Terminator Zero: recensione dell’anime Netflix

Terminator Zero è una nuova, gradevole aggiunta al franchise che non vede successo da un po'.

Il franchise di Terminator ha attraversato una serie di fasi turbolente nel corso degli anni, con alcuni capitoli che hanno segnato momenti iconici nella storia del cinema e altri che, purtroppo, hanno contribuito ad appannare l’eredità della saga. In questo contesto, Terminator Zero, la nuova serie anime prodotta da Netflix, rappresenta un tentativo coraggioso di riportare in auge un mondo narrativo che sembrava destinato all’oblio. Ma, nonostante gli evidenti sforzi e alcuni successi notevoli, la serie non riesce del tutto a spiccare il volo.

Terminator Zero: nuova linfa vitale per il franchise

Terminator Zero recensione; cinematographe.it

Dopo anni di alti e bassi, la saga di Terminator sembra aver trovato una nuova linfa vitale grazie a Terminator Zero, l’ultimo prodotto di Netflix che si discosta dai fallimenti recenti per offrire un’esperienza animata densa di azione e, soprattutto, di emozioni. Tuttavia, nonostante i suoi pregi, il film non riesce a spingersi oltre la superficie di questioni morali che avrebbero potuto renderlo un vero capolavoro.

La trama si snoda tra due linee temporali, il 1997 e il 2022, raccontando la storia di Eiko (Sonoya Mizuno), una combattente della resistenza che cerca disperatamente di trovare Malcolm Lee (André Holland), l’unica speranza contro Skynet e la sua creazione, Kokoro, un’intelligenza artificiale dalle potenzialità devastanti, doppiata da un’eccezionale Rosario Dawson. Le dinamiche familiari di Lee, tormentato dal peso delle sue scelte e dalla paura di ciò che potrebbe scatenare, costituiscono il cuore emotivo della narrazione. Il personaggio di Malcolm Lee è forse il più interessante e complesso della serie. È un uomo tormentato, non solo dal peso delle sue responsabilità ma anche dal timore delle conseguenze delle sue creazioni. Kokoro, infatti, rappresenta una sorta di paradosso: se da una parte è vista come l’ultima possibilità per salvare l’umanità, dall’altra la sua esistenza solleva interrogativi inquietanti sulla capacità stessa degli esseri umani di meritare tale salvezza. Questa ambivalenza è al centro del conflitto morale che permea tutta la serie, anche se purtroppo non viene esplorata in modo così approfondito come si potrebbe desiderare.

Dal punto di vista tecnico, Terminator Zero è un prodotto di alta qualità. L’animazione è fluida e dettagliata, capace di catturare sia l’azione frenetica delle battaglie sia i momenti più intimi e riflessivi. L’ambientazione distopica è resa con grande cura, richiamando le atmosfere cupe e oppressive che hanno sempre caratterizzato il franchise. Particolarmente notevole è il design del Terminator, che pur rimanendo fedele ai modelli classici, introduce nuovi elementi di inquietudine, come l’innovativo arco-balestra integrato nel braccio del cyborg.

Nonostante il suo impianto visivo e l’ottima colonna sonora, firmata da Michelle Birsky e Kevin Henthorn, Terminator Zero si ferma un passo prima di entrare nel pantheon dei grandi film d’animazione. Le questioni filosofiche, come il valore della vita umana e il destino dell’umanità, sono affrontate in maniera superficiale, lasciando l’impressione che gli sceneggiatori abbiano avuto paura di osare troppo. Questo fa sì che il film, pur essendo solido e godibile, non riesca a raggiungere le vette che la sua premessa avrebbe potuto promettere.

Terminator Zero: valutazione e conclusione

terminator zero Netflix - cinematographe.it

Terminator Zero è un’operazione riuscita a metà. Se da un lato restituisce dignità al franchise dopo anni di delusioni, dall’altro si limita a seguire strade già battute, senza il coraggio di esplorare a fondo le tematiche che solleva. Un film che piacerà agli appassionati della saga e agli amanti dell’animazione cyberpunk, ma che lascia un po’ di amaro in bocca per ciò che avrebbe potuto essere.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3

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