Inside Out 2 spiegato da una psicologa: tra gestione dell’ansia ed elogio della noia. Intervista a Virginia Avveduto

Come si gestisce un attacco di panico? Cosa sono le emozioni? Ciò che Inside Out 2 non dice ce lo spiega la psicologa Virginia Avveduto nella nostra intervista, tra cinema d'animazione e complessità della mente umana.

“Tutti sanno cos’è un’emozione fino a che non si chiede loro di definirla”. Inizia da questa citazione di Beverley Fehr e James Russell la nostra conversazione con Virginia Avveduto, psicologa e, chiaramente, appassionata di cinema; Inside Out è uno dei miei film d’animazione recenti preferiti, insieme ad Up, ma adoro anche Mulan e Il Re Leone, nonché film come The Truman Show, Il favoloso mondo di Amélie e Una giornata particolare“.

Specializzata in problematiche legate all’ansia, ai disturbi dell’umore, al lutto, alle difficoltà relazionali, ai disturbi di personalità e alle dipendenze comportamentali, Virginia Avveduto lavora anche nell’ambito delle disabilità intellettive e relazionali, promuovendo lo sviluppo delle autonomie e ricevendo giovani adulti, adulti e adolescenti presso il centro Performat Salute di Pisa (ma anche online!).
Un’infinita dolcezza e un sorriso che profuma di abbraccio ci raggiungono all’improvviso quando la chiamata si avvia e la webcam ce la mostra seduta alla scrivania del suo studio, pronta ad accogliere la nostra curiosità e a guidarci nei meandri affascinanti e complessi della nostra psiche. A spingerci a chiamarla in causa è la volontà di comprendere meglio quel mondo che la casa d’animazione Disney Pixar ci ha adagio svelato, attraverso personaggi ironici e sfavillanti, in Inside Out e Inside Out 2.

Cosa dobbiamo sapere sulle emozioni? La psicologa Virginia Avveduto risponde alle nostre domande su Inside Out 2!

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La dott.ssa Virginia Avveduto e una scena tratta da Inside Out 2

Gioia, Rabbia, Paura, Disgusto, Tristezza e poi Invidia, Noia, Ansia, Timidezza sono entrate nel nostro immaginario con fattezze e voci ben precise, eppure una domanda resta inevitabilmente sul fondo: cosa sono davvero le emozioni e come condizionano la nostra personalità?
La dottoressa Avveduto parte proprio dalla citazione che abbiamo posto in apertura per farci riflettere su quanto la difficoltà nel trovare una definizione condivisa unanimemente dalla comunità scientifica si traduca nella complessità tipica di uno stato emotivo. Più che di emozioni, infatti, “sarebbe più corretto parlare di ‘esperienza emotiva’, caratterizzata da un quadro complesso di reazioni dinanzi a uno stimolo esterno o interno”.
Qual è la differenza esattamente? “Per ‘emozione’ si intende un termine ombrello – ci spiega – “che racchiude diverse componenti quali la valutazione cognitiva, l’attivazione fisiologica, la tendenza all’azione e l’espressione motoria. Le emozioni, inoltre, possono essere considerate come un’importante forma di comunicazione sociale e svolgono delle fondamentali funzioni adattive”.

Quindi possiamo dire che il modo in cui Inside Out ci presenta le emozioni non è propriamente da manuale, giusto?
Abbozza un sorriso che lascia intendere quanto sia ostico far combaciare la spiegazione scientifica di una tematica del genere con la narrazione di film pensato soprattutto per i più piccoli. Poi con pazienza ci spiega il suo punto di vista: “Nel film le emozioni sembrano svolgere un controllo diretto nella formazione del ‘senso di sé’; di certo, svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo della personalità, ma non sono l’unico elemento coinvolto in tale processo. Quest’ultimo, infatti, è determinato da diversi fattori, quali, ad esempio, il temperamento che condiziona la risposta emotiva di ognuno, la quale, a sua volta, si intreccia con gli atteggiamenti e i messaggi provenienti dalle figure genitoriali”.

Procede poi, sempre con pacatezza e dolcezza, nel farci capire meglio ciò che intende, snocciolandoci un esempio: “Immaginiamo, pur se in modo molto semplificato, un bambino tendenzialmente timido che percepisce gli estranei come ‘minacciosi’, inibendo così il proprio comportamento e manifestando la risposta emotiva della paura. Se i genitori interagissero con lui in modo iperprotettivo, potrebbero rinforzare tale sua percezione del mondo, contribuendo così ad associare alle situazioni sociali delle reazioni emotive di tipo ansioso. Per tale motivo, in età adulta potrebbe sviluppare tratti di personalità legati all’introversione, alla tendenza all’isolamento e alle difficoltà relazionali“.
Ne deriva, dunque, che le esperienze di vita possono modellare le risposte emotive e comportamentali, le quali vanno ad aggiungersi a un complesso sistema di convinzioni su di sé, sul mondo e sugli altri, rappresentato tra l’altro in modo molto originale e creativo dagli autori della Pixar”.

Prima di continuare a parlare di Inside Out 2, una curiosità ci spinge a indagare sul modus operandi della dott.ssa Avveduto: sul tuo curriculum c’è scritto che il tuo modello di riferimento è l’Analisi Transazionale. In cosa consiste? “Esistono diversi modelli di riferimento in psicologia; quello che seguo nel mio lavoro di psicologa è proprio l’Analisi Transazionale: una teoria psicologica sviluppata dallo psichiatra Eric Berne negli anni ’50. Volendo usare parole semplici, potremmo dire che consiste in un modello della personalità ‘tripartito’, secondo il quale tre diverse strutture – Genitore, Adulto, Bambino – compongono la personalità di ognuno e sono costituite da diverse modalità di sentire, pensare e comportarsi”.

