Alberto Sordi Secret: così Igor Righetti smaschera la vergogna del tax credit “chi non esce in sala restituisca i soldi pubblici”
Si è parlato di cast, di sale pet friendly e, ovviamente, del docufilm Alberto Sordi Secret, nelle sale dal 28 giugno 2024. Ma durante l’intervista con Igor Righetti, regista e autore del film (nonché cugino del noto attore), abbiamo avuto modo di parlare anche della spinosa questione del tax credit (ovvero, per dirla in parole povere, i contributi forniti dallo Stato a favore della produzione di opere audiovisive). Per la realizzazione di Alberto Sordi Secret, infatti, il regista ha attivato la macchina del product placement, finanziando il film anche grazie ad accordi con aziende private (tra cui Artemisia Lab, Pasta Armando, la Repubblica di San Marino, Gruppo Recchia). Una scelta che ha richiesto senza dubbio maggior dispendio di energia e che l’ha portato a uscire in sala in un periodo in cui si soffre la mancanza di novità made in Italy e che l’ha anche esposto a delle critiche da parte di un noto produttore, che per ovvie ragioni preferisce non citare: “mi ha definito un outsider”, ha spiegato, “era molto seccato del fatto che fossi uscito lo stesso, facendomi notare che il mio film è l’unico nuovo titolo italiano a essere nelle sale (lo si può vedere a 3.50 euro grazie all’iniziativa Cinema Revolution) e che loro non sono usciti per protesta”.
Dallo scorso novembre, infatti, quando lo Stato ha deciso di decurtare i fondi di ben 50 milioni di euro (attualmente quelli a disposizione dei richiedenti ammontano a 696 milioni), “i produttori si sono rifiutati di girare, pretendendo i fondi statali per non accollarsi totalmente il rischio di investire sulla cultura. Ora,” – continua a spiegare Igor Righetti – “io sono d’accordo su questo, ma è anche vero che ci sono stati sempre i soliti noti a prendere una valanga di soldi, spesso senza arrivare al cinema. C’è qualcosa che non funziona, quindi la normativa del tax credit va regolamentata! Ci devono essere delle regole ferree, secondo me se il film non esce nelle sale devono restituire il malloppo, perché quelli sono soldi pubblici. Se ti vengono dati dei fondi per supportare la produzione è giusto che, se poi non esci in sala, restituisci tutto ciò che ti è stato dato dallo Stato, invece ciò non avviene: queste sovvenzioni restano a chi le ha richieste nonostante tutto ed è una vergogna”.
Igor Righetti e i finanziamenti pubblici per il cinema: “servono regole ferree”
Quindi nessun finanziamento pubblico per realizzare il docufilm Alberto Sordi Secret?
“Non abbiamo usufruito di tax credit, quindi la collettività non ha pagato un centesimo per dare vita a questo progetto che, ricordo, è internazionale, visto che uscirà anche in lingua inglese e spagnola. È uscito in oltre 100 sale, tra cui i due circuiti Uci Cinemas e The Space Cinema (quasi ai livelli di un cinepanettone!) e chiaramente noi siamo usciti nelle sale, a differenza di quei 345 film su 459, sostenuti tra il 2022 e il 2023, proprio col tax credit, dal Ministero della Cultura. Ciò significa che tra il 2022/2023 solo 114 film sono usciti nelle sale secondo i dati del ministero, quindi dati ufficiali. Alla luce di ciò, credo che il governo abbia fatto bene a bloccare i fondi”.
I nostri bilanci, durante la conversazione telefonica, arrivano anche a sostenere l’ipotesi secondo la quale a essere aiutati dovrebbero essere soprattutto i produttori indipendenti e non le grandi produzioni, che oramai hanno tutti gli strumenti per finanziarsi in autonomia. “Le grandi case di produzione, perché devono avere 30/40 milioni di euro? S.C. ha avuto 28 milioni di euro per il suo film, ne ha incassati 242 mila euro; il film di M.C. ha ricevuto 700 mila euro di contributo pubblico e ha raccolto 29 spettatori in sala. 20 film hanno avuto meno di mille spettatori ciascuno, per un incasso medio di poco più di 2 mila euro, a fronte di un contributo pubblico di 11,5 milioni di euro.“
Per tirare le somme, quindi, secondo Igor Righetti occorrono delle regole più rigide, bisogna dare un freno a questi finanziamenti a pioggia. “Questi non sono produttori, ma parassiti“, dice senza peli sulla lingua, “perché si approfittano di cavilli e maglie larghe e di tutta una serie di situazioni, quando potrebbero benissimo usufruire delle sovvenzioni dei privati, proprio come ho fatto io. Che poi, se dobbiamo dirla tutta, spesso vengono utilizzati ma come plus rispetto ai finanziamenti pubblici. È chiaro che, quando entra in gioco il privato, il progetto deve funzionare, deve esserci una qualità alta e deve esserci visibilità. Va da sé che spesso non ci si può permettere di dare stipendi folli: ci sono registi che superano i 3 o 4 milioni di euro, attori che richiedono migliaia di euro, così come direttori della fotografia, sceneggiatori… insomma i prezzi lievitano a dismisura. Nel mio caso ho avuto la fortuna di avere attori del calibro di Fioretta Mari perché sono degli amici, altrimenti anche io avrei avuto bisogno di cifre pazzesche“.
Parole d’acciaio anche sull’iniziativa Cinema Revolution che, per quanto miri ad agevolare la presenza nelle sale scontando il prezzo del biglietto su titoli italiani ed europei, non riesce a offrire al pubblico la scelta che meriterebbe. Si finisce così sempre a guardare titoli stranieri, mentre l’iniziativa di cui sopra si avvia inevitabilmente verso un citofonato flop.