L’amante dell’astronauta: recensione del film di Marco Berger

Abbiamo visto la commedia queer L'amante dell'astronauta, di Marco Berger, regista capace di guardare al mondo con estrema delicatezza.

“Quella roba del sembrare gay… Se fossi un astronauta non diresti che non lo sembro” solo con questa battuta possiamo comprendere alla perfezione il senso del film di Marco Berger, L’amante dell’astronauta che arriva in sala il 20 giugno 2024. Pedro (Javier Orán) e Maxi (Lautaro Bettoni) sono amici, si ritrovano dopo anni e riallacciano i rapporti. Dalla citazione del film, l’opera si dischiude e emerge chiaramente come L’amante dell’astronauta sia un racconto su un rapporto speciale, intenso e tenero che cresce e cambia di fronte agli occhi dello spettatore. Berger porta al cinema un’altra storia di delicato desiderio omoerotico, l’amore estivo, tema molto analizzato nel cinema e nella serialità, sia declinato come film d’amore o come romanzo di formazione.

L’amante dell’astronauta: Pedro e Maxi, due astronauti che si incontrano di nuovo, sono protagonisti di una commedia queer

Pedro, ragazzo apertamente gay e quasi trentenne, raggiunge degli amici argentini in una grande casa vicino al mare, lì ritrova Maxi, un vecchio amico che non sente da molto tempo, ma basta poco, il loro incontro riallaccia ogni filo slabbrato ed è sufficiente uno sguardo, uno scherzo, una battuta piccante per riempire tutti quegli anni in cui non si sono sentiti/parlati. Pedro e Maxi sono legati da un’amicizia sincera, libera, priva di paletti, giocano i due anche quando Maxi viene a sapere dell’orientamento sessuale di Pedro. Un rapporto spontaneo che travalica i confini, non sono più solo amici, iniziano a guardarsi con un occhio diverso. Prima fingono di essere una coppia per far ingelosire l’ex fidanzata di Maxi e poi sarà impossibile tacere, il loro legame si farà sempre più confuso. L’amante dell’astronauta non ha paura di toccare le corde più profonde dell’animo umano, di raccontare con lentezza le sfumature di ciò che il corpo e il cuore sentono e tutto passa attraverso Pedro e Maxi.

Berger, un regista capace di guardare al mondo e ai sentimenti con delicatezza

Berger sa cosa vuole raccontare e come intende narrarlo e come gli autori lui fa sempre lo stesso film perché è questo ciò che gli interessa, cambiano i corpi, i soggetti ma a rimanere simile è ciò che pensano e provano. Si muove con passi delicati dentro e fuori i silenzi e le parole di relazioni che stanno per nascere/stanno nascendo, interni ed esterni, discorsi a due e sguardi rivolti a qualcuno che dorme. Il regista abita e fa abitare bene ogni cosa, orbitando attorno alla sessualità e all’amore di Pedro per Maxi, lo esplora da tante angolazioni. Non c’è solo il corpo che desidera timidamente ma ci sono anche parole che insinuanti prendono posto, metafore che solleticano, non è un caso che la metafora dell’astronauta e dell’immaginario che ruota intorno ad esso, sia fondamentale per il film tanto da dargli il titolo.

L’amante dell’astronauta ha dentro di sé limpidezza del gesto, esempio della semplicità, attenzione a ciò che si fa e ciò che si dice, leggerezza del tocco e dello sguardo, autenticità del racconto. Al centro c’è l’intimità che pone sullo stesso piano lo sguardo dello spettatore a quello dei personaggi. Berger lavora su due piani, da una parte abitando la dimensioni intima del rapporto tra i due, dall’altra quello con gli altri personaggi, che, a tratti, rivelano atteggiamenti diversi.

L’amante dell’astronauta: valutazione e conclusione

L’amante dell’astronauta è un film che si immerge in ciò che provano i protagonisti, si entra nelle pieghe dei loro sentimenti e dei loro pensieri, viene a galla il senso di perdizione e malinconia della vacanza e in qualche modo si è fuori dal tempo e dallo spazio. Pedro e Maxi sono abitanti di una sorta di testo unico nella cinematografia di Berger, in cui le singole storie dialogano alla luce del sole e, soprattutto, si crede all’idea che tutti, prima o poi, possano incontrarsi in qualche estate, la stagione che è “promessa e nostalgia” ed è inaccettabile che finisca, incrociando destini e possibilità al crocevia dei desideri più profondi. La commedia romantica queer si fa narrazione di ciò che è più difficile e sbagliato stigmatizzare, schematizzare, l’amore che segue da sempre e per sempre regole che sfuggono a chi vive con i paraocchi e costruzioni culturali derivanti dalla società e dalla tradizione. Berger costruisce una storia tra due ragazzi che si scoprono e scoprono al tempo stesso se stessi ed anche un racconto sull’omosessualità in Argentina. Alla volte è ancora difficile, ci sono insensati pregiudizi, diffidenze e dunque, quella che viene definita accettazione, appare ipocrita. I due protagonisti rappresentano bene questa condizione ancora complessa. 

Il film compie un viaggio nel rapporto tra i protagonisti, astronauti per citare il titolo, nel rapporto con loro stessi, tra silenzi e parole, dosate, divertite e profonde, in uno “spazio” profondo, intimo fatto di sentimenti e di tenerezze. 

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5
Recitazione - 3.5

3.4