Chi era Sandra Milo: musa ironica ed erotica, manifesto perenne di libertà
Chi è e chi è stata Sandra Milo? Tante le identità dell'attrice, interprete di un tempo che le è stato anche un po' troppo stretto.
Sandra Milo, nata a Tunisi come Salvatrice Elena da padre siciliano e mamma toscana, l’11 marzo 1933, si è spenta a Roma il 29 gennaio 2024. Ha compiuto 90 anni e ha calcato i set, gli studi televisivi e la vita fino all’ultimo con la stessa dolce allegria con cui ha iniziato. Sandra Milo è una delle protagoniste del cinema italiano degli anni ’60, lavora con i più grandi, spesso veste i panni della bella svampita, di quel corpo giunonico che ammalia e turba. Lei è Sandrocchia, donna felliniana provocante, tutta bocca e curve, quella di 8 e ½ , di Giulietta degli spiriti di Federico Fellini, ma è anche le giovani tenere e ingenue di Adua e le compagne, La visita di Antonio Pietrangeli. Con la sua voce indimenticabile, la sua risata, quel sorriso aperto e sincero, quella voglia di mangiare la vita, innamorarsi, Milo si fa amare grazie ai suoi personaggi che discorsivizzano l’immagine di una donna che spesso l’italiano medio e la società media vedono come una nemica, invece lei no. Si fa apprezzare per il trascinante carisma, l’intelligente naturalezza, la simpatica aria di una donna che sa perfettamente cosa sta facendo. La sua è stata una carriera lunghissima, diretta dai più grandi registi – da Roberto Rossellini ad Antonio Pietrangeli, da Sergio Corbucci a Federico Fellini, da Luigi Zampa a Dino Risi, Luciano Salce, Duccio Tessari, Pupi Avati, Gabriele Salvatores fino a Gabriele Muccino. Da Alberto Sordi con cui ha esordito in Lo scapolo di Antonio Pietrangeli nel 1955 fino alla serie Gigolò per caso, uscita a Natale 2023 su Prime, lei è quasi settant’anni di cinema, non si è mai fermata, non si è mai arresa.
Sa essere trasgressiva ma anche rassicurante, fantasticamente folle ma anche estremamente radicata alla terra, è ironica e anche erotica, ha 90 anni ed è anche modernissima, così tanto da essere sempre avanti rispetto alla società e ai tempi, è oggetto sessuale ma è anche estremamente libera e indipendente, conscia del suo potere. Lei è la musa di Federico Fellini, è però anche la diva che solo tre anni fa si è andata a incatenare davanti a Palazzo Chigi per i lavoratori dello spettacolo in difficoltà dopo la pandemia, eterna bambina correva in giro per il mondo in Quelle brave ragazze ma è anche l’attrice che a 88 anni ha ricevuto il David alla carriera.
Sandra Milo: tutto ha inizio con l’hostess Gabriella
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Sandra Milo debutta, nel 1955, accanto ad Alberto Sordi, in Lo scapolo di Antonio Pietrangeli, uno dei registi che danno modo all’attrice di indagare anche altre corde, lei interpreta Gabriella, hostess sognatrice, sola, che incarna il proibito e l’evasione coniugale. Pietrangeli realizza una commedia garbata in cui l’attrice emerge già in tutta la sua cifra stilistica, spontanea, prosperosa, dalla voce infantile con una vena di malinconia.
Da queste caratteristiche nasce un sistema di valori ben chiaro su cui poi costruisce la sua carriera, Milo è la donna ingenua, iper-femminile, una bambina nel corpo di donna che ama senza freni, lei è così, si dona totalmente e farà questo anche nella vita, nella carriera.
