Rebecca – La prima moglie: recensione del film di Alfred Hitchcock
Rebecca – La prima moglie è un film del 1940 diretto da Alfred Hitchcock. Il titolo originale del film è semplicemente Rebecca ed è tratto dall’omonimo romanzo di Daphne du Maurier. È il primo film hollywoodiano del regista inglese: un debutto coi fiocchi. Rebecca porta a casa due Oscar, come Miglior Film e come Miglior Fotografia (quella di George Barnes).
Il film si apre a Monte Carlo e vede come protagonista una giovane dama di compagnia (Joan Fontaine). La ragazza, orfana e di umili origini, conosce, si innamora e sposa il ricco e burbero Massimo de Winter (Laurence Olivier). L’uomo è vedovo: la prima moglie, Rebecca, era rimasta vittima di un naufragio un anno prima. La coppia si trasferisce nella dimora dei de Winter, il castello di Manderley. Lì vengono accolti dalla calorosa servitù ancora legata alle abitudini della defunta padrona di casa. È in particolare la governante, la signora Danvers (Judith Anderson), a non accettare l’arrivo di una nuova signora de Winter.
Rebecca – La prima moglie: una protagonista invisibile
La pellicola di Hitchcock sembra avere un’unica grande protagonista. Una presenza continua rappresentata in modi diversi: Rebecca. La defunta signora de Winters è onnipresente. La sua iniziale, una R ricamata con attenzione, è ben visibile su ogni oggetto della casa: le lenzuola, gli asciugamani, la carta da lettere. La narrazione del film viene portata avanti dalla giovane ed ingenua ragazza interpretata da Joan Fontaine. Un personaggio senza nome, adombrato dalla perfetta Rebecca. Lei era bella, intelligente, talentuosa, di classe. Una donna fuori dal comune, una diva. La povera nuova moglie non potrà mai competere con lei.
Rebecca è una protagonista invisibile. Un presenza che lo spettatore percepisce per tutto il film. Non conosciamo il suo volto, non conosciamo la sua voce o il suo modo di fare, eppure, è impossibile dimenticarsi di lei, anche solo per un minuto. Per tutto il tempo si ha l’impressione che Rebecca sia lì a vedere quello che accade insieme a noi. Ad osservare, muta, la scena.
Rebecca – La prima moglie: un film di Alfred Hitchcock
Rebecca – La prima moglie ha un ritmo lento e costante. I colpi di scena sono accompagnati con eleganza nella narrazione, rivelati un poco alla volta. Non è uno dei film più eccitanti del regista, ma la mano di Hitchcock c’è e si vede. Una trama quasi da romanzo rosa viene trasformata dalla tipica atmosfera del Signore del thriller. È proprio questo incedere denso a garantire l’inquietudine necessaria nel film. La figura poco rassicurante della governante, la signora Danvers non sortirebbe lo stesso effetto con un ritmo diverso e l’alone pesante della presenza costante di Rebecca risulterebbe ridicolo.
L’ingenuità della protagonista – una Joan Fontaine perfettamente in ruolo, con quell’aria innocente e candida – contribuisce a tenerci all’oscuro di tutto. Benché lo spettatore possa intuire quello che accadrà, rimane in attesa che sia lei ad avere la rivelazione. Accanto alla giovane signora de Winter, c’è l’autoritario e bipolare Laurence Olivier. La sua interpretazione ci mantiene all’erta, come se quel sorriso affettuoso nei confronti della mogliettina, possa trasformarsi da un momento all’altro in un commento acido e aggressivo. L’amore tra i due ci risulta quasi incomprensibile, tanta è la loro incompatibilità. Eppure funziona.
La giovane è povera e di umili origini. Viene notata e ammaliata da un ricco gentil’uomo d’alto rango. Il loro amore sembra una favola. La poveretta pare altrettanto confusa dagli eventi: il suo improvviso cambio di vita la costringe ad adattarsi a molte cose. Un piccolo prezzo da pagare per una vita di agi. Il film è una favola a tutti gli effetti. Una favola noir in cui non mancano gli ostacoli e gli antagonisti che rendano la strada verso il lieto fine un po’ più tortuosa.