Pare parecchio Parigi: recensione del film di Leonardo Pieraccioni
Liberamente ispirato ad una storia vera, l’ultimo film del regista toscano è un mix tra un road movie e un family drama, che nonostante le buone premesse, fatica a commuovere e divertire.
Dal 18 gennaio 2024 nei cinema italiani Pare parecchio Parigi, la commedia diretta dell’artista toscano Leonardo Pieraccioni, su una sceneggiatura del regista stesso in collaborazione con Alessandro Riccio. Il film, prodotto da Levante Film e Rai Cinema, è liberamente ispirato ad una storia vera, quella dei fratelli Bugli, che nel 1982 organizzarono un finto viaggio in roulotte verso Parigi con a bordo il padre malato, al fine di esaudire il suo ultimo desiderio. Nel cast, oltre a Pieraccioni, anche una delle colonne portanti dell’umorismo surrealista italiano, il grande Nino Frassica, a cui si aggiungono le talentuose Chiara Francini e Giulia Bevilacqua.
Pare parecchio Parigi: la trama
Arnaldo Cannistracci (Nino Frassica), scontroso e burbero professore universitario, ormai in pensione, ha un infarto durante un convegno. Giungono in ospedale per accertarsi delle sue condizioni di salute i tre figli del professore: il primogenito, Bernardo (Pieraccioni) – proprietario di un maneggio -, l’estetista Giovanna (Francini) e la geometra Ivana (Bevilacqua). I fratelli, che poco sopportano di avere a che fare con un padre che gli ha umiliati ed ignorati per tutta la vita, saranno costretti a prendersene cura, poiché – a detta dei medici – il tempo che gli rimane è ormai poco.
Dopo qualche scaramuccia infantile, Bernardo si trova costretto ad ospitare il papà a casa sua e, con sua grande sorpresa, scopre che l’Arnaldo di oggi è molto diverso dal padre austero di un tempo: è dolce e sembra davvero avere compreso tutti i suoi errori. Il professor Cannistracci e il figlio cominciano, dunque, ad avvicinarsi e Bernardo, dal cuore tenero, ha un’idea: vuole convincere le sorelle ad esaudire l’ultimo desiderio del padre, ovvero fare un viaggio a Parigi insieme a tutta la famiglia. Dopo un primo momento di rifiuto, anche Giovanna ed Ivana si convincono, ma c’è n problema: il padre è in dimissione protetta; pertanto, un viaggio vero e proprio è fuori discussione.
Da qui nasce l’idea alla base di Pare parecchio Parigi: i tre fratelli, approfittando della vista debilitata del padre, organizzano un finto viaggio verso la capitale francese in un camper preso in affitto, con l’intenzione di guidare effettivamente per dodici ore ma senza mai uscire dai confini del maneggio di Bernardo. Tra finte scenografie parigine, gente ficcanaso e imprevisti di ogni tipo, la famiglia Cannistracci dovrà affrontare i mostri del proprio passato, al fine di abbandonare vecchi rancori e guardare avanti.
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Un’idea originale affossata da una comicità vista e rivista
Pare parecchio Parigi cerca di concretizzare un’idea originale, in quanto il cinema italiano non vanta nel suo repertorio numerosi road movie. Così Pieraccioni scegliere di mettere in scena un’opera con protagonista un finto viaggio a Parigi, in cui la caratterizzazione dei personaggi, specialmente di quelli secondari, è appena accennata – quasi fossero delle maschere – e lo stile del racconto, che si muove su due piani temporali, è deliziosamente surreale, vicino alle commedie francesi, quelle eccentriche ma delicate allo stesso tempo.
In effetti il regista utilizza un’espediente narrativo molto simpatico per coinvolgere lo spettatore. Ci troviamo su un aeroplano che sta volando verso in Parigi; il personaggio interpretato da Pieraccioni, in preda ad un attacco di panico, dovuto alle numerose turbolenze, si dirige verso la cabina di pilotaggio e lì è invitato dalla hostess e dai due piloti a raccontare il motivo del suo viaggio.
Un altro punto di forza di Pare parecchio Parigi riguarda, sicuramente, i siparietti che i tre fratelli organizzano per far credere al padre di star effettivamente viaggiando, e non girando semplicemente intorno ad un maneggio. Ivana, per la riuscita del piano, coinvolge i muratori che lavorano per lei, facendogli creare delle scenografie geniali nella loro semplicità, che portano ad alcune delle sequenze più divertenti del film.
Veniamo ora alle parti dolenti. Con un eccezionale cast dal talento comico, la pellicola di Pieraccioni non va oltre ad un accenno di risata, generalmente dovuta agli interventi di Frassica, relegato, tuttavia, al margine della storia (lo vediamo davvero pochissimo, in quanto passa gran parte del tempo sdraiato nel letto del camper). Il talento comico di Chiara Francini non viene valorizzato a dovere, anzi, il suo personaggio appare, tutto sommato, malinconico, in quanto coloro che le stanno intorno pensano che stia sbagliando tutto nella vita. Ad esempio, nel corso del film sappiamo che Giovanna ha una relazione con un ragazzo molto più giovane di lei. Questo fatto viene continuamente sottolineato durante la pellicola, tant’è che Bernardo, ad un certo punto, decide di sottrarre il telefono alla sorella e di troncare la relazione con quello che lui definisce un toy boy, ovviamente all’insaputa di Giovanna. Se l’intenzione era quella di far ruotare l’arco narrativo del personaggio di Francini intorno alla sua presa di coscienza relativa al fatto che, continuare a legarsi a persone di cui non è innamorata, non la porteranno alla felicità, allora avrebbe dovuto arrivare lei stessa alla decisione di lasciare il proprio partner, mentre invece la donna viene privata di questa possibilità.
Anche la storyline di Ivana risulta piuttosto banale – qui non la citeremo specificamente per evitare spoiler -, in quanto il cinema e la televisione italiana stanno facendo dei passi in avanti sui temi dell’inclusione e della sensibilizzazione, pertanto il modo in cui viene raccontata la sua storia di vita e il plotwist, se così vogliamo chiamarlo, a lei legato è trattato in maniera del tutto superficiale e stereotipato.
Andiamo ora ad esaminare quello che è il cuore di Pare parecchio Parigi: il rapporto del padre con i suoi figli. Viene ribadito più volte che Ivana, Giovanna e Bernardo non vedono Arnaldo da cinque anni. Ci viene rivelato che era un padre poco presente, austero, burbero, tutto il contrario della loro dolce mamma. Tuttavia, scavando più a fondo, non è così chiaro in che modo il personaggio di Frassica sia stato un pessimo padre. Inoltre, i fratelli arrivano a perdonare il papà sin troppo in fretta, ovvero nel momento in cui decidono di organizzare il finto viaggio on the road, per questo motivo non c’è una resa dei conti, una risoluzione, un confronto. Questa mancanza rende la pellicola poco commovente ed emozionante.
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Pare parecchio Parigi: conclusione e valutazione
Per concludere Pare parecchio Parigi aveva tutte le carte in regola per dare un grande contributo al genere del road movie, generalmente poco esplorato in Italia, specialmente negli ultimi anni. Tuttavia, l’indecisione nel lasciare la propria comfort zone, la volontà di rimanere ancorati ad una comicità che sa di stantio, rende il film diretto da Leonardo Pieraccioni – nonostante la grande professionalità di tutti i membri del cast – poco innovativo e, per questo motivo, dimenticabile. Una menzione speciale va alla fotografia, abile nel diversificare i colori caldi della parte road, narrata in flashback, da quelli più freddi delle scene ambientate ai giorni nostri.