Tutto chiede salvezza – stagione 2: 5 motivi per guardare la serie

Perché vedere Tutto chiede salvezza 2? Vi diamo alcuni motivi per guardare la seconda stagione della serie TV Netflix.

Ci sono delle storie che mettono in pace con tutto, anche con il lato più fragile e oscuro, quelle che non fanno sentire soli ma parte di qualcosa, succede questo con Tutto chiede salvezza. La serie, scritta da Francesco Bruni, Daniele Mencarelli e Daniela Gambaro, è una pomata per l’anima, un balsamo che lenisce ferite che ancora sanguinano, una lenta canzone che rasserena. Bruni, Mencarelli e Gambaro scrivono una serie necessaria, un racconto profondissimo e delicato di cui si sente il bisogno.

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1. La poesia e la delicatezza della nave dei matti che ci rimette in pace con noi stessi

“Sono piena d’assenza”

Tutto chiede salvezza è un racconto che rompe gli schemi precostituiti, va al di là degli steccati, entra in quelle stanze da cui solitamente si vorrebbe solo fuggire. Tutto chiede salvezza è poetico, delicato anche quando racconta crisi profonde. Daniele è il centro di tutto questo, uomo fragile e forte al tempo stesso, delicato come un giglio e disperato come una canzone d’amore struggente, è una rosa dei venti che dà la direzione al racconto. Lui è stato paziente, ha vissuto il senso di solitudine, di paura di chi entra in quel reparto e non sa quando uscire e in che modo e poi, nella seconda stagione, vi sta lavorando come infermiere tirocinante. Uno stato che potrebbe sembrare completamente diverso eppure, in realtà non è così. Si comprende questo da subito, dal primo momento, ci si riconosce tra simili e Matilde (Drusilla Foer) e Rachid (Samuel Di Napoli) glielo dicono senza mezzi termini, urlandoglielo addosso. Daniele qui dovrà compiere un viaggio ancora più difficile perché entra sempre più a contatto con la parte più delicata di sé.

Tutti siamo dentro quella nave dei matti su cui Mario (Andrea Pennacchi) ha condotto tutti i suoi amici e ha condotto anche lo spettatore. Una nave dei matti dove ci si occupa del disturbo mentale e della sua cura. La salvezza del titolo riguarda il bisogno di sentirsi liberi da ogni forma di costrizione mentale, in particolare dall’idea di perfezione, impossibile da realizzare nella vita. Daniele vorrebbe essere perfetto, vorrebbe non avere tutti quei buchi neri in cui si perde e si disperde, eppure sono proprio anche tali voragini a rendere unici e speciali. 

2. Gli interpreti di Tutto chiede salvezza 2 consegnano allo spettatore il lato più profondo e delicato di ogni essere umano

I personaggi di Tutto chiede salvezza sono fragili ma nello stesso tempo dimostrano di possedere una grande profondità d’animo, in loro ci sono la difficoltà di stare al mondo e il desiderio di sopravvivere. Il loro vagare, dentro e fuori di sé, in tutti i modi e in tutti i sensi, è l’unica risposta possibile di fronte alla profonda incapacità di comprendere la complessità dell’esistenza.

Per questo tutto ha bisogno di salvezza: recuperare bellezza nell’oscurità, rifare “amicizia” con la parte più fragile di noi, riconoscere gli altri come se stessi in un gioco di rispecchiamento reciproco. La salvezza di cui si parla è dunque la capacità di restituire umanità in un mondo disumanizzato, ritrovare l’autentica socialità in una realtà sempre più atomizzata. L’individuo si salva quando si riconosce nelle proprie fragilità, le accetta e fa di queste il suo più grande punto di forza, fanno questo i personaggi della serie interpretati alla meraviglia da un cast che dà corpo alla loro storia, al loro vissuto, alla loro psiche, spesso vacillante. 

Federico Cesari è un Daniele perfetto e, se possibile, in questa stagione è ancora più dentro al personaggio, è capace di mostrare con tutto il suo corpo il disagio di chi ha paura di non farcela, di chi si fa prendere da un’emotività che può diventare invalidante, di far trasparire sul volto tutto ciò che prova. Cesari accompagna lo spettatore per mano dentro il cuore in tempesta del suo Daniele e chi guarda è partecipe del maremoto che spesso lo agita. Come una cartina di tornasole, riporta ogni momento difficile e quindi appare più evidente che non è un camice a fare la differenza, siamo tutti estremamente umani e nessuno è scevro da vuoti, mancanze. Cesari al Giffoni Film Festival ha raccontato di essere partito proprio dalla sensazione fisica, quella della compressione toracica che viene quando hai un piccolo attacco di panico e qui tutto ciò appare fortissimo, la sentiamo anche noi quella sensazione.

Drusilla Foer, new entry nel cast, veste i panni della meravigliosa Matilde, un’ex diva molto fragile. Arriva in reparto perché aveva tentato il suicidio. Arrabbiata, disperata, Matilde continua a portare rancore verso tutto e tutti, è brutale spesso perché il dolore che ha dentro la scuote e la squassa. Foer dà una prova attoriale strepitosa, se solitamente siamo abituati a vederla garbata, signorile, mai fuori dalle righe, qui lei cammina sul confine tra buio e luce. Il personaggio da lei interpretato è tormentato, ringhioso, malinconico, ma anche con delle note di dolcezza. È un personaggio complesso e completo, che ha costretto l’attrice a riprendere tanti pezzetti da tante esperienze di vita di tanti amici, avuti e persi.

