Tore: recensione della serie TV svedese Netflix

La recensione della serie dramedy scritta e interpretata da William Spetz per la regia di Erika Calmeyer, rilasciata da Netflix il 27 ottobre 2023.

La fuga è sicuramente la scorciatoia più semplice per non affrontare il dolore, la sofferenza, le paura e le responsabilità, ma non è detto che sia la soluzione migliore perché prima o poi tornano a bussare alla porta per saldare il conto. Ne sa qualcosa il protagonista di Tore, la serie svedese creata e interpretata da William Spetz con la regia di Erika Calmeyer, rilasciata da Netflix lo scorso 27 ottobre 2023.

In Tore la cronaca di  una fuga da tutto ciò che fa male durante un percorso di scoperta di sé

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Nei sei episodi da una trentina di minuti circa cadauno si assiste alla fuga da tutto ciò che fa male durante un percorso di scoperta di sé da parte di un ventisettenne di nome Tore. Immaturo e alla deriva il ragazzo inizia a sperimentare il mondo misterioso del sesso, dell’alcol, delle droghe e dell’introspezione dopo la morte di suo padre, la persona a cui è più legato. Di giorno continua a lavorare nell’impresa di pompe funebri di famiglia come se niente fosse e inizia a flirtare con il nuovo fioraio, mentre di notte frequenta una barca adibita a nightclub dove si abbandona agli eccessi. Un percorso di autodistruzione che si consuma sotto gli occhi dei colleghi e dell’amica del cuore Linn, che provano con tutte le loro forze a salvarlo. Ma se Tore troverà la forza e le motivazioni per confrontarsi con la dura realtà e con se stesso, anche grazie all’aiuto dei suoi affetti, lo lasciamo alla visione.

Tore si tinge dei colori della dramedy e con essi disegna sullo schermo le linee narrative e drammaturgiche di un racconto emozionale

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Tore si tinge dei colori della dramedy e con essi disegna sullo schermo le linee narrative e drammaturgiche di un racconto emozionale e intenso che non ha paura di sporcarsi le mani con scene dure e dialoghi politicamente non allineati. Lo fa seguendo le disavventure di personaggi che non si possono non amare, a cominciare dal protagonista e dalla sua amica Linn, ma soprattutto con una scrittura sincera e per nulla retorica che attinge a più riprese dalla tavolozza dei sentimenti e delle emozioni cangianti. Il tutto senza però scendere mai a patti con la spettacolarizzazione ricattatoria e a buon mercato che lo spettatore deve sorbirsi ogniqualvolta si affrontano certi argomenti o si provano a suonare determinate corde. Ci si commuove, ma si sorride anche, lasciando ampio spazio a spunti di riflessione e a tematiche universali come l’elaborazione del lutto e la ricerca dell’identità. Il parlare della perdita, dei rapporti e delle dipendenze, fa passare in secondo piano la componente LGBT legata all’omosessualità del personaggio principale non perché meno importante, bensì perché le dinamiche che si vengono a creare tra le figure coinvolte vanno oltre la sessualità e l’identità di genere per allargare gli orizzonti all’universalità di un racconto che narra di amore nelle sue diverse espressioni e di legami a 360°.

La regia e le interpretazioni sono i punti di forza di Tore

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Al resto ci pensano i bravissimi interpreti, in primis il già citato William Spetz che, oltre alla scrittura della serie, si cuce magnificamente addosso il personaggio per nulla semplice di Tore, mettendo in mostra la sua capacità di lavorare sulle emozioni e sui cambi repentini di registro. Le medesime qualità che il pubblico potrà ritrovare anche nei comprimari, tra cui Sanna Sundqvist che nei panni di Linn offre una performance davvero potente. E se il risultato è di valore lo si deve anche alla regia della Calmeyer che guida benissimo l’intero cast e dirige con mano ferma la sua troupe, mettendo a disposizione dello show delle soluzioni tecniche davvero di ottima fattura come nel caso dei trip allucinogeni.

Tore: valutazione e conclusione

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Elaborazione del lutto, legami e ricerca dell’identità sono le tematiche universali che alimentano a getto continuo una serie dramedy che offre allo spettatore di turno una tavolozza di colori ed emozioni cangianti senza scendere mai a patti con la spettacolarizzazione del dolore e la retorica a buon mercato. Con Tore ci si commuove e ci si diverte in un’alternanza di registri che viene da una scrittura sincera e mai scontata, che funge da base solida tanto per la poliedrica regia di di Erika Calmeyer quanto per le intense e toccanti interpretazioni degli attori, a cominciare da William Spetz, che oltre a vestire efficacemente i panni del protagonista firma anche la sceneggiatura.     

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.8

Tags: Netflix