Per un pugno di dollari: 5 modi in cui l’Italia ha insegnato a raccontare il Far West agli americani

60 anni fa usciva al cinema il film - preludio di tutta l’epopea cinematografica dello Spaghetti Western. 5 motivi validi che sostengono questa tesi.

“Quando l’uomo con la pistola incontra l’uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto.” Questa battuta lapidaria tratta da Per un pugno di dollari, unica e, soprattutto, con la caratteristica di risultare una sinossi perfetta di tutto quello che il mondo del West americano di metà ‘800 avrebbe potuto raccontare con una semplice frase di un film; questa espressione è l’emblema, il caposaldo, la partenza (classificatela come più vi piace) di uno stile cinematografico che a noi italiani è piaciuto fin da subito e per buona parte di tutto il secolo scorso: lo Spaghetti Western. 

Per un pugno di dollari di Sergio Leone torna al cinema per festeggiare i suoi 60 anni, portati benissimo, e per ricordare al mondo intero che l’Italia era, e resta sempre, un riferimento in qualsiasi arte o forma espressiva che la civiltà umana possa creare. 
Partiamo dal principio. John Ford, a fine anni ’30, aveva la visione del West classico che conosciamo tutti e che proponeva lo scontro tra i cow boy e gli indiani e, per anni, il format delle pellicole sul Far West è stato quello fino al declino inevitabile per mancanza di innovazione, anche se John Wayne tirava avanti tutto il carro da solo e ancora oggi i suoi film sono l’essenza di questa mitica epopea americana. Questo agli americani non bastava più anche se il Far West era stato ben studiato per creare profitto già dal secolo precedente. 

Basti pensare che il brand FAR WEST, mentre gli americani lo stavano ancora vivendo, è stato studiato e venduto come un prodotto commerciale al pari delle scarpe o dei vestiti. 
Per intenderci è come se l’Italia avesse venduto l’idea di uno spettacolo sul Risorgimento con Mazzini, Garibaldi e le cinque giornate di Milano ai popoli del Sud America o in Cina mentre si firmava la nostra indipendenza.
Buffalo Bill a fine ‘800 girava l’Europa con bufali, indiani e cavalli per intrattenere e lucrare su questo tipo di atmosfera e di avventura che ha immediatamente affascinato il mondo e anche l’Italia.  Lo Show di Buffalo Bill – WILD WEST SHOW-, infatti, è andato in scena a Roma, Genova, Trieste e in altre città ed è sbarcato nella nostra nazione, a forma di stivale, nel 1890 riscuotendo immediato successo. 

Una chicca è che a Roma, proprio durante questo show, i Cow Boys di Buffalo Bill persero una sfida contro i Butteri Laziali capitanati da Augusto Imperiali e già, da questo segnale, si poteva intuire che l’Italia avrebbe potuto fare la differenza nel raccontare anche il West Americano. 

Per un pugno di dollari: così Sergio Leone ha salvato il genere western

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Ecco quindi alcuni motivi per i quali Per un Pugno di dollari è la prova inconfutabile che Sergio Leone abbia salvato il genere cinematografico ad inizio anni ’60, rendendolo prolifico per i successivi tre decenni. Il regista ha creato un punto di vista narrativo innovativo e magnificamente moderno che esclude l’idea di reboot anche mezzo secolo dopo (anche se pare che ci vogliano provare) e, infine, ha mostrato agli americani una parte della loro storia che loro non vedevano o che non avrebbero saputo raccontare perché pilotati da un sistema che doveva comunicare al mondo che gli Indiani erano i cattivi e i Cow Boys erano i bravi. Sistema che poi venne cambiato grazie ad altre pellicole come Soldato Blu, Un uomo chiamato cavallo e Piccolo grande uomo solo agli albori degli anni 70, ma questa è un’altra storia.   