Quattro anni dopo arriva il primo ruolo importante nel film Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini, ritratto del Nord Italia all’indomani dell’8 settembre 1943. Sandra è una prostituta a fianco di Vittorio De Sica, questo film segna l’incontro con il produttore Moris Ergas con il quale l’attrice avrà poi una lunga e violenta relazione e si sposerà – il matrimonio, che dura 11 anni, finisce con una serie di cause intentate da parte di Ergas, che cerca di sottrarle la figlia Debora. Il matrimonio con Ergas è complesso, difficile, caratterizzato da liti violentissime e ripetuti abusi. Intervistata a Domenica In l’attrice racconta, sempre con quell’indole fatata, come se nulla la toccasse ma in realtà la sua è solo una levità che le permette di superare le situazioni, “ho preso tante di quelle botte nella mia vita” e poi continua, “eravamo in roulotte, stavamo girando e mio marito pensava fossi l’amante di Enrico Maria Salerno. Mi ha buttata per terra, presa a calci in testa rompendomi naso e mascella. Un orecchio è andato distrutto per sempre, l’altro me l’hanno ricostruito con il platino. Ci sento ancora con un orecchio solo“.
Milo vive in una società figlia del suo tempo, purtroppo, e il suo corpo, il suo modo di fare, la vita da set e il lavoro di attrice, sono spesso visti di malocchio dagli uomini, colleghi e non ed è per questo che in più di un’intervista, soprattutto negli ultimi anni, anche grazie ai cambiamenti sociali che danno maggior libertà alla donna e modificano alcune dinamiche tra i generi, si mette a nudo, definendo situazioni normali atteggiamento violento e molestie nel pubblico e nel privato.
Sandra Milo, interprete di figure anche scomode, metro di cambiamenti e terremoti sociali
Non si ferma Milo, dà corpo a donne di rottura per una società un po’ bigotta e molto legata ancora a schemi ben definiti e determinati. Nel 1960 è Lolita – chiaro riferimento al romanzo di Nabokov del 1955 – in Adua e le compagne diretta ancora da Pietrangeli, regista delle donne, recita accanto a Simone Signoret che è appunto Adua. Il film affronta il tema della prostituzione in Italia dopo l’entrata in vigore della Legge Merlin nel 1958 – che sancisce la chiusura delle case di tolleranza senza prevedere un serio piano di recupero sociale delle tante donne, giovani e meno giovani, sbalzate fuori in un mondo ribollente di moralismi e pregiudizi. L’opera è un primo durissimo colpo affondato nel tessuto socio-culturale dell’Italia del boom, quello di Pietrangeli è uno sguardo amaro e disilluso sui mutamenti sociali in corso nel nostro paese e sugli annessi dissesti identitari dell’essere umano. Adua, Lolita e le altre provano a rimettersi in gioco, a rientrare nella società ma è chiaro, le ex-prostitute sono ingabbiate in un vuoto sociale, non c’è alcuna possibilità di essere riconosciute come persone: diventare madre, moglie, innamorarsi di nuovo, rifarsi una vita, lavorare sono impossibili, su queste donne c’è una lettera scarlatta indelebile. Milo è Lolita, ingenua ed entusiasta, si lascia illudere da un impresario di varietà che le ruba soltanto dei soldi. I suoi modi, che potrebbero rientrare nel registro del comico, servono a costruire la figura in relazione agli altri, il suo essere fuori dalla norma fa sì che le altre la trattino male e la umilino, che gli uomini facciano di lei ciò che vogliono, e a quel punto il pubblico sa con chi schierarsi, non può che essere dalla sua parte e provare tenerezza per lei. La maschera tragicomica di Sandra Milo inizia a caratterizzarsi.
Nel 1961 è protagonista con Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni di Fantasmi a Roma, ancora per la regia di Pietrangeli. Si tratta di un film in costume eppure Pietrangeli come ha già fatto negli altri due film, la identifica anche con gli abiti. Qui la Milo è il fantasma di donna Flora di Roviano, è un’aristocratica morta suicida nel Tevere per una delusione d’amore – sentimento e parola che tornerà sempre sulla labbra dell’attrice, spinta che la muove nel mondo – e sembra che i panni anticipino le figure naif e sognanti dell’universo felliniano.
