Presunto innocente: recensione del legal drama con Jake Gyllenhaal

Presunto innocente è una serie TV piena e interessante, ma priva di anima e cuore.

Presunto Innocente, l’adattamento di David E. Kelley del romanzo di Scott Turow, disponibile su Apple TV+, cerca di portare una nuova prospettiva al celebre thriller legale. Jake Gyllenhaal interpreta Rusty Sabich, un procuratore accusato dell’omicidio della collega con cui aveva una relazione. La serie si sforza di esplorare la complessità del sistema giudiziario americano, ma alla fine si perde in un labirinto di cliché e ripetizioni.

Presunto Innocente; cinematographe.it

L’adattamento del 1990 di Alan J. Pakula, con Harrison Ford nel ruolo principale, riusciva a condensare efficacemente il materiale del romanzo in due ore di tensione e suspense. In contrasto, la versione di Kelley si estende su otto episodi, dei quali sette sono stati resi disponibili per la critica, ma sembra diluire l’intensità con ritmi lenti e sottotrame eccessivamente prolisse. Mentre il film originale riusciva a interrogarsi sulla capacità del sistema giudiziario di rivelare la verità, la serie TV si concentra principalmente su due domande: “Rusty ha ucciso la sua amante?” e “Se no, chi l’ha fatto?”.

Gyllenhaal offre una performance intensa come Rusty, ma la sua interpretazione rischia di diventare monotona a causa della sceneggiatura ripetitiva.
La sua rappresentazione di Rusty è molto diversa da quella di Ford; mentre Ford trasmetteva una calma contenuta che faceva dubitare dello stato emotivo del personaggio, Gyllenhaal si appoggia su esplosioni di emozioni che, seppur giustificate, mancano della stessa profondità psicologica.

Ruth Negga, che interpreta la moglie di Rusty, Barbara, offre una performance solida, cercando di dare spessore a un personaggio che nella versione originale del film era stato sottosviluppato. Tuttavia, la serie non riesce a sfruttare appieno il talento di Renate Reinsve nei panni di Carolyn Polhemus, la vittima. La sua presenza è relegata a flashback e scene di sesso, senza mai davvero esplorare il suo personaggio in modo significativo.

La scrittura di Kelley, nonostante la sua esperienza nei drammi legali, spesso cade nella trappola di dialoghi eccessivamente didattici. Frasi come “i processi spesso si riducono a narrazione – vince la versione migliore” vengono pronunciate senza una reale critica del sistema giudiziario, rendendo il tutto piuttosto superficiale. La serie sembra più interessata a mantenere alta la tensione attraverso colpi di scena episodici piuttosto che a sviluppare un’esplorazione più profonda e significativa delle tematiche legali e morali.

La produzione è di alto livello, con una fotografia elegante e una colonna sonora discreta che accompagna l’azione senza sovrastarla. La rappresentazione di Chicago come una città cupa e piovosa aggiunge all’atmosfera di claustrofobia e oppressione, rispecchiando lo stato emotivo di Rusty. Tuttavia, questa cura per i dettagli visivi non riesce a compensare le lacune narrative della serie.

Bill Camp, nel ruolo del procuratore Raymond Horgan, e Peter Sarsgaard, nei panni del vice procuratore Tommy Molto, offrono interpretazioni memorabili che aggiungono una dimensione in più alla serie. Camp, in particolare, riesce a rubare la scena con la sua presenza carismatica e il suo tono ironico. Tuttavia, anche le loro performance non sono sufficienti a salvare la serie dai suoi difetti strutturali.
Un elemento degno di nota è l’accento posto sulla responsabilità dello Stato di provare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. La serie sottolinea che la miglior difesa di Rusty non è scoprire il vero colpevole, ma ricordare alla giuria che non esistono prove concrete della sua colpevolezza. Questo approccio, però, è trattato in modo piuttosto superficiale, mancando l’opportunità di esplorare veramente le ambiguità e le imperfezioni del sistema giudiziario.

Presunto Innocente: valutazione e conclusione

Presunto Innocente; cinematographe.it

In conclusione, Presunto Innocente su Apple TV+ è un tentativo ambizioso ma in gran parte fallito di rivisitare un classico del genere thriller legale. Mentre offre momenti di intrattenimento e alcune interpretazioni degne di nota, la serie soffre di una scrittura ripetitiva e di una mancanza di profondità tematica. Per chi cerca un legal drama avvincente e ben costruito, la serie potrebbe risultare deludente, non riuscendo a raggiungere le vette del film originale o del romanzo da cui prende ispirazione.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

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