Heartstopper – stagione 3: recensione della serie TV Netflix
Heartstopper è una storia poetica e delicata, profonda e complessa su due ragazzi che si amano e sulla comunità queer che gira loro intorno.
La terza stagione di Heartstopper, serie, creata e sceneggiata da Alice Oseman, adattamento Netflix dell’omonima graphic novel, composta anche per questa stagione da 8 episodi, arriva su Netflix il 3 ottobre 2024. Lo show è un’esplorazione compassionevole e gentile dell’identità, della salute mentale e delle prime esperienze sessuali, sembra più maturo in questa terza stagione, pur mantenendo la sua caratteristica dolcezza. Se la seconda stagione si concentrava sulle complessità del coming out, in particolare sul viaggio di Nick (Kit Connor) attraverso la comprensione della sua bisessualità, questa stagione, diretta da Andy Newbery, si concentra su Charlie (Joe Locke) e sul periodo difficile che sta vivendo ma indagherà anche la situazione dei suoi amici. Si trovano ciascuno in un momento delicato della propria vita: stanno crescendo, sono tante le scelte da compiere, le strade da imboccare.
Heartstopper 3: Charlie e il mostro che vive dentro di lui
Heartstopper racconta con sensibilità la lotta di Charlie con il disturbo alimentare – narrato fin dalla prima stagione – che qui si fa ancora più spietato. Per Charlie tutto si fa più complicato, un picnic con gli amici, qualcuno che gli offre le patatine a pranzo, una giornata in spiaggia in costume da bagno; per il ragazzo il suo corpo diventa una gabbia e uno schermo protettivo. Locke è sobrio e sfumato nel suo ritratto del dolore nascosto di Charlie e ad accompagnare la sua interpretazione ci sono le illustrazioni animate di Oseman che aiutano a trasmettere il panico, il dolore che lo prende, quella voce interiore che lo spinge a autodistruggersi. A seguirlo sempre con amore, rispetto, silenziosamente e anche con calde e tenere lacrime, in ogni momento, c’è Nick, supporto e sostegno per lui: è la sua ancora, il suo porto sicuro. Quando Charlie si sente perso corre da Nick, quando la sua casa gli sembra una prigione, piena di regole e imposizioni, fugge in quella del fidanzato.
Si racconta le complessità del prendersi cura di una persona amata che sta soffrendo di un disturbo alimentare. Connor è perfetto ed è capace di trasmettere i profondi sentimenti di Nick per Charlie ma anche la sua profonda paura di sbagliare tanto da spingerlo a chiedere aiuto a sua zia, Diane, che si occupa proprio di questo per comportarsi al meglio ed essere così al suo fianco.
Il racconto della fragilità, della paura
La serie mostra quanto sia difficile crescere, quanto sia complesso chiedere aiuto e di conseguenza rende evidente che non siamo soli, è normale sentirsi fragili, non è un dramma essere “fallibili”, “imperfetti”. Le guerre, piccole o grandi, sono personali ma si può e si deve anche affidarsi agli altri. Charlie ad esempio capisce che la sua famiglia c’è, è lì per lui, prima fra tutti sua sorella Tori (Jenny Walser). Ciascuno dei personaggi della serie è pronto ad esternare ciò che più lo fa soffrire o almeno, proverà a farlo, prima silenziosamente, poi in maniera sempre più evidente.
L’ansia, gli attacchi di panico, la disforia sono questione che vengono trattate, analizzate per capirsi meglio e per capire meglio l’altro. Si continua a dare ampio spazio ai personaggi secondari, il che ci consente di vedere la crescita del rapporto tra Elle (Yasmine Finney) e Tao (William Gao). Portando la loro relazione a un livello successivo, Elle porta in superficie questioni sepolte, il che dà voce a temi raramente discussi in televisione. Sulla stessa linea, scopriamo di più su Tori (Jenny Walser) e le sue vulnerabilità, mentre i viaggi di auto-scoperta di Darcy (Kizzy Edgell) e Imogen (Rhea Norwood) sono gestiti magnificamente. Ciò che emerge è l‘attenzione ai dettagli, la cura con cui si raccontano i legami di amicizia.
Hearstopper 3: desiderio e sessualità di una piccola comunità queer
Spesso è stata criticata Heartstopper perché fin troppo legata ai sentimenti e poco alla sfera sessuale, vivendo questo come un limite per la serie stessa, in questa terza stagione le cose cambiano. I giovani protagonisti parlano, si raccontano, portano al centro ciò che sentono e vivono. Questi episodi fanno capire che anche loro hanno desideri, provano passione, questo è possibile anche perché lo show ormai è uno spazio sicuro, non giudicante e senza pressioni. Loro sono insicuri, non si sentono all’altezza, si sfiorano per capire fino a che punto possono spingersi, e il tutto viene narrato con delicatezza e senza voyeurismo.
I personaggi cercano di capire in modo esitante i propri desideri e limiti sessuali. Charlie e Nick, Tao e Elle si lasciano andare a capofitto nei loro sentimenti e desideri in questa stagione cercando di capire se sono pronti per le prime esperienze sessuali. Tutti sono estremamente rispettosi quando si avvicinano agli altri, sono delicati e compresi, lo è Nick con Charlie e anche Tao con Elle, ciò perché questa è una generazione che conosce anche un altro tipo di linguaggio, conosce la dolcezza e il riguardo verso l’altro.
Heartstopper – stagione 3: valutazione e conclusione
La terza stagione di Heartstopper è diventata una serie più matura che è cresciuta come i suoi personaggi, pronta a analizzare tematiche che prima non era ancora in grado di trattare. La serie, con delicatezza, si avvicina sempre più a Nick, Charlie e a tutti gli altri, entra nelle loro camere per sentire ciò che si dicono, quello che sentono, ascoltando così i pensieri, le riflessioni di un gruppo di giovani queer. Heartstopper è una storia poetica e delicata, profonda e complessa su due ragazzi che si amano e sulla comunità queer che gira loro intorno, sulle fragilità umane, sulla paura di non essere all’altezza e sul bisogno di essere accettati e amati.
Gli otto episodi rappresentano un porto sicuro, un luogo in cui ci si sente protetti, la serie quando parla di disturbi alimentari, di disforia, di transfobia, lo fa con un tocco delicatissimo e rispettosissimo ma non superficiale.