Suburræterna, Federigo Ceci si racconta tra teatro, cinema e serialità e ricorda quel momento con Gigi Proietti
La nostra intervista all'attore italiano che, all'interno dello show Netflix, interpreta il cardinale Armando Tronto.
Suburræterna è la recente serie televisiva Netflix che ha portato avanti la storia presentata in Suburra – La serie (2017-2020), ripartendo nello specifico dal tragico finale che ha cambiato le sorti della trama. Questo nuovo show, prodotto in particolare da Cattleya e Netflix con la regia affidata a Ciro D’Emilio (Un giorno all’improvviso, Per niente al mondo) ed Alessandro Tonda (The Shift, Aquadro) e la sceneggiatura di Fabrizio Bettelli, Ezio Abbate, Andrea Nobile, Camilla Buizza, Marco Sani, Giulia Forgione. Tra i nuovi personaggi dell’opera c’è l’enigmatico e carismatico cardinale Armando Tronto, interpretato da Federigo Ceci (Circeo, Miracolo a Sant’Anna) che, recentemente, abbiamo avuto la possibilità di intervistare. In una lunga chiacchierata siamo partiti da Suburræterna (disponibile su Netflix dal 14 novembre 2023) per poi parlare della sua lunga carriera, che lo ha visto recitare nel mondo seriale, televisivo, cinematografico e anche teatrale.
Suburræterna: l’ambiguità e umanità di Armando Tronto
La prima domanda rivolta a Federigo Ceci riguarda il lavoro preparatorio dietro il personaggio interpretato in Suburræterna: “Parto dicendo una cosa: ho lavorato, agli inizi degli anni 2000, in vista del Giubileo, su alcuni progetti teatrali che avevano a che fare con la religione, quindi un po’ di preparazione deriva da là. Ritengo che un percorso di un attore può essere visto come una serie di ruoli concatenati che portano sempre a qualcosa di nuovo, come mattoni che si vanno ad impilare, aggiungendo qualcosa alla tua esperienza artistica e umana. Ti ritrovi, quindi, con un bagaglio che puoi rimettere in gioco facilmente. In questo caso specifico, sono andato a rileggermi le Lettere di Sant’Agostino e ho cercato fin da subito, considerando che sono entrato in corsa nel progetto, di mettermi al servizio della storia, muovendomi nella direzione voluta dagli autori. Fin dai provini, comunque, ho notato che c’era una certa sintonia.”
Di seguito c’è stata l’occasione per parlare dell’ambiguità di Tronto così come della sua evoluzione anche in vista della possibile Stagione 2 della serie: “Partiamo dal presupposto che Armando Tronto non è un vero proprio villain: ha comunque una certa ambiguità che, a livello di scrittura e di interpretazione, ti dà la possibilità di gestire più facilmente il personaggio. Una figura scritta molto bene che ha degli spunti molto interessanti che però in alcuni casi si perdono in una narrazione serrata come quella di Suburraeterna. Evidentemente lui ha un progetto all’interno del Vaticano del quale non sono stato ancora messo al corrente. Vuole una Chiesa più vicina alle persone, alla povertà. Lo scontro con persone di spicco della politica lo porta poi a delle scelte che lo costringono a giocare ad armi pari. Molto onestamente io di nuovo non ho nulla di scritto, non mi hanno ancora mandato niente. Spero vivamente che si faccia la Stagione 2. Ad un certo punto della produzione ho compreso che dovevo lasciare spazio ad una certa equivocità, lasciare delle porte aperte e ora sta a Cattleya, a Netflix, prendere le redini della situazione. Sul finale ho spinto sull’acceleratore specialmente perché ho avuto una risposta emotiva ad una frase che Nascari indirizza a Tronto.”
Proprio il cardinale che abbiamo visto nell’opera Netflix ha dato molto all’attore, dandogli la possibilità di tirar fuori delle cose dal suo vissuto. L’interprete ha poi spiegato come ha lavorato per far sì che tale figura si allineasse perfettamente alla realtà di tutti i giorni: “Io ho cercato di dargli il volto più umano e onesto possibile, è un’impronta che cerco di dare a tutti i ruoli che interpreto. Per quanto riguarda la sceneggiatura, da Shakespeare, ma anche tornando indietro all’Iliade omerica, gli scrittori hanno sempre preso d’ispirazione dalla realtà. Per noi italiani è un classico incarnare personaggi come vescovi, cardinali, papi, da Don Matteo in poi. C’è quindi un grosso bagaglio di visto, di vissuto. Io sono andato a rivedermi The Young Pope e The New Pope di Paolo Sorrentino. Poi ho provato a trovare una strada propria al personaggio. Ho cercato di appoggiare al personaggio alcune mie caratteristiche, visto che leggendo la sceneggiatura ha toccato dei punti personali come la ricerca spirituale. Per quanto riguarda la realtà: purtroppo l’Italia vive questa condizione di stratificazione della società, dai clientes dell’Antica Roma. La Chiesa è stata una potenza politica per molto tempo e ci sono delle parti della Chiesa che continuano a seguire questa direzione. Rispetto ad un personaggio come Tronto mi sono concentrato maggiormente sulla parte spirituale, d’altronde è la sua scelta iniziale di aiutare sua sorella tossica e i deseredati a fare la differenza ed è quella dalla quale sono partito.”