Sandra Milo: Vanina Vanini, da lì parte l’immagine della donna seduttrice che non è succube dello sguardo del maschio
Dopo che la carriera di Sandra Milo subisce un a battuta d’arresto per via della stroncatura a Venezia del film Vanina Vanini (rinominata dalla critica Canina Canini per la sua totale eccentricità rispetto a tutte le altre attrici del panorama italiano e per molte delle sue caratteristiche che poi diventeranno peculiarità) – tratto dall’omonimo racconto di Stendhal e ancora una volta firmato da Roberto Rossellini – è Federico Fellini a offrirle due dei ruoli della sua vita, creando con lei un lungo sodalizio professionale e poi sentimentale che li porterà ad essere amanti per 17 anni.
Bisogna sottolineare che nei primi anni Sessanta, sono poche le presenze femminili che popolano gli schermi italiani assumendo la centralità dei personaggi maschili, una vera e propria misoginia che esclude, con alcune eccezioni, le figure femminili, diverso è il caso dei corpi nuovi e moderni delle attrici straniere, come non pensare all’attrice belga Catherine Spaak. Le attrici straniere portano in scena il paradigma della giovane donna disinibita e provocatoria, il mito di Brigitte Bardot, in Italia una delle attrici che riesce a prendersi il proprio spazio, anche a costo di rovinare la propria vita personale, è Stefania Sandrelli (diversa dalla donna meridionale, scura e tutta curve, seno florido e fianchi pronti ad accogliere la progenie), espressione di una generazione che sta cambiando.
Milo è un’attrice diversa, ha un corpo attoriale differente. La maschera tragica femminile da lei incarnata, è dissacrante testimone di un mondo alla rovescia in cui le gerarchie vengono capovolte e le regole ribaltate. Mentre il maschio è un latin lover impenitente, la donna dovrebbe soggiacere alle avance, Milo sa usare il suo corpo, da cui da ogni centimetro emergono desideri primordiali e pulsioni sessuali in netto contrasto con le convenzioni sociali e la morale pubblica. Fondamentale per Milo e per la costruzione del suo ruolo, è proprio Vanina Vanini, lei ha l’impeto audace di una donna dalla passione incontrollata e malata che si innamora di un umile carbonaro e finisce per distruggerlo. La sequenza di Vanina che si pettina, mentre dietro arde il fuoco, rivela la trasformazione della figure di Milo da vittima d’amore a quello di conquistatrice, dalla sedotta alla seduttrice. Milo fa parte di quella categoria che Elsa Martinelli definisce “donna dongiovanni”, ossia la figura di una donna che sceglie le sue prede anche quando dà l’impressione di lasciarsi scegliere.
Sandra Milo: Fellini e Sandrocchia, il demiurgo e la diva consapevole
Con Fellini diventa una seduttrice meravigliosa, una femme fatale ironica e disinibita, che oltre a incarnare l’immaginario erotico felliniano, è il contraltare della moglie, dimessa e fin troppo borghese mentre lei è moderna, divertente e divertita. In 8½ il regista la rende massima rappresentazione della lussuria: l’attrice è Carla, l’amante ideale. Fellini ha trovato in Milo l’amante perfetta, ha le caratteristiche fisiche che lui cerca, riesce a convincerla ad ingrassare (deve rivestire i panni dell’ingorda, dell’avida). Carla parla poi con un “vocino aggraziato” e un vocabolario pieno di vezzeggiativi e diminutivi (a Guido/Mastroianni dice in più di un’occasione di stare “buonino”. La mimica, la gestualità devono essere esagerate al punto da farla sembrare un personaggio dei fumetti, cammina “molleggiata sui fianconi”, Fellini paragona il suo personaggio a Paperina, “ad una specie di grande cigno”. Insomma Milo è una deliziosa e fatale Carla, nei gesti, nelle movenze, nella voce, in quel corpo burroso e desideroso di tutto.
