Anywhere Anytime: recensione del film da Venezia 81

La recensione dell’opera prima del regista iraniano Milad Tangshir, nelle sale dall’11 settembre 2024 dopo l’anteprima alla SIC di Venezia 81.

Si decide in un paio di settimane il destino di Anywhere Anytime, l’esordio nel lungometraggio di Milad Tangshir che prima dell’uscita nelle sale nostrane con Fandango prevista l’11 settembre 2024 è attesa da due importantissimi appuntamenti festivalieri. Appuntamenti, questi, che in caso di riscontri favorevoli potrebbero servire da trampolino di lancio e da biglietto da visita per il cammino futuro. Dopo l’anteprima mondiale alla 39esima Settimana Internazionale della Critica nel corso di Venezia 81, la pellicola del regista iraniano è infatti attesa oltreoceano pochi giorni dopo per prendere parte alla 49esima edizione del Toronto International Film Festival nella sezione Centrepiece. Del resto partire con il piede giusto è fondamentale per progetti come questi, che hanno bisogno del passaparola per fare strada e macinare km, gli stessi che si trova a percorre quotidianamente il protagonista in sella alla sua bicicletta. Il suo nome è Issa, un giovane immigrato clandestino di origini senegalesi che a Torino cerca di sopravvivere come può. Licenziato dal suo vecchio datore di lavoro, grazie a un amico inizia a fare il rider. Ma l’equilibrio appena conquistato crolla quando, durante una consegna, gli viene rubata la bicicletta appena comprata. Issa intraprende così un’odissea disperata per le strade della città, per ritrovare la sua bici.   

Anywhere Anytime esplora il senso di paura e l’ansia costante di chi vive ai margini, nelle crepe della società

Anywhere Anytime cinematographe.it

Letta la sinossi e ammirata sullo schermo tale odissea non può non riportare la mente, con le dedite distanze del caso ovviamente, a quella vissuta tempo addietro dall’Antonio Ricci di Ladri di biciclette. Paragone ardito, questo, ci rendiamo perfettamente conto, ma provando ad andare oltre in fondo quello che si trova ad affrontare il protagonista di Anywhere Anytime in coordinate spazio-temporali e con dinamiche narrative diverse non è poi così lontano dalla travagliata e drammatica esperienza di quello del capolavoro del 1948 firmato da Vittorio De Sica. Il messaggio pensandoci bene è pressoché lo stesso e ha resistito al passare inesorabile dei decenni, ossia che per molti, qualcosa di semplice come una bicicletta in questo caso, può garantire o distruggere la sopravvivenza di qualcuno, può fare la differenza tra il farcela o non farcela. Questo per sottolineare come le cose non siano cambiate, semmai sono mutate di forma ma non di contenuto e di ferocia. Ed è su questo che punta ed è da questo che parte la pellicola di Tangshir, scritta a sei mani con Giaime Alonge e Daniele Gaglianone. Anywhere Anytime esplora il senso di paura e l’ansia costante di chi, come il protagonista del film, vive ai margini, nelle crepe della società: una vita invisibile, una delle tante che ogni giorno incrociamo su un marciapiede o all’angolo di una strada.

Con Anywhere Anytime, Milad Tangshir sullo schermo un’opera dal forte realismo, che trasuda verità e attenzione nel trattare temi come l’immigrazione clandestina e le condizioni di lavoro dei rider

Anywhere Anytime cinematographe.it

Con Anywhere Anytime, il cineasta iraniano porta sullo schermo un’opera dal forte realismo, che trasuda verità e attenzione nel trattare al contempo temi come l’immigrazione clandestina e le condizioni di lavoro dei rider. Se sul secondo argomento chiamato in causa c’è ancora moltissimo da dire, poiché legato a dinamiche ancora in divenire dalle quali stanno emergendo via via criticità dovute a una mancanza di regolamentazioni che un’opera come questa può contribuire a portare ulteriormente alla luce, sul primo invece si sono spese parole e immagini a non finire, ma nella stragrande maggioranza dei casi con un approccio superficiale. Un tipo di approccio che per fortuna non è quello che ha guidato la fase di scrittura e di messa in quadro di Tangshir e dei suoi compagni di viaggio. Lo sguardo lucido, informato dei fatti, ancorato a una verità che resta tale al punto da non sembrare mai pilotata, manipolata o plasmata, quasi fosse un documentario di osservazione che pedina Issa nel suo quotidiano, permette al film di arrivare a toccare corde ed emozioni reali e non artefatte anche grazie alle performance attoriali, a cominciare da quella di grande naturalezza offerta da Ibrahima Sambou. Il tutto senza mai correre il rischio di strumentalizzare il dolore o sfruttare il tema e la condizione di vulnerabilità alla quale è soggetto il protagonista. Sta nella bravura dell’autore nel non scivolare nelle sabbie mobili del pietismo, nel non sottolineare solo e soltanto il dramma che c’è alla base della vicenda, regalando al fruitore di turno anche momenti di grande dolcezza e poesia (il dialogo con l’anziana o la passeggiata notturna in bicicletta).   

Anywhere Anytime: valutazione e conclusione

Anywhere Anytime cinematographe.it

Il regista iraniano Milad Tangshir firma un’opera prima fortemente ancorata alla realtà, che affronta tematiche universali e di strettissima attualità come l’immigrazione clandestina e le condizioni di lavoro dei rider. Anywhere Anytime è un film che fa della verità e della lucidità nell’approccio alla materia narrativa, umana e tematica il proprio punto di forza. Si tratta di una pellicola misurata che trova sempre la giusta distanza emozionale, alternando momenti drammatici ad altrettanti di grande delicatezza che permettono alla narrazione di raggiungere la temperatura perfetta. Il tutto senza cadere mai nel superficiale e nella strumentalizzazione del dolore. Sorretto da una regia sobria, funzionale e mai invasiva, quasi documentaristica nella suo rigore formale, il film di Tangshir è un piccolo colpo al cuore che merita occasioni visibilità.     

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8