Sei Fratelli: cast e regista spiegano perché “la famiglia che non ti scegli” è importante
Riccardo Scamarcio e Adriano Giannini, insieme al resto del cast e al regista Simone Godano, incontrano la stampa per parlare di Sei Fratelli, in sala il primo maggio 2024 per 01 Distribution.
Il primo maggio 2024, il totale è di 250 copie, per 01 Distribution, produce Grøenlandia con Rai Cinema. Queste le cifre, le sigle e le date da ricordare a proposito di Sei Fratelli, il nuovo film diretto da Simone Godano – l’ha scritto anche, con Luca Infascelli – dal notevole cast, italiano e non, trasversale dal punto di vista delle generazioni in scena. Inevitabile, perché questa è la storia di un padre che se ne va, Gioele Dix, mentre i sei figli avuti da quattro donne diverse – Riccardo Scamarcio, Adriano Giannini, Valentina Bellè, Gabriel Montesi, Claire Romain e Mati Galey – devono imparare a gestire la situazione ora che l’amato-odiato-temuto-mitizzato genitore non c’è più. La famiglia di Simone Godano è diversa da quella del film, tradizionale nella struttura e in pace con se stessa, ci spiega; per questo ha trovato l’esperienza del film molto interessante. “Questa famiglia è nutrita di segreti e non detto. Sono persone non realizzate e, credo, piuttosto sole. Il film parla di rapporti umani universali, sempre in bilico tra scritto e non scritto, tra sentimenti esteriorizzati e non”.
Non è facile “occuparsi di otto attori, in scena tutti i giorni, con le loro manie e le loro turbe. Ognuno, poi, con un approccio diverso: provate a gestirli nelle giornate in cui hanno una sola battuta. Anche per questo non ho lasciato che la macchina da presa se ne staccasse, restando su di loro e non pensando troppo alle battute”. Il primo fratello a prendere la parola è Riccardo Scamarcio; parla del film in modo molto simile al suo regista. “Quando Simone mi ha proposto il film gli ho detto che c’era una cosa che mi colpiva molto, proprio in termini di scrittura e che da noi non si fa spesso: raccontare sei fratelli e metterli in scena mentre si parlano addosso. Per me, poi, è stata l’occasione per perfezionare alcune cose che avevo in testa da un po’, come mantenere un certo realismo mentre portavo avanti il personaggio”. La vita su un set affollato è proprio come uno se la aspetta. “Non è per niente semplice trovarsi in otto attori in una stanza! Considerate che ci sono anche le battute fuori scena”.
Il commento diverte Valentina Bellè, che nel film è Luisa, la sorella più giovane… e la più imprevista. Tocca a lei parlare, adesso. “Oggi si sta rivalutando il concetto di famiglia. Forse per via dell’esperienza di Michela Murgia, ha molto seguito l’idea della famiglia che uno si sceglie, oltre i legami del sangue. Possibile che il film parli, ma io non posso dare risposte più precise, della famiglia biologica e di come rimanga, nonostante tutto, centrale: è perché abbiamo bisogno di essere amati. Non è facile scegliere chi amare: la famiglia biologica ti regala amore senza che ci sia bisogno di scegliere”.
Sei Fratelli tra l’influenza di Gabriele Muccino e l’ingombrante presenza del padre assente
Famiglia allargata, famiglia lacerata, in Italia a parlarne è soprattutto Gabriele Muccino. La combo cast corale e dramma familiare ha spinto molti a leggere Sei Fratelli nei termini della costola cinefila, della derivazione, del famigerato cinema urlato del regista romano. Simone Godano non è d’accordo. “Considero Gabriele un maestro, ma il mio è un film di piccole cose nascoste. Nella vita cerchiamo salute, ricchezza e successo, ma è molto più importante avere qualcuno accanto. Per raccontarlo, servono storie forti in cui ci si possa riconoscere. Credo che gli attori abbiano messo un pochino della loro pancia nei personaggi”. Sentimento e visceralità sono le coordinate del percorso, della caratterizzazione intensa e fisica di Adriano Giannini. Del personaggio dice, “è il fratello cui è stata affibbiata la nomea di buono, quello che attutisce i contrasti, il collante. Ma è anche un irrisolto, il film gli regala un bel twist. A un certo punto, i suoi demoni scoppiano, escono fuori”. Gli piace la diversità di Sei Fratelli. “Mi piace lo stile che Simone ha imposto sulla commedia, è molto densa e ha questo approccio, mi viene da dire fotografico, che la allontana dalle altre commedie. Poi è interessante aver scelto, per una storia che ha anche elementi di commedia, tutti attori drammatici”.
Buona parte delle riprese si sono svolte in Italia, pur essendo il film ambientato in Francia. Da quelle parti, pochi giorni di lavorazione ma buoni, come sottolinea Valentina Bellè quando ci rivela che, “andando in Francia, abbiamo fatto lo stesso viaggio dei personaggi. Bello muoversi in parallelo con loro”. Il movimento intimo di Sei Fratelli è un percorso di elaborazione del lutto che parte dalla morte del padre. Simone Godano ragiona sul senso di questo processo. “La figura del padre lontano, come il personaggio di Manfredi nel film, porta con sé l’idea dell’amore mancato. In una situazione del genere, il dolore dei figli non è per il poco tempo a disposizione. Pensano piuttosto: avevamo a disposizione un padre così affascinante e non ce lo siamo goduto. Finiscono per mitizzarlo e per questo gli affibbiano la parte del cattivo: perché è il ruolo più bello, quello che tutti vorremmo interpretare”.