Inside Out 2 e la scena dell’attacco di panico: come affrontarlo nella vita reale

Parlando nel dettaglio di Inside Out 2 non possiamo non parlare con la psicologa Avveduto di una delle scene più iconiche del film d’animazione di Kelsey Mann, ovvero quella in cui la protagonista ha un attacco di panico: dentro la piccola Riley si scatena una vera e propria tempesta. In questa occasione la Disney Pixar sembra volerci fornire delle istruzioni semplici per gestire situazioni del genere, ma è davvero così facile? Cosa consigli d fare in questi casi?

“Ho trovato la scena riguardante l’attacco di panico molto potente e significativa. In particolare, sono emersi due messaggi molto importanti: il lasciare andare ciò che non possiamo controllare e l’autocompassione. Riguardo a quest’ultimo aspetto, il momento in cui le varie emozioni si stringono in un abbraccio attorno al senso di sé di Riley potrebbe essere inteso come l’espressione della gentilezza e del conforto verso sé stessi, fondamentali per riconnettersi con il proprio mondo interno. Ciò suggerisce l’importanza di trattarsi con cura e comprensione, anziché in modo critico e duro, durante i momenti di disagio emotivo così intenso.
Tuttavia, chiaramente il film non esplicita delle strategie specifiche di gestione dell’attacco di panico. Durante un episodio di questo tipo, risultano molto utili le tecniche di respirazione profonda e di rilassamento muscolare progressivo; inoltre, è importante restare ancorati al qui e ora, focalizzando l’attenzione su uno stimolo specifico dell’ambiente circostante che può trasmettere senso di calma e sicurezza. In questi casi è importante focalizzarsi anche su un dialogo interno supportivo e accogliente. Questi sono solo alcuni esempi. Tuttavia, è importante chiedere il sostegno di un professionista con il quale è possibile non solo imparare a gestire il singolo episodio, ma a prevenirne altri e a conoscere le eventuali problematiche sottostanti.

L’analisi della scena in questione, spalanca inevitabilmente la porta a una riflessione sulla società odierna, che negli ultimi decenni ha visto un significativo aumento di giovani e giovanissimi affetti da disturbi quali ansia e depressione. Secondo il parere della psicologa Virginia Avveduto, la salute mentale dei più giovani è legata ad altri fattori, presentandosi spesso “in concomitanza ad altre problematiche che sembrano l’espressione di una società complessa, caratterizzata da pressioni scolastiche, condizioni finanziarie precarie e incertezze legate alle ultime crisi globali, come i conflitti alle porte dell’Europa, la crisi climatica e la pandemia.
Tali aspetti si intrecciano con l’utilizzo intensivo dei social media e delle nuove tecnologie. In tal senso, vediamo i giovani sempre più connessi con il virtuale e sempre più disconnessi con l’ambiente circostante, con gli altri e con sé stessi. Ciò non fa altro che incrementare quel grande vuoto interiore che si associa alla difficoltà di definire un chiaro senso di sé”.

Cosa possiamo fare noi adulti per aiutarli? “È necessario che si crei una sinergia tra le diverse componenti della società,” – asserisce – “tra cui la famiglia, la scuola e la comunità nel suo complesso. Da tale rete può nascere un ambiente supportivo e di ascolto basato sull’accoglienza delle vulnerabilità e sull’incoraggiamento verso l’autonomia e l’autodeterminazione.
Evelyne Papaux, analista transazionale, ci ricorda che la vulnerabilità è un’esperienza emotiva ed è strettamente legata alla capacità di accettare che si può sbagliare senza che questo comprometta il proprio valore personale. Ma prima di accettare i propri errori, bisogna saper riconoscere, accogliere e ascoltare le proprie emozioni senza provare a reprimerle o ad evitarle.”

L’importanza della noia, tra le nuove emozioni di Inside Out 2

Da psicologa, se potessi far parte del team creativo della Pixar, su quale argomento punteresti maggiormente l’attenzione?
“Credo che gli autori si siano focalizzati su un argomento molto importante del nostro tempo. Già negli anni ’50, il poeta W.H. Auden intitolò un suo scritto ‘L’età dell’ansia’ proprio per indicare le incertezze e le inquietudini dell’era industriale. Tuttavia, sarebbe curioso approfondire altri aspetti importanti; uno fra questi potrebbe essere l’utilizzo delle nuove tecnologie (social media, realtà virtuale, intelligenza artificiale) tra i giovani, esplorando ciò che avviene nella mente dell’adolescente Riley quando interagisce con esse.
In particolare, potrebbe essere interessante focalizzarsi sulla noia, un’emozione correlata anche al senso di vuoto e all’utilizzo eccessivo degli smartphone. Infatti, una caratteristica peculiare della nostra epoca è la fuga dalla noia, e riguarda un po’ tutte le fasce d’età, in particolar modo i più giovani. Come per tutte le emozioni, anche la noia andrebbe accolta e non evitata. Tra l’altro, rappresenta una grande opportunità di crescita e sviluppo, stimolando diverse capacità quali, ad esempio, la creatività, l’auto-riflessione, la pianificazione e il problem-solving. Sperimentare la noia è importante e, come nel caso della canzone ‘La cumbia della noia’, può essere intesa come una pausa necessaria dall’incessante produttività, dalla quale può nascere anche una danza vivace e coinvolgente.”

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