In Giulietta degli spiriti Milo interpreta Iris, Fanny e Susy, tre donne che, in maniera diversa, incarnano la sensualità. Iris è la maschera del sesso, mostra il suo corpo, pieno, gli occhi che ammiccano, il sorriso che colpisce e ammalia. Fanny è la ballerina con cui era fuggito il nonno di Giulietta, che vola sull’altalena . Susy è la biondissima vicina di casa di Giulietta, che indossa abiti leggerissimi preferibilmente bianchi senza niente sotto. Milo racconta il lavoro che su di lei fecero Otello Fava, il capo truccatore, Renata Magnanti, la parrucchiera, e Piero Gherardi, lo scenografo e costumista del film: le rasano le sopracciglia e i capelli per alzarle la fronte e darle un tocco altero. La pelle è ancor più pallida e rosata, indossa una parrucca color miele, attorno al collo un cinturino di velluto nero, simbolo di peccato. L’attrice è sensuale, maliziosa, sicura di sé e del proprio corpo con cui vive nel mondo che ha ai suoi piedi. Milo e Masina rappresentano chiaramente due donne diverse, da una parte l’amante dalle belle forme, dalla prorompente sensualità, disinibita, dall’altra la moglie arresa, “modesta”, pudica e a guardarle, a dirigerle, c’è Fellini che dirige Masina e Milo, moglie e amante nella realtà, così, realtà e finzione si sovrappongono.
Giulietta degli spiriti è un film che mostra lo scontro tra i sessi, Fellini racconta la sua opera come il ritratto di una donna italiana imbrigliata da una società che la condiziona attraverso la formazione religiosa e dogmi antichi, come quello di sposarsi e vivere felici e contenti, ma che si libera da queste
costrizioni con l’abbandono del marito.
Inevitabilmente è Fellini a fare da Pigmalione, è lui a dare le coordinate della maschera e del personaggio di Milo, quel corpo comico con cui e su cui lei lavorerà sempre, la diva però è stata in grado di diventare padrona del proprio corpo, libera di esprimersi. Il corpo erotico dell’attrice passa da oggetto a soggetto del desiderio e di volta in volta è più o meno attiva nel dialogo con l’altro sesso. Negli anni Sessanta la sua figura, dirompente ed eccentrica, riesce ad avere un ruolo sempre più forte e determinato rispetto a quello maschile che subisce una svirilizzazione.
Sandra Milo: una donna libera che si emancipa da un mondo, da un uomo e da una società che non sempre la rispettano
Milo interpreta Pina in La visita, qui Milo dà corpo alla figura femminile più complessa e riuscita. La protagonista è una prosperosa signorina della Bassa ferrarese, chiamata “la bella culandrona”, così viene chiamata in paese, per il suo florido sedere, che, per vincere la solitudine e la tristezza, cerca di conoscere uomini attraverso la posta del cuore. Lei e Adolfo (François Périer), questo è il nome dell’uomo con cui stringe un rapporto decidono di incontrarsi, il film racconta proprio il progressivo svelamento delle reciproche maschere. Pina è sensibile, malinconica, ingenua, caratteristiche che mal si conciliano con il suo aspetto: la bocca a cuore, i capelli a barboncino, i vestiti appariscenti, motivo per cui viene spesso giudicata. Vive di emozioni semplici, ben rappresenta la donna nuova, guida, è istruita, lavora e per questo viene rispettata in paese. Ha un amante, Renato, ma ha bisogno anche di avere un uomo da cui tornare la sera ma non a tutti costi perché lei è completa anche da sola. Quando incontra il suo amico di penna, Adolfo, scopre fin da subito che ha mentito ma finge di non capirlo perché è buona e comprensiva. Adolfo è ricettacolo di tutti i mali dell’uomo piccolo borghese, è taccagno, impiccione, è vizioso, razzista, fa l’educato ma è rozzo, fa sfoggio di una cultura che non ha. Se Pina vuole l’amore, Adolfo è venuto a San Benedetto Po per sposarsi ed accasarsi (si ribalta la situazione, se in passato nei racconti sembra essere la donna a volersi sposare per sistemarsi, ora è il maschio a volerlo fare), cerca una donna servizievole, ben fatta, benestante (una delle prime cose che chiede sono proprio le entrate e le uscite di Pina), ricerca quell’immaginetta femminile da rotocalco, che lava, stira, cucina, insomma descrive più una serva. Lui appena può palpa, accarezza, salta addosso alla donna senza alcun rispetto, in fin dei conti quella potrebbe diventare sua moglie e deve appurare ciò “che sarà suo” e poi, dice, le donne del nord, si sa, sono più disponibili.
