Scoop: recensione del film Netflix
Il nuovo film di Philip Martin torna a parlare della monarchia britannica indagando il concetto di privilegio e focalizzandosi sull'importanza del giornalismo privo da ogni influenza
“Un’ora di televisione può cambiare tutto”. È con questa frase che Sam McAlister convince il duca di York a concedere un’intervista alla BBC sullo scandalo Epstein, una sola ora che ha rappresentato un momento di rottura nella storia contemporanea della monarchia britannica.
Scoop, il nuovo film di Netflix disponibile dal 5 aprile e diretto da Philip Martin, racconta la genesi della famosa intervista al principe Andrea sul suo rapporto con Jeffrey Epstein, condannato per crimini sessuali e abusi su minori, e la caduta del monarca.
Tratto dal libro “Scoops: the BBC’s Most Shocking Interviews from prince Andrew to Steven Seagal” scritto da Sam McAlister, Scoop racconta i retroscena della famosa intervista andata in onda il 16 novembre 2019 da due punti di vista opposti: quella della redazione della BBC, che ai tempi stava attraversando un momento di crisi con licenziamenti a tappeto e bisognosa di nuove idee sulla direzione che la rete doveva prendere e sulla propria etica lavorativa, e quella del principe Andrea, un uomo il cui privilegio lo rende sicuro di sé al tal punto da essere convinto che le sue spiegazioni, per quanto incoerenti tra di loro ed appena accennate, siano sufficienti e che la sua immagina possa essere facilmente ripulita. Nel mezzo di questi due poli, Martin esplora anche il ruolo decisivo dell’opinione pubblica e l’importanza dell’etica morale che dovrebbe guidare il giornalismo, specialmente quello investigativo.
Un’intervista che somiglia ad uno scontro western che indaga i poteri del privilegio e l’importanza di non lasciarsi influenzare da esso
Dopo The Crown, Philip Martin torna a parlare della monarchia inglese e delle sue fratture interne con uno stile essenziale, pulito e lineare che va dritto al punto. Scoop entra nel vivo quando McAlister (interpretata da Billie Piper) riesce ad ottenere l’intervista esclusiva con il reale, intervista che viene condotta da Emily Maitlis (Gillian Anderson) conosciuta per il suo essere schietta e per porre le domande giuste al momento giusto, quelle stesse domande a cui il principe Andrea (un irriconoscibile Rufus Sewell) non riesce a rispondere con l’abilità e l’astuzia che lui crede di avere.
Lo scontro verbale tra i due inizia nel corso dell’intervista, ma durante le prove: la giornalista, provata e nervosa, si riunisce con lo staff della BBC in una stanza dove il colore dominante è il blu. Un luogo freddo che suggerisce tensione, disciplina e rigore, tutte caratteristiche che Maitlis ripropone durante l’incontro ufficiale. Al contrario, il duca di York ha bisogno di una costante guida e di essere ripreso più volte sul modo in cui si esprime, soprattutto quando parla delle vittime. Lui e la sua segretaria Amanda Thirsk (Keeley Hawes), si trovano in una stanza luminosa e il principe è rilassato, sicuro dell’esito dell’intervista.
Quando finalmente l’incontro tra i due avviene, Martin lo struttura come fosse un duello western fatto di botte e risposte, di sguardi d’intesa tra i presenti sia davanti che dietro le telecamere. La macchina da presa si focalizza sul principe Andrea e su Maitlis ricalcando alla perfezione le inquadrature e il ritmo dell’intervista originale, e sulla lotta di sguardi tra Sam McAlister e Amanda Thirsk. Andrea, però, cade da solo. Riprendendo l’atmosfera e i dialoghi dell’intervista originale, Scoop riesce a mettere in evidenza come chi detiene il privilegio crede di essere al di sopra di qualsiasi cosa: della legge, del buonsenso, della morale e dell’etica.
Scoop: valutazione e conclusione
Scoop è un buon film che mette in luce l’importanza del giornalismo, quello che vuole la verità a tutti i costi, quello senza sensazionalismi e che può cambiare il corso degli eventi. E lo fa con una regia ridotta all’essenziale e con il solo scopo di voler raccontare una storia senza troppi fronzoli, con una fotografia pulita anch’essa da virtuosismi e resa il più lineare possibile, come lo è la sceneggiatura che si concentra su un unico avvenimento principale e sulle cause che lo hanno preceduto.
Una menzione d’onore va al cast, specialmente a Gillian Anderson il cui sposalizio tra l’attrice e Netflix continua a prosperare. Anderson dà vita a una giornalista il cui carattere è facilmente frainteso e la cui forte etica lavorativa e il suo modo incalzante di dirigere le interviste vengono malviste solamente perché donna. Emily Maitlis è molto brava nel suo lavoro, ma viene comunque considerata arrogante e troppo fredda.
Ad essere l’anello debole di è Rufus Sewell e non per la sua recitazione. Scoop, come molti altri film basati su eventi reali, segue il pensiero secondo cui per interpretare al meglio un personaggio storico sia necessario che l’attore gli somigli. Per Rufus Sewell, esteticamente molto diverso dal principe Andrea, questo vuol dire cambiare completamente i suoi tratti grazie al trucco prostetico. Un processo che se da una parte gli permette di essere più simile all’ex duca, dall’altra lo rende rigido e monoespressivo. Caratteristiche che spiccano specialmente durante il momento clou del film quando deve recitare al fianco di Gillian Anderson.