Logico ascoltare, arrivati a questo punto, la voce del padre. Gioele Dix è genitore anche fuori dal set; ha solidarizzato con i rimpianti e le scelte del personaggio. “Vi dirò due cose. La prima da attore, la seconda da genitore. Ecco la prima: Simone mi ha cercato per questo ruolo, lo ha definito piccolo ma importante. Tutto gira intorno a te, mi ha rivelato: ma in genere è così che te lo vendono, per consolarti. Tra l’altro muore subito. La mia esperienza nel cabaret mi ha formato. All’inizio della carriera, o aprivo o chiudevo. Quando apri il pubblico è freddo, quando chiudi c’è gente col cappotto pronta ad andarsene. Una volta ho cominciato con la gente che andava via e ho finito che non c’era più nessuno. Quando apri uno spettacolo devi darti da fare per creare un tono, hai una grossa responsabilità. Abbiamo discusso tanto con Simone perché Manfredi doveva essere ingombrante, come presenza in scena. Dopo la sua morte, tra l’altro, torna come voce fuori campo”.
Seconda considerazione, stavolta è il padre che parla. “Ho tre figli e non con la stessa madre. Quando Simone mi ha proposto la parte non lo sapeva, ha scoperchiato una dimensione che ben conosco: i miei figli vivono con fatica la mia assenza. Finiscono per essere tante le cose non fatte e non dette. E questo, oltre a farti venire i sensi di colpa, ti fa pensare a quanto pesa un padre quando non c’è. Un po’ come il viaggio di Telemaco, che parte per cercare un genitore di cui ha solo sentito parlare e grazie al viaggio diventa uomo. Sono un po’ preoccupato perché so che i miei figli vedranno il film, ma qualcosa non gli piacerà!”.
Tutta questione di lontananza e vicinanza
Gabriel Montesi guarda oltre l’abito della commedia drammatica per isolare le verità universali che Sei Fratelli contrabbanda, camuffandole accuratamente, sotto la superficie.“Oggi si tende a non ragionare troppo delle questioni intime, sociali. Il film offre lo spunto per riflettere sul nostro secolo, sul posto da cui veniamo. Parla di lontananza e vicinanza: molto spesso i rapporti sono fatti di vicinanza fisica, anche se le persone, sentimentalmente, sono lontanissime. Il mio personaggio, Leo, era definito psicologicamente anche se c’era una certa cifra, ironica e drammatica, da perfezionare. Ho cercato di restituire la figura che Simone aveva in testa”. Parlando di osmosi tra la vita e il cinema, il caso emblematico è quello di Mati Galey, figlio più piccolo sul set e non solo. C’è un affinità forte, tra il background del personaggio e quello dell’attore. “Mio padre ha 75 anni e sono figlio unico, anche se ho delle sorelle. Ne ho scoperta una, di 50 anni, nel 2016. Mio padre è un po’ così! All’inizio non è stato facile, sul set, comunicare, specie con Riccardo con cui ho condiviso molte scene ed è stato un onore. Con il tempo, ho scoperto questa famiglia di persone un po’ pazze che oggi amo follemente, più della mia famiglia. Davvero, è stata un’incredibile avventura umana”.
L’altro volto straniero del film appartiene a Claire Romain, che Simone Godano scopre grazie all’intervento del produttore Matteo Rovere, che gli consiglia di dare un’occhiata ai provini della serie Tv Supersex. L’attrice francese, per quel progetto lì la parte non la ottiene, ma conquista all’istante il regista di Sei Fratelli. Per lei, la sfida più grande è stata “recitare in italiano, era la prima volta. Ho vissuto otto anni in Spagna, quindi la tendenza era di rileggere l’italiano con un’inflessione spagnoleggiante e non andava per niente bene. Ho lavorato duro con la mia bravissima insegnante e devo ringraziare tutti per la gentilezza nei miei confronti. Soprattutto di fronte al mio italiano zoppicante”.
Difficile essere un figlio o una figlia, difficile anche essere un padre perché, come spiega Gioele Dix, “occorre trovare la chiave giusta per essere presenti e non incombenti. Oggi è in crisi la figura del padre autorevole, non autoritario, intendiamoci; quello che evita di essere un amico dei figli. Le relazioni giovani sono avvantaggiate, perché con i figli piccoli impari dagli errori che hai commesso con i grandi e sai come fare ad aprirti di più e trovi la strada giusta”. Chiude l’incontro stampa Linda Caridi, che in Sei Fratelli è la moglie in crisi di Riccardo Scamarcio, parente acquisita e osservatrice non così distaccata dei turbolenti equilibri della famiglia. “Per la sorpresa che ho avuto vedendo il film, essendo spettatrice anche sulla scena, ho capito che Simone e Luca (Infascelli, ndr) hanno creato una struttura invisibile di cui noi attori eravamo inconsapevoli. Il risultato finale è più della somma di queste cose. La cifra del mio personaggio è quella della disillusione e della stanchezza: moglie di un marito insoddisfatto e tutto preso dalla carriera, si trascina nell’inerzia. Lei ha perso qualcosa allontanandosi dal personaggio interpretato da Gabriel Montesi e lo ritrova aprendo una crepa, chissà come ne uscirà. È anche un po’ la mano di Manfredi, qui, a intervenire”.