Roma FF11 – Goodbye Berlin: recensione del film di Fatih Akin

L’acclamato regista di Soul Kitchen, Fatih Akin, torna con una delle sue opere più ironiche e poetiche; tra toni e colori accesi, il regista porta sul grande schermo Goodbye Berlin, tratto dal romanzo cult di Wolfgang Herrndorf, un on-the-road spericolato ed impertinente, come solo l’avventura di due ragazzi può essere. Un viaggio sregolato che cambierà notevolmente la loro vita.

Goodbye Berlin è il titolo dell’ultima pellicola presentata dal regista tedesco all’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma nella prestigiosa categoria di Alice nella Città.

Un giovane di 14 anni cresce in una ricca famiglia disfunzionale a Berlino. Durante le vacanze estive la madre decide di andare in riabilitazione mentre il padre parte per un viaggio insieme alla sua assistente per una trasferta che lui definisce ‘d’affari’. Per questa serie di situazioni, il giovane rimane solo in casa, distaccato dal resto del mondo. Tutto però cambierà drasticamente quando un giovane immigrato russo che va a scuola con lui, si presenta a casa sua con un’auto rubata. Decidono così di partire senza fissare una meta precisa all’insegna dell’avventura. 

Il solito Fatih Akin che con salace ironia regala un film spericolato, che abbatte ogni schema, attraverso l’impiego della tanto apprezzata spensieratezza giovanile. Goodbye Berlin è l’emblema di come il coraggio di cambiare, di voltare le abitudini quotidiane sia non un azzardo ma bensì una vera e propria forma di libertà, una rigenerazione esistenziale.

Con gli occhi dei giovani 

Attraverso l’impiego di due adolescenti, Akin si sofferma sul cambiamento, sul voler abbandonare la monotonia quotidiana, promuovendo l’intraprendenza   – senza ponderazione alcuna – utile nel far cambiare radicalmente la vita di un singolo. Goodbye Berlin riesce ad essere incisivo grazie all’unione d’intenti che intercorre fra i due giovani attori; quasi emancipati,  piacevolmente goffi nelle loro  movenze.

Con un linguaggio narrativo semplice ma efficace, Fatih Akin allieta lo spettatore, facendolo divagare totalmente per tutto lo scorrimento del film. Goodbye Berlin è uno scossone verso l’ansia, verso la non accettazione del cambiamento. La positività sprigionata da questa pellicola evidenzia sempre più la bravura stilistica di questo regista, che fa della faciloneria – quella costruttiva – una sorta di virtù.

Goodbye Berlin

Una trasposizione tanto richiesta

Giusto ricordare che Goodbye Berlin è la trasposizione del celebre romanzo dello scrittore berlinese Wolfgang Herrndorf.  Con arguzia Fatih Akin gestisce il tutto nel migliore dei modi, “ricreando” fedelmente il patos formatosi fra questi due giovani “fuggiaschi” determinati a provare nuove avventure. Quello che si evince ampiamente in Goodbye Berlin è la voglia di intraprendere un cambio drastico dovute ad esperienze negative precedenti che hanno leso emotivamente i personaggi. C’è una sentita voglia di emergere da parte di questi due giovani, il loro rifiuto per le regole, la loro risposta alle costrizioni adulte, il loro spirito d’avventura contrapposto alla noiosa linearità quotidiana. Un dolce processo di maturazione coinvolgente, volutamente schematizzato da Akin per rendere ancor più partecipe lo spettatore.

Goodbye Berlin sdrammatizza ogni difficoltà, riesce a far sorridere il pubblico spettatore attraverso un “prezioso” – e vivace – semplicismo. Senza distorsioni narrative, il regista mantiene il connotato più rappresentativo di questa storia ovvero l’ironia. Non importa se veniamo scalfiti fuori, ciò che conta è rimanere intatti dentro; Fatih Akin con questo messaggio  si dimostra un abile comunicatore, capace di rappresentare al meglio un romanzo tanto amato dalla collettività.

Goodbye Berlin è un film diretto dal regista Fatih Akin. Scritto da Hark Bohm e  Lars Hubrich. Prodotto dalla Lago Films. Nel cast Tristan Gobel, Anand Batbileg, Nicole Mercedes Muller, Sammy Scheuritzel.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2