60 minuti: recensione dell’action tedesco Netflix
L’MMA e il cinema s’incontrano nuovamente nell’action diretto da Oliver Kienle e interpretato Emilio Sakraya. La recensione del film tedesco disponibile dal 19 gennaio 2024 su Netflix.
Con 60 minuti, il quarto lungometraggio di Oliver Kienle disponibile su Netflix dal 19 gennaio 2024, il mondo del cinema incontra nuovamente quello dell’MMA (acronimo di mixed martial arts), ma lo fa abbandonando presto il filone dello sport drama per entrare in quello più dichiaratamente d’azione. Un cambio di rotta, questo, che differenzia la pellicola del regista tedesco da altre come Never Back Down (e relativi sequel), Bruised – Lottare per vivere, Brothers, The Philly Kid, Sotto attacco e The Cage, che mettono le arti marziali miste e la competizione agonistica al centro del plot. La tinteggiatura action-crime con la quale Kienle e il compagno di scrittura Philip Koch colorano la storia di fatto indirizzano l’opera verso reference diverse, a cominciare da Wira o dalla saga di Undisputed. Motivo per cui al fine di evitare fraintendimenti non si può e non si deve considerare 60 minuti un film sulle arti marziali miste, poiché quest’ultime non rappresentano il cuore pulsante del plot ma solamente lo “strumento” attraverso il quale il protagonista si sbarazzerà degli avversarsi che proveranno con le brutte maniere, loro malgrado, a impedirgli di arrivare a destinazione.
In 60 minuti le arti marziali miste non rappresentano il cuore pulsante del plot ma solamente lo “strumento” attraverso il quale il protagonista si sbarazzerà dei nemici di turno
Lui è Octavio, un lottatore di MMA interpretato da Emilio Sakraya, che si trova di fronte a un ultimatum cruciale: arrivare alla festa di compleanno della figlia entro la prossima ora o rischiare di perdere la custodia a tempo indeterminato. Prima però dovrà prendere la difficile decisione di rifiutare e abbandonare un match truccato, scatenando l’ira di una serie di figure losche che faranno di tutto per fargliela pagare. Da qui, ossia dall’ora a sua disposizione, deriva il titolo che è a tutti gli effetti una precisa dichiarazione di intenti di quello che andremo a vedere, ossia un’implacabile caccia all’uomo e corsa contro il tempo che si consumano in un estenuante inseguimento ad alto rischio in tutta Berlino, di quelle che spingono i limiti fisici e mentali fino al punto di rottura.
Come in Lola corre anche in 60 minuti, Berlino si trasforma nel percorso a ostacoli di una corsa contro il tempo
La capitale della Germania che fa da cornice a 60 minuti torna così ad essere ciò che era stata nel 1998, in quello che è ormai considerato un cult nonché il film simbolo del cinema tedesco moderno post-muro, ossia Lola corre di Tom Tykwer, vale a dire un percorso a ostacoli da attraversare da parte a parte prima che le lancette dell’orologio si fermino sullo zero. L’arrivo a destinazione in tempo utile significa correre senza sosta a piedi, in metro e persino a bordo di un monopattino elettrico, ma soprattutto combattere ovunque tranne che su un ring o in una gabbia contro tutti e tutto. Il ché avviene fuori dai luoghi abitualmente predisposti per le discipline da combattimento come era stato per Lionhert, Fighting e Un sapore di ruggine e ossa: da una pista di una discoteca all’interno di un SUV, da un vicolo malfamato agli uffici di una palestra, passando per i locali di una pasticceria. Ed è in queste arene improvvisate che il protagonista si batte di volta in volta con i nemici di turno in scontri corpo a corpo senza fronzoli e soprattutto senza regole.
In 60 minuti l’azione e le maniere forti prendono nettamente il sopravvento sulle parole e le buone maniere
Come è facile intuire l’azione e le maniere forti prendono nettamente il sopravvento sulle parole e le buone maniere, riducendo la trama e i personaggi a pedine di un gioco a si fa più male. Il risultato è una frenetica successione di inseguimenti e corpi a corpi con i quali Kienle riempi l’ora e mezza circa di timeline. Le scene marziali rappresentano dunque l’unica sostanza di un film che ne è priva narrativamente e drammaturgicamente. Il plot e le figure che lo animano sono dunque ridotte ai minimi termini, con lo spettatore alle prese con un videogame a base di calci, pugni, inseguimenti e split screen, dove si parla poco e si combatte tantissimo, per fortuna con scontri spettacolari, rozzi e realistici grazie alla presenza nel cast del già citato Emilio Sakraya (visto in Rheingold) e dell’attrice e una stunt woman Marie Mouroum nei panni di Cosima, l’allenatrice di Octavio.
60 minuti: valutazione e conclusione
Non un film vero e proprio sull’MMA, bensì un action che trasforma nuovamente Berlino in un percorso a ostacoli nelle cui strade si consuma una corsa contro il tempo. Poche parole e tante botte per un’opera che intrattiene con combattimenti spettacolari e realistici, ma che ha carenze molto forti dal punto di vista narrativo e drammaturgico. In cabina di regia il tedesco Oliver Kienle se la cava più che discretamente, così come gli interpreti principali Emilio Sakraya e Marie Mouroum mettono in mostra le rispettive qualità fisiche e marziali.