte sono utili alla causa, ma dall’altra appaiono come dei riempitivi per accumulare minuti attraverso i quale dare forma a un prodotto seriale, quando a nostro avviso sarebbero andati benissimo per un contenitore cronometricamente più circoscritto come quello di un film.
Il risultato depotenzializza e impoverisce quella che è la forza intrinseca e la portata narrativa e drammaturgica della scrittura della Shelley
Il risultato non riesce a supportare e soprattutto a sopportare la responsabilità tantomeno il peso dell’operazione, depotenzializzando e impoverendo quella che è la forza intrinseca e la portata narrativa e drammaturgica della scrittura della Shelley. Ovviamente il baricentro tematico resta lo stesso, quello ereditato dal lavoro della celebre autrice, che ha portato Irmak e chi lo ha preceduto a riflettere sul cosa c’è dopo la morte con una storia che in tal senso ha detto moltissimo e dato tantissimo in termini di spunti e argomentazioni. Ma non è detto che se hai una macchina con un motore potentissimo sei automaticamente in grado di guidarla. E infatti il regista turco finisce con lo sbandare sino a perderne il controllo, andando a infrangere i desiderata e le aspettative sue e del pubblico contro il muro dell’insufficienza, quella che ci sentiamo di attribuire al risultato finale.
Yaratilan – La creatura: valutazione e conclusione
Çagan Irmak scrive e dirige l’ennesimo e inutile adattamento del romanzo Frankenstein del 1818 di Mary Shelley, spalmando sulla lunga distanza e ambientando le vicende nell’era finale dell’Impero Ottomano una rivisitazione del plot e dei personaggi originali che non aggiunge assolutamente nulla alla causa e non offre nemmeno una valida alternativa. Il materiale prodotto finisce in una miniserie quando sarebbe stato sufficiente circoscriverlo in un film, ma il risultato probabilmente sarebbe rimasto invariato. La scrittura si rivela incapace di maneggiare un materia prima così pregiata e finisce con il depotenzializzarla e non renderle giustizia. Tecnicamente il regista turco e il suo cast fanno il possibile per tenere a galla un’operazione che per quanto ci riguarda non ha dimostrato di avere nulla di significativo, originale o quantomeno diverso da offrire alla matrice e al pubblico.