Ceci ha anche raccontato il suo lavoro sul set di Suburræterna, anche tenendo conto del fatto che il suo personaggio è una new entry rispetto ad altre vecchie conoscenze che vediamo nell’opera.
“Mi sono trovato bene, innanzitutto. Alta professionalità, che si può notare a partire dalla produzione esecutiva di De Laurentiis con una concretezza e un ritmo lavorativo ad alti livelli e quindi non è difficile entrare in questo meccanismo. Con gli altri attori è stato relativo: con Giacomo Ferrara e Filippo Nigro ho avuto solo una scena, con i “senatori”, i veterani della serie. C’era molta curiosità da parte mia di lavorare con i protagonisti dello show e anche da parte loro. Con Alberto Cracco (interprete di Fiorenzo Nascari), invece, abbiamo lavorato benissimo insieme, è un attore di grande esperienza e qualità. Non ho avuto grosse difficoltà, essendo nuovo ho cercato di non far rimpiangere i vecchi personaggi.”
Per chiudere la parentesi Netflix, abbiamo chiesto all’artista cosa pensasse della rivoluzione del mondo dello streaming che ha cambiato totalmente la fruizione cinematografica e seriale: “Ho iniziato a recitare a 16 anni, nel mondo del teatro e non c’era tutta questa serialità. Da un punto di vista dell’attore per quella che è la condizione lavorativa attuale in Italia, in qualche modo le piattaforme streaming portano molto lavoro e quindi tecnicamente è un fattore positivo anche perché mantieni una certa continuità. Da un punto di vista più teorico, partendo dal contesto teatrale, potrei sottolineare in modo pignolo tanti difetti e differenze, ma comunque non avrebbe senso perché il mondo artistico è cambiato in alcune cose, ad esempio hai modo di lavorare con maggiore libertà con più ciak a disposizione. In alcuni casi è innegabile che si va a perdere un po’ la qualità, un po’ di poesia, come scegliere tra una macchina fotografica digitale e analogica. C’è anche il rovescio della medaglia: siamo di fronte ad una società totalmente cambiata, con diverse problematiche pesanti che emergono, c’è malessere. E quindi, se entri in un progetto del genere, è importante, per quanto mi riguarda, portare la propria qualità e professionalità, sempre con umiltà e disponibilità e poi sta agli altri giudicare.”
La profondità del teatro e l’incontro intimo con Gigi Proietti
Federigo Ceci nasce come attore teatrale, solcando i più svariati palcoscenici italiani e facendo presenza fissa al Globe Theatre, che è stato sotto la direzione artistica di Gigi Proietti dal 2003 fino alla sua morte, avvenuta nel 2020. Abbiamo chiesto all’interprete quali insegnamenti preziosi del mondo teatrale ha potuto poi investire nel campo cinematografico, televisivo e seriale.
“La recitazione teatrale è più stentorea e la voce la devi portare fino all’ultima fila ma quello che ti lascia il teatro come bagaglio è un forte lavoro su te stesso. Per andare in scena tutte le sere devi costruire una solidità emotiva, interiore e tecnica che ti permette di affrontare cambi di luogo, mantenendo allo stesso tempo un certo equilibrio. Asciugando tutto il di più che c’è a teatro riesci ad essere più incisivo anche sullo schermo, ha più solidità e puoi dire anche una battuta sussurrata però la dici con un peso, con un’ intenzione. Il teatro, infatti, ti insegna ad essere protagonista ogni volta che dici una battuta perché ti devono ascoltare e devi portare avanti la storia e questo ovviamente ti fortifica.”
L’artista ha poi spiegato qual è la differenza sostanziale nella preparazione attoriale che intercorre tra mondo del teatro e gli altri scenari della recitazione: “Le prove. A teatro parti con tutto il resto del cast, lettura collettiva del copione con il regista che ti spiega tutte le scene come le vede. Di seguito inizi ad allenarti con la memoria e fare le prove con i colleghi, inizi a creare lo spettacolo e a sentire il suo ritmo. Nel cinema e nelle serie, per come la vedo io, lavoro sulla situazione. Io ho come base la memoria della scena, arrivo sul luogo e cerco di intonarmi al posto e al collega che ho davanti. Ciò implica che sono anche pronto in caso di variazioni o eventualità non previste, usando i problemi come vantaggio.”
Avendo a che fare molto spesso con la poetica di William Shakespeare, avendo recitato in molte opere del Bardo, Ceci ci ha raccontato, secondo la sua esperienza, qual è l’elemento più interessante e rivoluzionario della drammaturgia shakesperiana che ci siamo portati fino ai giorni nostri.