1. La caratterizzazione dei personaggi nelle storie western è fondamentale

John Wayne e il suo personaggio di Cow Boy è sinonimo di eroe tutto d’un pezzo. In Per un pugno di Dollari invece il protagonista, un Clint Eastwood con lo sguardo vitreo, è un mercenario ed irresistibile scroccone che irrompe in una cittadina facendo esclusivamente i propri interessi. La storia poi che aiuta la famigliola è messa giusto per dare uno stacco netto agli altri personaggi che, nelle sparatorie, si divertono come dei matti a crivellare uomini a suon di mitragliatore. Ramon, interpretato da Gian Maria Volontè, è cinico e non prova alcun rimorso e muove come un burattinaio i suoi scagnozzi che, senza moralità, freddano avversari disarmati. Insomma, un capolavoro di caratterizzazione che ha gettato le basi per personaggi futuri. 

Le inquadrature. La telecamera è al servizio della storia in Per un pugno di dollari

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Dettagli, sguardi, movimenti lenti e sudore che cola sul viso. Polvere e decadenza di un mondo che sprizza povertà e sporcizia da tutti i pori. Non c’è ricerca nel movimento o costruzione di inquadrature complesse. La telecamera è semplicemente al servizio della storia perché la cosa importante è quella che sta succedendo ai protagonisti e non serve aggiungere altro. 
I cattivi parlano sul pavimento esterno in legno del saloon mentre Il buono è sotto di loro nell’intercapedine e, tutto, si vede in una unica inquadratura. Oppure il fucile spunta da dietro una tenda logora e malamente rammendata, per raccontare la vigliaccheria in una sola immagine. 

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3. Per un pugno di dollari: la colonna sonora del film diventa il marchio di fabbrica di un genere

Ennio Morricone e Alessandro Alessandroni. Il primo, Maestro indiscusso, crea una musica con percussioni incessanti, che rievocano la cavalcata, alternandole con fiati che nel silenzio raccontano la tensione meglio di 100 parole regalando al mondo intero la colonna sonora del West. Perché se si pensa al West si ha in testa l’immagine del cappello e del cinturone ma nelle orecchie si ha la musica di Morricone.  Il secondo, anche esso compositore, sfodera il fischio che rimane simbolo del genere ed è tramandato ed inserito nel tessuto sociale italiano pronto ad essere sfoderato per creare atmosfere west attorno ad un fuoco serale in campagna. 

4. Le location europee di Per un pugno di dollari, per far sognare un’America troppo lontana

Non c’erano sicuramente i soldi per volare in America e, dopo le riprese realizzate negli studi a Roma, la genialata fu quella di andare in Spagna, alle porte di Madrid, dove sole, terra arsa e polvere non mancavano.  La maestria di Sergio Leone ha fatto il resto e tutti abbiamo creduto che i fatti fossero realmente realizzati in America, invece a pochi chilometri c’era Il centro città della capitale spagnola. Tutto questo fece scoppiare la moda western e, tra Spagna e Sardegna, i paesini ricostruiti nel nulla a tema Far West furono per un bel periodo fonte di guadagno per i paesi limitrofi che fornivano location, comparse e stuntman alle svariate produzioni cinematografiche.

5. Eredità. Il genere western è morto?

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Per un pugno di dollari ha incassato, solo nel 1964/65 due miliardi di lire a fronte di un budget di circa 120 milioni e ha permesso la realizzazione della trilogia del dollaro che ha portato, secondo noi, al film Western per eccellenza: Il Buono, il brutto e il cattivo e a molti altri tra cui spiccano Trinità della coppia Bud Spencer e Terence Hill.  Decine di film Western hanno invaso il mercato nazionale, europeo e mondiale per molto tempo e hanno permesso la realizzazione dei capolavori americani, tenendo in vita il genere per anni, come Balla coi Lupi o come il nuovissimo Horizon che, anche se risulta essere un flop, è un capolavoro avvincente e meticoloso che racconta in modo dettagliato un’epopea che ha ancora molto da dire anche a noi italiani. Italiani che da ben 80 anni, non si sono mai stancati delle avventure ambientate nel Far West e dei suoi paesaggi e che ancora oggi, nelle edicole, continuano a mostrare questo affetto leggendo, a decine di migliaia, il fumetto Italiano per eccellenza: Tex Willer.  

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