Kinds of Kindness: recensione del film di Yorgos Lanthimos

Lanthimos compie più di qualche passo a ritroso, tornando ad un cinema laconico, definitivamente macabro, cupo ed esilarante, nella sua deriva più disperata e nera possibile. Una crudele parabola in tre segmenti, che nel bene o nel male abbraccia tutti e nessuno. Scordatevi Povere Creature! ricordatevi De André.

Gli uomini magri sono la cosa più ridicola che esista”, ha inizio con queste parole Tipi di gentilezza, Kinds of Kindness, titolo intraducibile oltreché curioso e nient’affatto derivativo, trattandosi della principale chiave di lettura del nono film da regista del greco Yorgos Lanthimos. Le vie, o meglio, i modelli della gentilezza si esprimono non più nel corso di tre atti, ma di tre segmenti, trattandosi di cinema antologico, qualcosa che non osservavamo da tempo e che riscopriamo nel film probabilmente più interessante, maturo e realista dell’autore di titoli quali The Lobster, Il sacrificio del cervo sacro e Povere Creature! e come quest’ultimo prodotto e distribuito da Searchlight Pictures.

Presentato in anteprima mondiale alla 77ª edizione del Festival di Cannes, Kinds of Kindness con sguardo sorprendentemente cinico, non più freddo e distaccato, bensì morbosamente aderente ai corpi e ai volti degli individui che racconta, pur sempre con fare divertito e inevitabilmente amaro e nerissimo, si muove tra tre segmenti narrativi di differente natura e dalla complessa categorizzazione di genere. C’è spazio per l’horror, il thriller, il dramma familiare e il grottesco, eppure sono ancora una volta definizioni generiche di una scrittura che tutto vuol essere, fuorché un’anima multiforme incasellata all’interno di un riconosciuto – e riconoscibile –, oltreché rigido contenitore di genere.

Kinds of Kindness: recensione del film di Yorgos Lanthimos

“Fa quel che ti dico e io t’amerò”: morte, sesso e spaventosa ingenuità

Per prima un’oscura e bizzarra organizzazione. Dona a quest’ultima la tua vita e qualcuno t’amerà. Non importa se fallirai i tuoi obiettivi, li ripeterai, ti farai del male e sarai ricompensato, tanto attraverso l’amore, quanto attraverso cimeli sportivi di inestimabile – oppure è tutta una bufala? – valore.  Poco dopo, la versione che ciascuno di noi ha sempre voluto vedere di The Astronaut’s Wife – La moglie dell’astronauta, quella realmente cupa, moralmente scorretta e giustamente delirante e sanguinosa che Rand Ravich non ha potuto raccontare, permettendo a Lanthimos di farlo. Si è divertito eccome, tra dita mozzate, foursome e sinistre dinamiche coniugali. Infine, ciò che potrebbe essere – o realmente è – di una congrega come Scientology, tra abbandono e negazione di una vita precedente e irrefrenabile fede morbosa nei confronti di un folle credo. Tom Cruise se presente, batti un colpo.

Sono sempre gli stessi interpreti, è sempre una questione di gentilezza, talvolta sottile, altrimenti dichiarata – quasi a favor di camera –, eppure la sensazione è quella di sedersi su una poltrona differente per tre volte di fila, spettatori di tre linguaggi estremamente distanti ed estranei tra loro, pur mantenendo tra questi un legame capace di “accomunarli” tutti, scegliendo però piuttosto abilmente di non forzarlo in nessun caso. Si alternano infatti surrealismo grottesco, parodistico e dramma orrorifico, destabilizzando ferocemente colui che osserva – noi -, che sballottolato da un segmento all’altro, si ritrova indeciso e impreparato, tanto di fronte alla risata liberatoria e dissacrante, quanto all’inosservabile componente macabra e sanguinosa, che accomuna ciascuno dei tre segmenti, trovando però maggior sfogo all’interno del secondo e terzo episodio.