Pina non ci sta a scendere a patti con questo omuncolo, vuole un amore duraturo e non accetta i giudizi di Adolfo quando fa una scenata appena capisce che lei non è illibata. Lei si ribella e con un discorso di grande libertà e autodeterminazione si dichiara libera di essere, di amare, tanto quanto l’uomo, preferisce stare da sola che con un uomo così. La visita mette in scena non solo il ribaltamento dei ruoli ma anche la desolante illusione della felicità che si nasconde nel sogno del matrimonio e del rapporto di coppia.
Sandra Milo: un’attrice ironica e lieve, malinconica e seduttiva capace di giocare con le maschere e con il proprio corpo; un’attrice che sa raccontare l’Italia del boom economico e il cambiamento sociale
Seguono Le voci bianche (1964) di Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile, Frenesia dell’estate (1964) di Luigi Zampa, commedia balneare in cui incarna la femminilità fatta persona, L’ombrellone (1965) diretto da Dino Risi, dove interpreta la moglie di un ingegnere in vacanza, fotografia satura e sovraesposta dell’Italia del boom che rivela l’inquietudine nascosta dietro alla gioia e all’abbondanza. Al centro ci sono adulti borghesi che si divertono tra aste di beneficenza, partite scapoli-ammogliati, adultèri svogliati o non consumati più per pigrizia che per convinzione. Se il protagonista maschile è un quarantenne in crisi coniugale che vede il suo rivale prima in un gigolò (Jean Sorel), poi nel ricco commendator Tagliaferri, Milo è ancora una volta svampita e disinibita che riesce a sedurre tutti gli uomini che vuole, ma finisce poi per tornare alla vita di sempre.
Dal 1968 Sandra Milo si allontana dal cinema per un decennio anche in seguito al matrimonio con Ottavio De Lollis e alla nascita dei figli Ciro e Azzurra, ancora un matrimonio fatto di maltrattamenti e addirittura un’assenza totale del ruolo di padre. Milo alleva da sola i figli.
Sandra Milo: una donna che sa reinventarsi giocando con i media
Verso la fine degli anni ’70 Sandra torna al cinema ma è capace di reinventarsi grazie alla tv (nel ’66 aveva già lavorato, come conduttrice, a un ciclo di cinque puntate di Studio Uno), entrando nelle case degli italiani come Sandra non come interprete di un ruolo. Tra il 1982 e il 1983 conduce una rubrica di costume su Rai 2 all’interno dello storico programma Mixer di Gianni Minoli, ma è con Piccoli Fans che avrà grande successo. L’essere leggera, spontanea e anche genuina e credulona, è oggetto di un crudele scherzo nel 1990, quando nel corso della trasmissione L’amore è una cosa meravigliosa, una telefonata in diretta, entrata nella storia della televisione italiana, la informa che il figlio Ciro ha avuto un grave incidente. Sandra è ora, madre, non la diva, e reagisce come una madre qualunque, lascia la trasmissione e fugge dallo studio gridando disperata il nome del figlio. Diventa materiale di parodie, imitazione, fornisce materiale per Blob e Striscia la notizia.
