Roma FF18 – The Cage – Nella Gabbia: recensione del film di Massimiliano Zanin
L'esordio al lungometraggio di finzione dell'autore di Istintobrass e Inferno Rosso. Joe D’amato sulla via dell'eccesso è una maldestra brodaglia di riferimenti e citazioni, sprovviste tanto di contesto, quanto di funzionalità. Un disastro totale, senza alcuna possibilità di salvezza, la cui sconfitta più importante è sprecare l'ottima interpretazione della protagonista Aurora Giovinazzo, nell'ingenua e inspiegabile rincorsa di modelli lontanissimi, dunque inspiegabili e ulteriormente distruttivi. Alice nella Città
Presentato nel corso della Alice nella città 2023, rassegna cinematografica collaterale alla 18a edizione della Festa del Cinema di Roma, The Cage – Nella Gabbia, l’esordio al lungometraggio di finzione di Massimiliano Zanin, al cinema dal 22 febbraio 2024 distribuito da Rodeo Drive, non poteva possedere titolo migliore – o peggiore – a seconda della sua ricezione critica, dando modo a ciascuna delle due parti di sfruttarlo per poterne immediatamente ironizzare, o all’opposto, costruirne su riflessioni di indubbio interesse. Basti pensare alla questione della solidità, tanto narrativa, quanto propriamente strutturale, sempre in riferimento alla gabbia e così via.
Non rientrando nel secondo caso di specie, occorre fin da subito affermare quanto sorprendente sia stato Zanin, nella sua mancanza di esitazione, costringendo la malcapitata Giovinazzo e con lei lo spettatore, a restare rinchiusi in una dolorosa gabbia di colpi e offese, per una interminabile ora e cinquanta, ponendosi incessantemente la medesima domanda: c’è mai fine al peggio?
È senz’altro un peccato dover attendere la sua conclusione per conoscere a fondo la risposta.
Zero Dollar Baby
Pur non trattandosi di boxe, ma di MMA, i riferimenti cinematografici di The Cage – Nella Gabbia sono evidentissimi, a partire dalla costruzione drammaturgica della logorata perdente Giulia (Aurora Giovinazzo al suo meglio), che dopo aver perso un grande incontro, in circostanze realmente violente e traumatiche, ha scelto una vita tranquilla, in compagnia del problematico compagno Alessandro (Brando Pacitto), pur guardando ancora con colpevole desiderio e irrinunciabile passione a quella realtà romana della MMA che un tempo l’ha applaudita e che ora finge di non vederla.
Nessuno sembra più accorgersi delle sue potenzialità, a parte Serena (Valeria Solarino), un’insegnante cui la vita ha tolto ogni cosa, dalla scelta di un amore libero – dunque la possibilità di farsi una famiglia propria – alla felicità e che ritrova nello sguardo di Giulia, il medesimo desiderio e istinto di rivalsa cui ha scelto in passato di rinunciare e che attraverso la giovane, può tornare ad abbracciare.
La struttura narrativa è ancora una volta incasellata nel genere americano per eccellenza definito oltreoceano “from rags to stars“, cui appartengono notevoli film sul mondo della boxe quali Cinderella Man, Bleed, The Fighter, Creed e quello che più Massimiliano Zanin decide di saccheggiare, cioè Million Dollar Baby di Clint Eastwood, senza porsi alcun limite di sorta, scadendo dunque nella replica involontariamente comica dello stesso, poiché privo della solidità narrativa e dell’interessamento basilare, tanto al dramma emotivo elaborato dalla protagonista combattente Giulia, quanto al contesto sociale desolante e tragico che la circonda, che se presente avrebbe potuto senz’altro garantire a The Cage – Nella Gabbia una sufficiente credibilità, dunque una riuscita. Così non è stato.
Aurora Giovinazzo, pur mettendocela tutta, lavorando sorprendentemente sia sulla fisicità, che sull’emotività della sua Giulia, finisce divorata da un macchinario narrativo stanco, privo di originalità e azionato da un regista evidentemente disinteressato alla costruzione di un’epica e di una mitologia che giustamente si sarebbe dovuta radicare nell’immaginario romano e personale del personaggio e che invece manca del tutto. La percezione dello spettatore è quella di assistere alla genesi di un’idea e non alla sua messa in pratica.
Ecco perché all’avviarsi dell’allenamento che dovrebbe permettere a Giulia di riprendere in mano i guantoni, non possiamo far altro che pensare, Million Dollar Baby? No, pur volendo essere magnanimi, Zero Dollar Baby.
The Cage – Nella Gabbia: valutazione e conclusione
La questione non è tanto se The Cage funzioni oppure no – perché è evidente fin da subito che qualcosa non sia andato per il verso giusto -, piuttosto perché Zanin abbia scelto di dirigere un remake – non ufficiale – di un film solido ed estremamente calato in un discorso di cinema sociale e politico come Million Dollar Baby di Clint Eastwood, che pur partendo dalle classiche logiche narrative del filone from rags to stars, elabora una drammatica riflessione sul peso dei traumi familiari, della crisi economica vissuta e probabilmente mai del tutto superata da un intero paese, precedentemente illuso dall’ideale inseguimento di un sogno accessibile e universalmente garantito, scoprendone poi le inevitabili falsità ed ipocrisie.
La Giovinazzo è al suo meglio, questo è vero, ma non possiede la grinta ideale per dar vita ad un simile personaggio. Traspare continuamente dal suo viso e così dal suo corpo una fanciullezza non ancora superata, messa in luce con grande sapienza dal Mainetti di Freaks Out e che Zanin, quasi immediatamente dimostra di non saper cogliere, gettandola in pasto ad un universo adulto che non può far altro che rigettarla.
Un vero peccato, ma il cinema italiano americanizzato non è stato mai davvero capace di godere d’ampio respiro. Sorprende che Zanin ne sia venuto a conoscenza soltanto adesso.