Non c’è spazio per la retorica o che dir si voglia di Povere Creature! Lanthimos compie più di un passo a ritroso, tornando a quel pasoliniano e definitivamente crudele Il sacrificio del cervo sacro e ancor più a Dogtooth, ritrovando un cinema profondamente metaforico, nient’affatto verboso e sempre più dalle parti della spoglia, eppur densissima parabola fideistica. Perfettamente aderente ai corpi e ai volti dei suoi interpreti, dunque Emma Stone – ci ha preso gusto la Bella Baxter di Povere Creature! rispetto all’esplorazione della sessualità e degli oscuri dinamismi psicologici, dialoganti tanto con il corpo femminile, quanto con i codici della famiglia e dell’amore -, Willem Dafoe – funziona e spaventa il villain, meno il padre di famiglia -, Jesse Plemons – è il suo anno e finalmente lo sappiamo, qui in stato di grazia – e Margaret Qualley, l’interprete più probabilmente erotica e interessante del decennio.

Se a primo impatto questa deriva carnale, ferocemente sessuale e finalmente – è il caso di dirlo! – dichiaratamente horror del cinema di Lanthimos potrebbe sorprendere, è bene sottolineare che da Povere Creature! e ancor prima dalla deriva cupa e priva di speranza del già citato Il sacrificio del cervo sacro, qualcosa ci si poteva – e doveva – aspettare. Nell’orrore di Lanthimos, che in esso ha rintracciato la sua dimensione più riuscita e crudele, non c’è spazio però per i moderni dettami e topos del nuovo cinema, piuttosto torna il mito e così la sospensione nera e senza ritorno della fiaba, qui delirante in un vortice di lunga durata – 2h e 40 minuti – di morte, sesso e spaventosa ingenuità.

Kinds of Kindness: valutazione e conclusione

Considerato a torto da buona parte della critica presente sulla Croisette, come un film minore della filmografia di Lanthimos, Kinds of Kindness è in realtà il lungometraggio più riuscito, simbolico, realista, sentito e memorabile della carriera cinematografica dell’autore greco, sempre più destinato a segnare la storia del cinema. Lo ha fatto più volte, lo farà altrettante, con questo film certamente più di altre. Dopo Povere Creature! poi, il vero e proprio “film spaccatura”, capace di dividere in due riconoscibili e più che concrete fazioni, appartenenti tanto al pubblico generalista, quanto alla critica, Lanthimos convince, coinvolge e abbraccia tutti. Il suo nono è un lungometraggio semplice e complesso al tempo stesso, forte di uno sguardo inedito e inevitabilmente personale e riconoscibile sui concetti di fede, volontà ed ingenuità.

Le diverse sfumature di gentilezza passano qui per la crudeltà e Lanthimos pone a ciascuno di noi tre domande, così come tre sono gli episodi che compongono la corsa infernale, esilarante, adrenalinica e macabra di Kinds of Kindness: cosa saresti disposto a fare, se condotto all’estremo dai dettami di un’irrefrenabile fede o di un folle amore? Qual è il limite del male? E quale della gentilezza? Il film e così il suo autore non intendono rispondere – ed è un bene -, suscitando però inevitabili sensazioni e suggestioni allo spettatore, che attonito e divertito non può far altro che giungere alle sue risposte più sincere, carnali e per questo potenzialmente spaventose.

Chi l’avrebbe mai detto che Lanthimos sarebbe riuscito a realizzare il miglior adattamento cinematografico possibile, della splendida, disperatamente dolce e angosciante La ballata di un amore cieco di Fabrizio De André? Pochi, forse nessuno, eppure Kinds of Kindness è anche questo e che sorpresa.

Kinds of Kindness è in sala a partire da giovedì 6 giugno, distribuzione a cura di Searchlight Pictures Italia.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4.5
Sonoro - 4.5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4.5
Emozione - 4.5

4.5