Blood Vessel: recensione del film nigeriano Netflix

La recensione del thriller dalle venature action diretto dal regista nigeriano Moses Inwang, disponibile su Netflix dall’8 dicembre 2023.

Tra i meriti che andrebbero riconosciuti alle piattaforme come Netflix c’è anche quello di dare visibilità ed esportare alle diverse latitudini opere appartenenti a cinematografie che altrimenti difficilmente arriverebbero  sugli schermi nostrani ed europei al di fuori dei contesti festivalieri. Una di queste è quella nigeriana, ad oggi tra le più forti in termini di espansione, eppure sconosciuta ai tanti. Questo nonostante Nollywood, così è stata battezza l’industria di quell’aerea geografica,  rappresenti la terza industria al mondo dopo Hollywood e Bollywood per numero di film prodotti, vale a dire più di duemila per un fatturato stimato di 1,2 miliardi di dollari all’anno. Tra quelli della stagione in corso figura Blood Vessel di Moses Inwang, regista di comprovata esperienza ma dai risultati altalenanti autore di diversi lungometraggi e serie di successo in patria, la cui ultima fatica dietro la macchina da presa è stata rilasciata sulla piattaforma a stelle e strisce l’8 dicembre 2023.

Blood Vessel è stato confezionato con il chiaro intento di strizzare l’occhio al mercato internazionale

Blood Vessel cinematographe.it

Scritto da Musa Jeffery David e confezionato da Inwang con il chiaro intento di strizzare l’occhio al mercato internazionale, a conferma di un’ambizione via via sempre più crescente da parte dei produttori e dei cineasti locali incoraggiati dai colossi dello streaming, il film ha un’impronta fortemente occidentale che ha nei blockbuster a stelle e strisce i propri modelli di riferimento. L’ambizione però nel caso di Blood Vessel si rivela essere un’arma a doppio taglio, con gli autori che nel tentativo di replicare il più fedelmente possibile i modus operandi dei prototipi nordamericani appartenenti ai generi chiamati in causa, ossia il thriller e l’action, finiscono con l’inciampare nel vorrei ma non posso spingendosi troppo in là rispetto alle reali potenzialità del momento. Passi da gigante in tal senso sono stati fatti per accorciare le distanza e i numerosi prodotti cinematografici e seriali approdati su Netflix in questi anni lo certificano, ma i limiti tecnici e narrativi emersi dalla visione di questa pellicola sono piuttosto evidenti.

Blood Vessel si presenta come un thriller che fa della costruzione e dell’utilizzo della tensione il proprio motore portante

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Blood Vessel si presenta come un thriller che fa della costruzione e dell’utilizzo della tensione il proprio motore portante. Tensione che sale e scende in maniera febbrile, offrendo al pubblico momenti di grande coinvolgimento emotivo e altrettanti vistosamente carenti nei quali anche la credibilità della messa in scena viene meno (vedi la resa dei conti nella cella frigorifera). Alle numerosi scene d’azione disseminate sulla timeline a intervalli regolari invece il compito di dare dello scosse telluriche alla fruizione, quanto basta per dare dinamicità a una vicenda che ha come unica cornice una nave cargo in navigazione. Ecco che tornano in mente i modelli di cui sopra, con assonanze che la riportano a film come Trappola in alto mare o Captain Phillips – Attacco in mare aperto.

La scrittura ha cercato con scarsi risultati di affiancare all’intrattenimento delle sfumature di cinema di natura sociale

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La misteriosa nave diventa di fatto il campo di battaglia dove si fronteggiano le due fazioni contrapposte in uno scontro che provocherà non pochi vittime e una lunga scia di sangue. Riunite per caso, sei persone in fuga da una città devastata dall’inquinamento petrolifero si imbarcano clandestinamente proprio su un cargo diretto in Sud America, senza rendersi conto dei pericoli che li attendono. Il pericolo è rappresentato da un gruppo di contrabbandieri capitanato da uno spietato e crudele boss russo che ha preso il comando dell’imbarcazione tenendo in ostaggio il personale di bordo. Ne scaturisce una battaglia senza esclusione di colpi tanto feroce quanto sanguinaria, il cui epilogo lo lasciamo ovviamente alla visione. Sotto, c’è poi la dinamica sociale, ferma nel raccontare il subbuglio di una popolazione costantemente compressa tra le politiche dittatoriali, la democrazia e i gruppi armati. Uno sfondo in qualche modo contemporaneo, che serve però come semplice pretesto per giustificare un viaggio disperato che, ben presto, muta verso una sorta di lotta per la sopravvivenza. Un tentativo, questo, con e attraverso il quale la fragile e pigra scrittura ha cercato un modo per affiancare all’intrattenimento delle sfumature di cinema di natura sociale, ma con scarsi risultati.

Blood Vessel: valutazione e conclusione      

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Dalla Nigeria un thriller dalle venature action che alterna momenti di forte tensione ad altrettanti dove viene pesantemente meno, così come la credibilità della messa in scena. Regia e attori cercano di sopperire alle carenze strutturali e alle fragilità di una sceneggiatura che cerca disperatamente un compromesso tra un cinema spiccatamente commerciale d’intrattenimento che guarda ai modelli nordamericani di genere e un cinema sociale che chiama in causa temi di stretta attualità come l’immigrazione clandestina, le politiche dittatoriali, la democrazia e i gruppi armati. Ma a conti fatti Blood Vessel usa queste argomentazioni dal peso specifico rilevante e dalle forti implicazioni come semplice pretesto, arrivando persino a strumentalizzarle.

Regia - 3
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.2

Tags: Netflix