Attenberg: recensione del film di Athina Rachel Tsangari

Un perfetto esempio di New Wave greca, una storia inusuale e tematiche agli antipodi.

Nello scorso decennio il cinema greco ha vissuto una vera e propria corrente dominata da film satirici, bizzarri o grotteschi. La New Wave greca ha proliferato, si è creata la sua nicchia nei festival internazionali ed è conosciuta specialmente grazie ai lavori di Athina Rachel Tsangari e Yorgos Lanthimos. I due, tra il 2005 e il 2010, hanno dato vita ad una prolifica quanto pregiata collaborazione, una collaborazione che in Attenberg trova un punto d’arrivo. Athina Tsangari, prolifera produttrice, sceneggiatrice e regista, compare tra i produttori di Kinetta, il primo film di Lanthimos, e di Dogtooth. In Attenberg, invece, il regista greco compare nella sua prima ed ultima interpretazione.

Attengerb ha raccolto un giudizio unanime da parte del pubblico e della critica e che è stato premiato alla 67esima edizione del Festival di Venezia con la coppa volpi alla protagonista Ariane Labed.
Sebbene con quattordici anni di ritardo, l’arrivo di Attenberg nelle nostre sale dal 13 giugno ha terribilmente senso vista l’uscita di Kinds of Kindness, l’ultimo film firmato da Lanthimos, nello stesso periodo.

La trama di Attenberg

Attenberg. Cinematographe.it

Attengerb è un film che abbraccia il bizzarro per parlare di sesso e relazioni, è una storia di formazione atipica che coinvolge personaggi al limite del grottesco. Marina (Ariane Labed) si trova in un momento difficile della sua vita: sta affrontando un lutto doloroso e questo la porta ad una totale repulsione per l’intero genere umano, un sentimento che provava già quando il padre era in vita. Introversa e solitaria, intraprende una relazione con Bella (Evangelia Randou) e uno “straniero” (Yorgos Lanthimos) con i quali instaura un rapporto che la porterà a scoprire se stessa e chi la circonda.

Un film di formazione brutale

Attenberg. Cinematographe.it

Quando la conosciamo, Marina ha dei tratti quasi infantili nel modo in cui si approccia e analizza il mondo, con una razionalità e visione buffa. Chiede, fa domande, non si limita e risposte superficiali, Marina è intenzionata a capire come funziona il mondo che la circonda, ma soprattutto a comprendere intimamente il motore delle relazioni sociali. Il rapporto con Bella, fin dalla prima sequenza, si basa proprio su questo e quando conosce “lo straniero” scopre un nuovo lato delle relazioni sentimentali, più istintivo e fisico.

La vita di Marina viene completamente stravolta quando scende a patti con la terribile consapevolezza che il padre sta morendo. Come dicevamo, Attenberg è un film di formazione che si focalizza sull’arco di trasformazione di Marina, una crescita che è forzata quanto brutale.

La regia di Tsangari

Attenberg. Cinematographe.it

Lo stile di Tsangari è audace e minimalista. La regista si concentra su composizioni simmetriche e inquadrature che danno ampio respiro ai personaggi. Uno stile visivo che invece di accompagnare la narrazione, di mettere sotto torchio i personaggi con primi piani e inquadrature strette decide di andare controcorrente, di lasciare che siano la sceneggiatura e gli eventi che colpiscono Marina costringendola ad uscire fuori dal suo bozzo di sicurezza il punto focale del film. È la crescita forzata della protagonista il punto focale del film, la differenza abissale tra una Marina i cui ragionamenti sono accompagnati da tratti fanciulleschi ad una donna adulta che ha affrontato un forte trauma è quel che cattura lo spettatore.

Attenberg: valutazione e conclusione

Attenberg è il perfetto esempio dello stile della New Wave greca che ha contagiato il cinema greco agli inizi del 2000. Una rappresentazione non convenzionale e a tratti provocatoria di una storia che miscela il comune con l’inusuale. Sebbene il cinema abbondi di racconti di formazione e di personaggi che sono obbligati a cambiare, ad adattarsi di fronte a situazioni difficili, Attenberg lo fa in modo nuovo con una protagonista che cresce e si scopre tramite la sessualità e la separazione da suo padre.

La regia di Tsangari abbonda di inquadrature statiche, di composizioni simmetriche e di movimenti ed evoluzioni affidati esclusivamente ai personaggi e alla storia. Il punto forte di Attenberg è il bilanciamento fra tematiche opposte che, però, trovano perfettamente il loro posto: si parla di alienazione, di pessimismo, di solitudine e Tsangari lo fa attraverso la scoperta della sessualità, dell’amore e sull’importanza delle relazioni umane, delle connessioni.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Recitazione - 3.5
Emozione - 3.5

3.7