I 5 film migliori di Steven Spielberg
Un viaggio alla scoperta del miglior cinema di Steven Spielberg
Vero e proprio gigante del cinema hollywoodiano, una sorta di Re Mida della produzione cinematografica americana, Steven Spielberg è certamente tra i nomi più celebri ed influenti del panorama cinematografico mondiale. Ma all’interno di una sfilza di pellicole di successo dirette, molte quelle amate dal grande pubblico (e spesso anche da molta critica), andiamo a vedere quali sono quelli che possiamo evidenziare come i suoi 5 film migliori e più rappresentativi.
Steven Spielberg, il Re Mida di Hollywood
Il Re Mida del cinema, poiché la maggior parte delle sue pellicole, dirette o prodotte che siano, raggiunge sempre grandi traguardi ai botteghini, Steven Spielberg è uno dei più grandi “intrattenitori” della Storia del Cinema, probabilmente il più grande regista commerciale generato dai tempi della New Hollywood.
Esordisce con un innovativo e serratissimo thriller on the road nel 1971, quel Duel, realizzato per la Tv, divenuto nel tempo un cult, in cui un misterioso camion minaccia un automobilista per chilometri e chilometri. Tra i suoi grandi successi che in larga parte hanno segnato l’iconografia del cinema americano troviamo E.T. – L’extraterrestre (1982), la saga di Indiana Jones (avviata nel 1981, con I Predatori dell’arca perduta), Lo Squalo (1975), Jurassic Park (1993), Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), Salvate il soldato Ryan (1998) e diversi drammi storici che hanno conquistato le platee e la critica, come Schindler’s list (1993), Amistad (1997), Lincoln (2012), giusto per citare una parte della sua prolifica filmografia. Ma quali sono quelli che possiamo considerare, in questo sconfinato e variegato portfolio di titoli, come i 5 migliori film di Steven Spielberg? Non sarà semplice eseguire una mappatura essenziale di una ipotetica Top 5 del regista di Cincinnati, ma anche per questo sarà più interessante e divertente sviscerare il meglio del meglio di questo grande regista. E lo faremo in ordine cronologico.
1. Lo squalo (1975) di Steven Spielberg, tra i film suoi film più famosi
Lo Squalo è senza dubbio uno dei titoli iconici nella filmografia di Steven Spielberg, ma lo è in modo esemplare anche per l’industria del cinema americano, rappresentando in tutto e per tutto la nascita del cinema blockbuster. Il successo di questa brillante pellicole “animal thriller”, che prendeva in prestito il mito della “caccia al mostro” nei mari dalla storia letteraria della balena Moby Dick, è dovuto ad una massiccia campagna di marketing (tra le più rivoluzionarie della storia) ed all’ingegnosa regia di Spielberg, alle musiche essenziali ed ansiogene di John Williams ed alla creazione meccanica del grosso squalo. Uno dei più grandi successi del cinema americano del secolo scorso, dunque, che segnò la consacrazione del regista come “uomo dagli incassi d’oro”, oltre che un bellissimo thriller che di lì in avanti genererà un vasto filone su pericoli marini e animali assassini.
2. Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) tra i film più popolari di Steven Spielberg
Uno dei film di fantascienza più innovativi del cinema moderno, questo titolo scritto e diretto da Steven Spielberg, è la appassionante storia di una pacifica invasione aliena, vista dagli occhi di “una persona semplice”, ovvero un comune ricercatore che s’imbatte in un evento straordinario. Grazie al grande successo ottenuto con Lo Squalo, Spielberg ebbe modo di realizzare con ampio margine creativo una “creatura” fantascientifica e umanista di grande respiro e dall’azione misurata, avvalendosi anche della partecipazione straordinaria, in veste di attore, del regista francese Francois Truffaut.