“La verità. Shakespeare era artisticamente elevatissimo, un talento di scrittura prodigioso. Ho avuto la fortuna di interpretare diverse opere del drammaturgo britannico e non solo al Globe, con registi e attori diversi e ho constatato che c’è sempre una profonda verità nei suoi testi, per Shakespeare ‘l’attore è colui che regge lo specchio alla natura’ e proprio questo elemento l’ho ritrovato in Pasolini nel suo manifesto del teatro dove viene posto l’accento sul fatto che l’attore deve capire bene quello che dice. Ciò porta a comprendere quanto è effettivamente grande l’esperienza umana artisticamente parlando e di quanto tu sei solo una particella in quell’universo. Una verità che prima incontra il nostro essere e poi i rapporti che abbiamo con gli altri, l’amore, la politica, la violenza, la tenerezza e la morte. Quando hai un autore che ti dà un ventaglio così ampio ti ci perdi dentro così come con la vita se la vivi appieno e fino in fondo. Ed è per questo che ho fatto l’attore perché mi dà la libertà di incontrare veramente i tutti sé che abbiamo dentro. Questo è un grande regalo che però ha i suoi lati negativi: la precarietà, il lavoro che non arriva, ma ti dà una verità e una sostanza che sono importanti in un mondo che si regge sull’apparenza.”
C’è stata poi l’occasione di rievocare un dolce ricordo, ovvero un incontro molto intimo tra l’interprete e Gigi Proietti, che è stato un grande regalo della vita.
“Io non vengo dalla sua scuola, sono arrivato al Globe da altre strade. Ci siamo conosciuti durante gli anni, di grande successo, di Molto rumore per nulla. Ho fatto poi altri due ruoli ovvero Volpe ne La Bisbetica domata e Malvoglio ne La dodicesima notte e in questo contesto Gigi ha visto di più il mio lavoro di attore. Una sera mi ha fermato, cosa che non aveva mai fatto e mi ha detto: ‘Malvoglio è un personaggio difficile, tutti lo vorrebbero fare, ma tu lo hai preso in pieno.’ Io gli ho risposto che, paradossalmente, questo personaggio non volevo nemmeno interpretarlo. Come tante volte capita, le cose che non vuoi fare ti regalano qualcosa, in questo caso un momento intimo con Gigi Proietti. Sai, tante volte si prendono premi e si insegue il successo, ma queste parole sono qualcosa di più, sono un bellissimo ricordo.”
Dal set di Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee al nuovo film di Sergio Rubini
Nell’ultima parte dell’intervista, ci siamo confrontati con Federigo Ceci parlando del suo lavoro in ambito cinematografico, cominciando con l’esperienza maturata in Miracolo a Sant’Anna (2008), diretto da Spike Lee (Da 5 Bloods – Come fratelli, Inside Man).
“Per prima cosa, a differenza delle produzioni italiane dove il primo contatto che hai è con l’assistente di casting, in quel caso Spike Lee era presente sin dall’inizio ai provini. È stata un’esperienza bellissima: è come da, appassionato di Formula 1, vai fare un giro con Hamilton. È stato bello vedere il rispetto e la stima che avevano Lee e gli attori americani nei confronti del cast italiano ed in particolare con me il film-maker è stato molto carino. Ho inoltre lavorato con colleghi italiani davvero strepitosi da Omero Antonutti a Pierfrancesco Favino passando per Sergio Albelli quindi ti senti preso ancora di più.”
Diverse volte, nella sua carriera, Ceci ha interpretato ruoli storici. Per questo motivo gli abbiamo domandato cosa pensasse del racconto storico attraverso il mezzo cinematografico: “Il nostro mestiere come altri lavori, è profondamente toccato dalla politica e vediamo bene come in questo periodo tutti vogliono appropriarsi di un pezzo della Storia per dire che è un vincitore. Io, invece, credo che la Storia non abbia vincitori e dovrebbe insegnarci a limitare i danni che facciamo ciclicamente. La Storia è semplice e cruda: c’è sempre qualche avvenimento drammatico che trasforma la società. Io credo, come diceva Shakespeare, che chi fa arte in questo campo deve fare da specchio in modo molto neutro, cercando di far emergere le reali motivazioni attraverso gli attori, dando alle persone la possibilità di riconoscersi nel presente.”
Infine, in conclusione della nostra lunga chiacchierata con l’attore, gli abbiamo chiesto qualche piccola anticipazione sul nuovo film di Sergio Rubini dedicato alla vita di Leopardi: “Il ruolo che interpreto nella pellicola è una parte reale, è un attore teatrale dell’epoca, uno di quei personaggi di snodo della trama. Io stimo molto Sergio Rubini, come attore e regista e mi sono messo a disposizione. In generale è stato più un gioco che un ruolo vero e proprio visto che ho impersonato un attore teatrale quindi metateatro puro con una recitazione molto aulica ed è stato molto divertente per questi motivi.”
Leggi anche Suburræterna: recensione finale della serie TV Netflix