Longlegs e l’inquietante marketing del film che “censura” Nicolas Cage
Il marketing per Longlegs ha generato più domande che risposte, ma è stato parte indispensabile del suo successo.
Sei mesi fa il primo teaser di Longlegs non ha mostrato nemmeno il nome del film. Sembrava quasi che con quel teaser non volessero nemmeno annunciare un film. Quel primo contatto ha previsto solo una terrificante telefonata al pronto soccorso riguardante una inquietante foto di famiglia, una scena del crimine appena visibile per pochi secondi e un messaggio in una lingua sconosciuta.
Mesi dopo, le tessere del domino sono cadute una dopo l’altra e hanno portato alla rivelazione del più grande successo di Neon. Il nuovo film di Oz Perkins ha raccolto circa 22 milioni di dollari e ha superato anche le più rosee aspettative del distributore. Un biglietto del cinema che gli spettatori hanno pagato con entusiasmo per, tra le altre cose, poter finalmente vedere Nicolas Cage nel ruolo del cattivo, cosa completamente omessa nel marketing del film.
Longlegs gioca con lo spettatore
Longlegs ha rivelato il suo titolo in un trailer più in linea con le aspettative del mercato ed è sembrato il meritato climax dopo a mesi di informazioni date col contagocce.
“Al giorno d’oggi i trailer e il marketing ci mostrano quasi tutto, quindi è bello vedere che Neon tende al mistero e ci mantiene in attesa”, si legge in un commento sotto al teaser su YouTube, perfetta sintesi della chiave del successo che sta avendo questa pellicola horror. In un’era in cui i contenuti cercano di catturare l’attenzione dello spettatore, in un’era della normalizzazione dei poster con “teste fluttuanti” per conoscere tutte le star che recitano nel film, è piacevole scoprire che il pubblico è interessato anche all’esatto contrario. Se vuoi vedere Nicolas Cage che fa il villain devi andare al cinema.
Quel primo e scioccante teaser di Longlegs è stato un lavoro agghiacciante, quasi indipendente dal film stesso. Abituati allo stile eccessivo e al ritmo matematico dei trailer moderni, c’è qualcosa che sembra “proibito” quando vediamo contenuti promozionali di questo tipo. Sporco, incompiuto, consapevole che ha molti segreti da rivelare e che sembra preso dagli angoli più remoti di Internet, invece che fabbricato con cura da uno studio. Trasformare il materiale di marketing in un puzzle e confidare che lo spettatore vorrà risolverlo è una mossa rischiosa, ma questo è stato uno dei rari casi in cui le stelle (e il lavoro intelligente dei creativi coinvolti) si sono allineate.