3. Schindler’s list (1993) tra i film migliori di Steven Spielberg
Uno dei film più amati dal grande pubblico, nella filmografia di Steven Spielberg, indubbiamente anche per la portata del tema di interesse universale, ovvero l’Olocausto, è il crudo ed elegante Schindler’s list, la storia (leggermente romanzata ed edulcorata) dell’imprenditore tedesco Oskar Schindler (interpretato da un indimenticabile Liam Neeson) che durante l’occupazione nazista riuscì ad evitare a circa 900 ebrei di finire nei campi di sterminio, mettendoli al sicuro nella sua fabbrica. Il film è, più che un accurato biopic, un magnifico ritratto sociale di quel periodo cupo e terrificante, fotografato in un bianco e nero elegante e carico di pathos. Oltre al grande successo internazionale, questa ricostruzione di una tragedia storica e di uno spaccato umano, ottenne anche i più ampi riconoscimenti di critica, mettendo forse per la prima volta tutti d’accordo sulle capacità del suo regista di non essere soltanto un grande intrattenitore.
4. Salvate il soldato Ryan (1998) tra i film migliori di Steven Spielberg
Uno dei film che meglio potremmo usare come “lezione di regia” è il war movie che Steven Spielberg diresse nel 1998, raccontando lo sbarco in Normandia durante la seconda guerra mondiale. La sequenza intera dell’approdo della flotta sulle coste, sotto il fuoco nemico tedesco è un vero e proprio pezzo di bravura di immersione e narrazione di un contesto pericoloso, infernale, stordente. Sugli effettivi meriti teorici, politici, storiografici della pellicola si potrebbe stare a discutere, ma Salvate il soldato Ryan è uno dei più grandi film di guerra, per come racconta il campo di battaglia, mai fatti.
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5. Munich (2005)
Monaco di Baviera, 1972. Durante i giochi olimpici, un gruppo terrorista palestinese, prende in ostaggio 11 atleti israeliani. La situazione sfocia in tragedia.
Ma il governo israeliano istituisce una squadra speciale, con l’ “operazione ira di Dio” per eliminare i mandatari dell’eccidio. A capo della missione è messo un ufficiale dell’esercito israelita, “rifugiato” negli States, che si pone interrogativi morali nel corso dell’operazione.
Un film serrato ed elegante, violento quando occorre, pur senza eccessive spettacolarizzazioni di sorta, ma che costruisce magnificamente le “sequenze di grande dinamismo”, muovendosi (dopo un magnifico prologo) tra racconto attuale (cioè il ’72) e flashback del passato che compongono i tasselli della memoria e quindi della ricostruzione (psicologica del personaggio principale e documentaristica dei fatti terroristici).
Riadattato in sceneggiatura dal premio Pulitzer Tony Kushner, partendo da un romanzo-inchiesta “Vendetta” scritto da un giornalista, è forse, il film più “politico” di Steven Spielberg, quello che con Schindler’s List fa più duramente i conti con la Storia e, come nel caso del precedente, torna a parlare di ebrei e di conflitti contro il proprio popolo, di tormenti sociopolitici e di figuri che si muovono sul labile confine del bene e del male, senza porre l’accento su dei veri e propri buoni e dei veri e propri cattivi. Anzi, muovendo il filo delle vicende proprio sulla dicotomia.
Memorabile, in tal senso, l’esecuzione di una donna coi silenziatori (da parte dei “buoni”), lasciata nuda senza dignità, dopo la morte.
Viene fuori il racconto di un singolo (un ottimo Eric Bana) nelle maglie di un sistema che lo imbriglia, lo fagocita e lo risputa, come un circuito ineluttabile dal quale non può sottrarsi e non ne può essere eroe.
In oltre due ore e mezzo di racconto, Munich riesce ad essere una torbida spy story internazionale (muovendosi tra diverse città) ed una ricostruzione storico-sociale, dall’andamento glaciale (come la livida fotografia di Janusz Kaminski sottolinea) e al contempo appassionante, pur magari meno semplice del previsto nel suo dipanarsi e nelle sue vicende che costituiscono la trama.