Vado a scuola: il grande giorno – recensione del documentario di Pascal Plisson
L’autenticità si nasconde dietro vesti povere e uno sguardo pieno di sogni, quello di Nidhi, Albert, Delgermurun e Tom, i protagonisti di Vado a scuola: il grande giorno. Quattro bambini che vivono in India, a Cuba, in Mongolia e in Uganda, che lottano, col sorriso stampato in volto, per le loro passioni.
Pascal Plisson rimane colpito dalla determinazione e perseveranza che un individuo può dimostrare, per conquistare ciò che gli spetta. Innanzitutto gli spetta una possibilità, di dimostrare quanto vale; gli spetta un’istruzione adeguata e la libertà di avverare i propri sogni.
Vado a scuola: il grande giorno è un documentario rielaborato con un linguaggio poetico. Il regista dichiara che:
“Ci ha permesso di cogliere momenti di verità, delle istantanee, che non erano né scritte né previste in principio. Questo ci è costato un lungo montaggio durato 22 settimane”.
Plisson è entrato a poco a poco nella quotidianità di queste famiglie, per poter riportare delle storie eccezionali e dei momenti di autentica bellezza. Attimi che fanno commuovere, mentre si risveglia in noi la passione per la vita e la fame di viverla.
Vado a scuola: il grande giorno – Pascal Plisson autore di un documentario intenso e poetico
Nidhi è una ragazza indiana, appartenente a una famiglia povera, che non può permettersi di pagare una scuola prestigiosa. Lei è intenzionata a diventare un ingegnere, studia quando gli altri sono davanti la tv e infine trova una strada. Si iscrive al concorso gratuito del “Super 30”, lo passa e ha la possibilità di essere preparata per il Politecnico.
Albert vive sotto il sole di Cuba, è molto silenzioso e sensibile e la boxe è la sua vocazione. Ha dovuto impegnarsi a scuola per recuperare delle insufficienze per continuare gli allenamenti. Quando ritorna lo fa con grinta e l’allenatore lo porta alle selezioni per l’Accademia di sport e studio dell’Avana. Grazie al sostegno dell’amico Roberto e all’impegno, Albert vince sul ring ed entra nella scuola.
Delgermurun è una bambina mongola, minuta e dai tratti dolci, molto educata e rispettosa. Anche lei si è impegnata in allenamenti intensi, dovendo continuare ad andare a scuola e fare i compiti. La sua carriera appartiene al mondo del circo, dove poter diventare una stella del contorsionismo. A 6 anni rimane affascinata da un’esibizione vista in televisione e convince i genitore a iniziare. Sa bene ciò che vuole, lavora duramente e fa dei progressi incredibili di anno in anno. Quando viene notata dalla sua allenatrice Aruna, le sue energie sono tutte indirizzate per entrare nella prestigiosa scuola di circo di Singapore.
Tom vuole fare il ranger nella sua Uganda, ama il suo paese e gli animali. Per questo segue per due anni la scuola e dà il meglio di sé per passare la prova finale. Nel parco nazionale Queen Elizabeth è un tirocinante alla scuola Wildlife Authority, a contatto con la natura, non perde occasione per studiare. Raggiungere il suo obiettivo è per lui motivo di orgoglio, finalmente potrà essere indipendente, senza in sostegno economico della famiglia.
Ognuno di questi ragazzi affronta un cammino di maturità: con impegno, devozione e responsabilità dimostrano di essere in grado, più degli adulti, di migliorare la società. Non è il loro talento a predominare, ma il rispetto constante che nutrono verso i loro genitori e insegnanti e la capacità di sacrificare lo svago per raggiungere i loro obiettivi. Con umiltà procedono passo dopo passo e se cadono si rimettono in piedi.
Lo stesso regista ci dice:
“Sono autentici, fieri, profondamente veri. Ho un grandissimo rispetto per loro. Non hanno quasi niente e danno tutto in cambio, senza mai lamentarsi, anche quando la vita è dura. Dovrebbero essere di esempio per tutti”.
Le loro paure, coraggio e fede, vengono restituite allo spettatore attraverso la struttura documentaristica, seguiamo i ragazzi dal risveglio, ai pasti in famiglia fino agli allenamenti e ai momenti di riflessione.
Le storie sono raccontate parallelamente, con stacchi dall’una all’altra attraverso dei punti di raccordo, come il mare, oppure seguendo il climax ascendente della storia. Sembra una storia unica che si svolge attraverso volti differenti, una sola anima dentro quattro corpi.
Il linguaggio filmico serve a garantire un’immagine sempre pulita e nitida, un audio chiaro e a far sì che le scene non stabilite siano inserite in modo organico.
La musica delicata e leggera sembra una carezza sui protagonisti, li tiene al sicuro e li fa emergere.
Alla fine ci sono le parole dei genitori che unanimi ripetono quanto siano orgogliosi dei loro figli e riconoscenti a un dio o alla vita per la possibilità che hanno avuto. Il padre di Tom vede coronare nel figlio il suo sogno, quello di Nidhi trova un senso ai suoi sacrifici. Tutti restituiscono amore e fiducia dopo mesi e anni di lotta e speranza, con una forza che nessuno penserebbe essere in un bambino.
Questo film è un insegnamento per tutti e dovrebbe stimolare proprio chi, viziato e pigro, non riconosce le opportunità che gli vengono concesse. Per chi dà per scontato tutto, come la scuola, e per chi in questa istituzione non rivolge la dovuta premura e valenza.