Il rapporto più complesso è proprio quello con Daniele, per lei il giovane rappresenta tutto ciò che lei non ha più e le ricorda il passato.  Matilde è uno specchio per Daniele che vede tutto ciò che lui cerca di sedare, silenziare. Lui prende pastiglie, cerca di “sembrare normale” ma poi se non si fa pace con quel lato più fragile non si riesce a contenerlo per molto. 

3. “Visto da vicino nessuno è normale”, la citazione di Franco Basaglia è un perfetto sottotitolo della serie di Francesco Bruni

“Si nasce tutti pazzi/Alcuni lo restano”

Tutto chiede salvezza trascina nell’abisso ma dà anche modo di poter analizzare zone d’ombra e di luce con adeguati strumenti per poi poterne uscire arricchiti e con maggior consapevolezza, è una serie difficile, che dà uno schiaffo in faccia e che mostra la grande fragilità di chi si disperde nei propri stessi pensieri. 

In questo modo la serie riesce a mostrare ciò che fa più paura, tutti i disturbi che spesso si nascondono, si cerca di non mostrare. La malattia mentale fa paura, respinge, è qualcosa che spesso fingiamo di non vedere, non vogliamo comprendere.

”Ma io non so’ infelice non si tratta de felicità, me sembra d’esse l’unico a rendese conto che semo tutti equilibristi, che da un momento a un altro uno smette de respira’ e l’infilano dentro ‘na bara, come niente fosse, che er tempo me sembra come n’insulto, a te, papà, e me ce incazzo. Ma io in certi momenti potrei accende le lampadine co’ tutta la felicità che c’ho dentro, veramente, nessuno sa che significa la felicità come lo so io.”; così Daniele aveva descritto ciò che provava e sentiva nella prima stagione, questo si evolve e modifica, è qualcosa con cui deve ancora convivere, con cui deve fare pace e curare con tutta la tenerezza possibile. Diventa qualcosa di ancora più difficile: “Io provo a crescere, a cambiare, ma non ci riesco, mi sento come un bambino, solo che adesso ho messo al mondo una figlia, e non me la merito e non sono all’altezza.” Ora Daniele deve essere più responsabile, lo sa, ha fatto un viaggio dentro di sé e dentro gli altri grazie a quei giorni vissuti nel reparto, il percorso però non è finito, anzi, non finirà mai forse. Daniele è padre, è infermiere, è amico, è figlio, non può dimenticarsi tutto questo, mai anche quando il dolore è quasi insopportabile, deve ricordarselo sempre che ha cose a cui pensare e non può permettersi di perdere tutto.

“Chi dà luce rischia il buio”

Quando Rachid e Matilde vogliono attaccare Daniele, lo pungolano proprio sul fatto che loro sono uguali. “Sei solo un poveraccio, tale e quale a noi, anzi peggio perché hai i nervi a pezzi”, dice Rachid, “sappi che ti vedo, sappi che ti vedo e so tutto di te. Cerchi di darti un tono di apparire normale ma tu ce l’hai dentro la bestia, tu hai l’anima nera” dice Matilde 

4. La scrittura potente di Tutto chiede salvezza 2

L’occhio di Bruni è tenero e spietatamente reale, anche quando il mondo “onirico”, i pensieri, i bisogni, bussano alla mente degli spiriti del reparto. Il regista accompagna il viaggio di Daniele, ma anche quello di tutti gli altri e perfino degli spettatori, ciascuno con il proprio travaglio. Le parole di Bruni, Mencarelli, Gambaro sono lame che affondano nelle carni di chi guarda, di chi conosce l’argomento e di chi non lo conosce, di chi, empaticamente, si mette nei panni di tutti i Daniele del mondo, di tutti i Madonnina, di tutte le Matilda che stanno cercando di accarezzare e calmare quel puntino oscuro che può diventare una voragine, che nella testa batte e pulsa fino a non far sentire nient’altro.

La scrittura è uno dei punti forti della serie che riesce a toccare una tematica complessa con delicatezza e rispetto, accarezza Daniele, Matilde e tutti gli altri, li abbraccia forte e li culla. Non si tira indietro, anzi, si accartoccia lì e si accoccola lì, tra le pieghe di un dolore e quelle di un altro strazio.

5. Tutto chiede salvezza 2 è il racconto di tutti gli esseri umani “così riempiti di amore e di odio”

Matilde: “Mettimi all’inferno Dottore”

Sì, Tutto chiede salvezza fa male, può fare paura, ma è anche profondamente bello, poetico e delicato. Mostra quanto non si possa scappare, ciò che si ha dentro richiama, interpella e riporta a galla tutto ciò che si nasconde nelle parti più profonde dell’essere umano. 

Matilde: “Scappa, ma come farai a scappare da te stesso?” 

Questo diventa un insegnamento totale e per tutti: siamo noi ciò da cui scappiamo e ciò a cui dobbiamo tornare. Matilde, Rachid, Madonnina e tutti gli altri sono gli angoli da cui e verso cui tutto si muove e spinge. Daniele li guarda con tenerezza – lava come un padre o un fratello Alessandro, ormai rimasto solo dopo la morte del padre, abbraccia con dolcezza Giorgio e Madonnina, fa la barba a Matilde perché lei non può usare rasoi essendo chiusa lì dentro – e anche mal sopportazione perché vede qualcosa di lui, ciò che lui conosce.

Daniele, lì dove l’Inferno esiste e ha libertà di movimento, imparerà ad essere e ad esistere con tutte le sue parti più complicate e fragili, sarà candido di fronte a chi invece nel gorgo ci naviga senza possibilità di aggrapparsi a niente o si aggrappa a troppe cose. Dopo questo viaggio nulla sarà come prima e lo spettatore assieme a lui compirà lo stesso percorso. 

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