RomaFF11 – Noces (A Wedding): recensione del film di Stephan Streker
Noces (A Wedding il titolo internazionale) è un film di Stephan Streker del 2016, presentato prima al Toronto International Film Festival e successivamente inserito nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2016. Protagonista della pellicola è la francese Lina El Arabi. Noces è ispirato al “Caso Saida”, un reale fatto di cronaca avvenuto in Belgio nel 2007.
Zahira (Lina El Arabi) è una ragazza pakistana di 18 anni, residente da qualche anno in Belgio insieme alla famiglia. Anche se l’apparenza di Zahira lascia pensare che la ragazza non sia sottomessa ai dettami della tradizione e della religione, la realtà purtroppo è ben diversa. Come tutte le giovani donne pakistane infatti, anche Zahira dovrà presto scegliere un uomo con cui unirsi nel più classico dei matrimoni combinati. A complicare le cose c’è inoltre una gravidanza indesiderata, che pone la ragazza di fronte al dilemma di tenere il bambino o abortire e nella difficoltà di dover dimostrare al futuro marito la propria illibatezza. Zahira comincia così insieme al fratello e confidente Amir (Sébastien Houbani) una battaglia contro la famiglia e la tradizione per l’affermazione della propria libertà e del proprio diritto di scegliere.
Noces: una storia sospesa fra famiglia e istinto, fra tradizione e modernità, fra amore e rabbia
Siamo nel 2016, in una nazione civile e moderna come il Belgio, ma per Zahira e la sua famiglia il tempo non ha portato reali cambiamenti, ma solo piccoli adeguamenti alla civiltà che li circonda. Anche se Zahira vive una vita apparentemente normale e al passo coi tempi, i rigidi precetti della sua tradizione governano comunque la sua esistenza. Cambiano i modi, con i potenziali mariti conosciuti tramite imbarazzanti colloqui su Skype, ma non la sostanza, cioè che la ragazza dovrà al più presto sposarsi e crearsi una famiglia con uomo che non ama e con il quale non ha niente in comune. Noces ci mostra così la personale odissea di Zahira, combattuta fra famiglia e istinto, fra tradizione e modernità, fra amore e rabbia, in un crescendo di tensione che difficilmente può lasciare indifferenti.
Stephan Streker compie un lavoro certamente coraggioso nelle intenzioni, mostrandoci con un punto di vista tutto al femminile le assurdità e gli anacronismi a cui milioni di persone devono ancora sottostare. La narrazione è semplice e scorrevole, e nonostante i temi affrontati siano particolarmente seri e l’azione non certo veloce e scoppiettante, difficilmente ci si annoia. Non tutto però in Noces funziona a dovere. Il regista mette tanta carne al fuoco, introducendo argomenti scottanti come aborto, sessualità e lotta familiare, aprendo sottotrame e digressioni che spesso non vengono adeguatamente approfondite, e che non apportano nulla alla trama principale, che appare inoltre per larghi tratti ampiamente prevedibile. Inevitabile conseguenza di questo è che a volte lo spettatore fatica a empatizzare con la protagonista, afflitta da tante (comprensibili) indecisioni che troppo spesso sfociano più nella retorica che in un atto di denuncia e critica al sistema di tradizioni che affligge Zahira.
Noces: l’irrealizzabile voglia di cambiare
Pur mantenendosi sempre su buoni livelli sia registici e stilistici, Stephan Streker finisce per avvolgere la storia su se stessa, ritrovando il bandolo nella matassa solo nell’efficace e traumatico finale, che riesce nell’intento di scuotere lo spettatore e di fargli chiudere gli occhi sulle precedenti forzature a livello di trama e contenuti. Anche se la giovane Lina El Arabi si dimostra sempre all’altezza della situazione, il personaggio più convincente risulta essere quello interpretato Sébastien Houbani, che ben esprime l’irrealizzabile voglia di cambiare, ma anche la cieca fedeltà a regole assurde e ormai anacronistiche.
Pur nella sua incompiutezza e con alcuni difetti, Noces riesce a colpire nel segno, mostrandoci tutte le contraddizioni e le fragilità di una società che sembra sempre sul punto di progredire, ma che finisce sempre per ricadere negli errori del passato. La storia di Zahira diventa così un monito a tutte le donne oppresse, ma anche un’agghiacciante esempio di quanto sia ancora troppo difficile slegarsi dalle tradizioni.