Les Misérables: recensione del capolavoro di Tom Hooper
Les Misérables, per la regia di Tom Hooper (Il discorso del Re, The Danish Girl) è la trasposizione cinematografica del celebre musical tratto dall’omonimo romanzo di Victor Hugo.
Ambientato nella Parigi post Restaurazione, Les Misérables racconta le vicende interconnesse di vari personaggi, che vivono le proprie esistenze sullo sfondo della miseria intesa in senso lato, come situazione economica ma anche come condizione intrinseca dell’essere umano, costantemente costretto ad affrontare insidie ed ingiustizie per sopravvivere, mettendo il proprio destino nella mani di un Dio la cui giustizia spesso risulta discordante rispetto a quella intesa dalla legge.
La storia ha inizio nel 1815. Il prigioniero 24601, che risponde al nome di Jean Valjean (Hugh Jackman), viene rilasciato dal carcere di Tolone dopo 19 anni di prigionia, scontati per il furto di un tozzo di pane (rubato per salvare dalla morte il nipotino) ed aver tentato poi la fuga. A consegnare l’uomo alla libertà, la rigida guardia carceraria Javert (Russell Crowe), un uomo che vede nel rispetto della legge l’unica forma di redenzione ed il cui principale scopo nella vita e rendere onore alla propria divisa.
Jean Valjean viene rilasciato sotto cauzione, a causa della presunta pericolosità sociale corredata da un documento che ne provoca l’immediata emarginazione e la conseguente impossibilità di riprendere una vita onesta e normale. Giunto stremato presso un convento, qui trova l’ospitalità del Vescovo Myriel (Colm Wilkinson) ma l’ex carcerato commette l’errore di cedere alla tentazione di rubare l’argenteria e fuggire.
Dopo essere stato colto in flagrante dalle guardie, il vescovo – forse intuendo la disperazione nel gesto dell’uomo – decide di risparmiargli il ritorno in carcere fingendo di avergli donato lui stesso la refurtiva ed esortandolo a sfruttare il vantaggio ricostruendo se stesso a partire dall’onestà.
L’azione misericordiosa del vescovo – che sorprendentemente considera Jean Valjean meritevole di un gesto umano pur avendo infranto la legge – è la molla che fa scattare nell’uomo il desiderio di cambiare, recuperando fiducia nelle persone e divenendo un uomo nuovo, votato al prossimo.
Assunta la nuova identità di Signor Madeleine, Jean Valjean diviene sindaco e proprietario di una fabbrica a Montreal-sur-Mer; qui ritrova l’autorità di Javert (ormai sottomessa alla propria) e conosce Fantine (Anne Hathaway), una delle sue operaie licenziata dal caporeparto col pretesto di essere ragazza madre di una bambina ma, in realtà, perché poco incline alle viscide avances dell’uomo.
La povera Fantine si trova così a doversi prostituire per continuare a garantire alla propria piccola le cure che gli spietati locandieri Thénardiere (Sacha Baron Cohen ed Helena Bonham Carter) le prestano, mentre Valjean/Madelaine viene distratto da un nuovo dilemma morale: far carcerare il suo sosia o salvare un innocente rivelando la propria identità a costo di perdere tutto, libertà compresa?
Les Misérables: miseria, (in)giustizia e misericordia sullo sfondo dell’unico mezzo possibile per risolvere i dilemmi morali e materiali della vita: conservare la propria umanità
Les Misérables eleva il concetto di giustizia al di sopra di ogni sovrastruttura creata dall’uomo, che sia legge o religione. L’unico modo possibile per destreggiarsi tra le insidie dell’esistere è esercitare l’umanità, a costo di vedersi negati diritti inalienabili come la libertà o l’amore.
Jean Valjean decide di costituirsi ma non prima di aver saldato il proprio debito con Fantine, ridotta in fin di vita a causa del suo mancato intervento quando fu cacciata ingiustamente dalla sua fabbrica: garantire alla figlioletta Cosette una vita libera e felice.
Arriva così il 1832 e Valjean vive a Parigi con Cosette (Amanda Seyfried), divenuta sua figlia adottiva e ignara del passato dell’uomo. Quando la ragazza si innamorerà del rivoluzionario Marius (Eddie Redmayne), Valjean combatterà ancora una volta per mantenere fede alle sue promesse, mentre Javert sarà costretto a mettere in discussione i principi su cui ha basato la sua intera esistenza affrontando una volta per tutte il senso più autentico della parola giustizia.
Tom Hooper ha confezionato una versione cinematografica epica e magnificente di un musical che non cercava certo di essere migliorato, semplicemente svincolandone l’azione dai limiti spaziali di un teatro.
Le prestazioni attoriali (e canore) dei protagonisti, tra cui è difficile trovare un migliore nonostante l’Oscar dovuto all’interpretazione eccezionalmente toccante di Anne Hathaway, si fondono perfettamente con una completa armonia di suono ed immagine, in un vortice di emozioni che accompagna lo spettatore verso il grande epilogo di un’opera indimenticabile.
Straordinario Russell Crowe nei panni dell’irreprensibile e poi combattuto Javert, non da meno il trasformista Hugh Jackman nei panni di Valjean, Les Miserablés è un puzzle perfetto in cui ognuno è al proprio posto e al massimo dell’espressione del proprio talento, un difficile equilibrio fra esternazione ed introspezione che lascia emergere tra le righe di una scrittura impeccabile il messaggio del capolavoro di Victor Hugo.
Amore e morte appaiono come le due facce di una stessa medaglia mentre l’occhio vigile di Dio veglia sulle decisioni piccole e allo stesso tempo giganti di anime smarrite alla disperata ricerca di una guida, che non può essere rintracciata in nessun altro luogo se non dentro se stessi e la propria coscienza.
Les Misérables ha conquistato tre Premi Oscar (Miglior attrice non protagonista, Miglior trucco e Miglior sonoro), tre Golden Globe tra cui quello per il Miglior Film e quattro BAFTA; fra gli altri membri del cast Aaron Tveit, Samantha Barks, Daniel Huttlestone.