Ancora stupisce, non nascondendo il suo legame con il leader del PSI Bettino Craxi. L’essere donna prima di essere diva è una caratteristica che lei non mette mai tra parentesi, parla d’amore e si mette a nudo ammettendo anche realtà scomode. Gioca con questa aria da ragazza naif e lieve, dimostrandosi invece sempre profondamente consapevole, autodeterminandosi con affermazioni spesso coraggiose. Si sposa ancora e ancora, tanto da avere problemi economici a causa del fatto che era solo lei ad occuparsi dei figli.
Ma dal 2001 torna in tv, al cinema con Il cuore altrove di Pupi Avati (2003), e in teatro, nel 2006 partecipa alla versione italiana di 8 donne e un Mistero e ad altre produzioni teatrali come Fiori d’acciaio e Federico… Come here.
Icona, stella del cinema che non ha paura di essere ciò che è, in grado di tradurre con il suo corpo eccentrico, con il trucco “coraggioso”, i cambiamenti che hanno interessato la donna dagli anni ’60 a oggi
Sostenitrice dell’eutanasia, amante degli animali, Sandra Milo si è sempre schierata, raccontata, ha incarnato il femminile in tutte le sue sfaccettature: attrice, donna, madre, seduttrice, icona tv. Il suo è un corpo ingombrante, come viene spesso definito, c’è, esiste sul piccolo e sul grande schermo, sulle pagine delle riviste, da Playboy ai vari rotocalchi, e attraverso esso Milo intercetta il pubblico, tutto il pubblico, di tutte le età e di tutti i generi. Si veste, si trucca – in un’intervista definisce il suo trucco “violento” perché non ama le mezze misure -, si pettina ricordando ancora da una parte la moda del passato, dall’altra quella di oggi, colorata, fuori dagli schemi, irriverente, si fa fotografare ancora bella e pronta a sedurre, perché in linea con il pensiero corrente, l’essere mature non è per le donne, una camicia di forza ma un’opportunità. Se è vero che il suo corpo è stato manipolato dai cineasti maschi, è anche vero che lei sa benissimo il suo potere ed è stata capace di usare tutto questo travalicando i confini che le sono stati imposti. Gioca con i vari media, si dona al pubblico con amore, nelle interviste, in tv, sui set, anche nelle sue pagine social, Milo si dà senza troppe snobberie, pensiamola a L’isola dei famosi o ora vicino ai 90 anni assieme prima a Mara Maionchi e a Orietta Berti, poi sempre con Maionchi e con una new entry, Marisa Laurito, naif e sempre la solita Sandra, attenta all’apparenza e desiderosa di nuove esperienze, in Quelle brave ragazze.
Quando le cose cambiano lei si riposiziona (corpo-pubblicità, corpo televisivo, corpo politico, corpo-cinema) da qualche parte, in qualche modo ma sempre convinta di ciò che fa, centrata, è carismatica e leggera essendo estremamente intelligente e saggia, ed è per questo che fa parte in un modo o nell’altro di tutte le epoche di tutti i periodi storici.
Il pubblico l’ha amata proprio per questo meraviglioso carattere, per la sua capacità di essere naturale e per nulla costruita, lei è l’amante, lei è l’ingenua ma è anche quella simpatica donna così indipendente, così conscia di se stessa, del proprio corpo, della propria sessualità da aver valicato i decenni, le mode, i tempi. Il suo corpo “eccentrico” è comico e grottesco, malinconico e struggente, infantile e anche, al tempo stesso profondamente erotico, modernissimo pur essendo “nato” negli anni ’60. Lei sarà per sempre Sandrocchia ma non solo, sarà anche colei che ha regalato al suo pubblico, parafrasando Io che amo solo te di Sergio Endrigo, colonna sonora di La visita, quel che resta della sua gioventù.