Davide Santi e i Brotti: “Un gioco fatto di esperienza e professionalità”

Il progetto comprende un cortometraggio, un album musicale e uno spettacolo teatrale, ideati, scritti e composti assieme all'attrice Manuela Zero

La musica, il teatro, il cinema, il disco, lo spettacolo teatrale, il cortometraggio; ideato, scritto e composto da Davide Santi e Manuela Zero, Brotti! E non ridere che sei come loro! è un progetto che, calibrato sulla versatilità artistica dei suoi due creatori, va a coniugare tre differenti forme d’arte, facendole confluire in un unico racconto che, attraverso parole ed immagini, traduce in musica le storie di otto personaggi “storti, buffi, brutti e rotti”, storie di resilienza che guardano al dolore e al suo superamento, che testimoniano la risalita al seguito della caduta. Con Brotti, un mondo fantastico racconta la sofferenza e la meraviglia, racconta alcuni aspetti critici della società, filtrato da nessun tipo di pregiudizio, in una “girandola di vite meravigliosamente sfortunate“. Nata come disco, divenuta poi spettacolo e, infine, cortometraggio (prodotto dal giovane Amerigo Biadaioli), l’opera vede, come anticipato, la progettazione e realizzazione dei due amici e colleghi: l’attrice e il musicista messisi in gioco a 360 gradi.

Di seguito scopriamo le passioni, gli amori e i progetti di Davide Santi, regista, autore, fotografo e compositore diplomatosi in violino al Conservatorio di Milano e attivo, fin da subito, con numerosi concerti sia in Italia che all’estero. Egli vanta produzioni e tour con grandi artisti, come Ennio Morricone, Andrea Bocelli, Gianna Nannini e Zucchero, è stato condirettore artistico della rassegna di musica contemporanea Contrasti, presso il Museo Novecento di Firenze, e consulente musicale per l’inaugurazione del Bosco Verticale ed inoltre, da appassionato di fotografia, può dirsi autore di oltre 150 ritratti fotografici di musicisti.

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La musica, la fotografia e l’amore per il cinema classico

Davide Santi Brotti cinematographe.it

Ci racconti un po’ del tuo percorso artistico? Come e dove nasce? Come si sviluppa?
“Sono partito con il violino al conservatorio per eredità familiare: i miei nonni erano musicisti. Da lì ho iniziato a fare dei tour in orchestra e con gruppi pop, folk, jazz, all’interno di festival europei mentre, contemporaneamente, coltivavo la mia altra passione per la fotografia, passione nata verso i 16/18 e sviluppatasi soprattutto grazie a tutti questi continui viaggi, durante i quali portavo sempre con me la mia macchina. Ho poi iniziato a scattare foto anche per i musicisti e a fare video per amici, continuando a sviluppare l’idea di andare ad unire l’audio e il video, il suono e l’immagine. Da un lato c’è un frammento di tempo, quello fotografico, dall’altro ce n’è uno più esteso che è quello musicale, e i due pian piano si fondono l’un l’altro”.

Nello specifico la passione per il cinema da dove arriva? Come te ne sei innamorato?
“Probabilmente a causa della mia natura da musicista classico e della passione per la fotografia storica, ho una predilezione per il cinema classico. Gli amori veri sono nati con film storici come Il disprezzo di Godard, Il soprasso di Dino Risi e i film di Bergman; sono opere che ho bisogno di vedere e rivedere, come Blow up di Antonioni, che credo di aver visto almeno 6 volte. Sul fronte contemporaneo invece guardo, studio, mi piacciono alcuni progetti, ma con me non riescono mai ad avere quella stessa presa che potevano avere film come 8 1/2.; prendo come esempio Everything Everywhere All at Once, di cui non riesco ad innamorarmi ma che, dato il suo trattare del postumano come forma di linguaggio, credo possa diventare un classico del futuro, uno di cui io stesso tra cinquant’anni potrei innamorarmi. Ciò che parla del presente un po’ mi stufa, mi piace quel che riesce a portarmi all’interno di un mondo lontano nel tempo”.

I Brotti di Davide Santi e Manuela Zero

Brotti cinematographe.it

Date queste premesse; con il progetto Brotti ti sei sentito libero di esprimere il tuo modo di intendere l’arte?
“Sì, completamente. Anche lì il punto di partenza è stata la fotografia in movimento, quella che prende vita. Nel caso di Brotti non ho avuto dei riferimenti precisi, non saprei dire qual sia stata l’ispirazione, è nato tutto da una doppia necessità: quella di sottolineare quali sono le caratteristiche e le capacità di Manuela e quella di rendere fluida la presenza di tante personalità. Poi da una parte c’era un desiderio di avere una griglia molto stretta, così che gli elementi fossero pochissimi, dall’altra c’è stato un finale nato dall’improvvisazione e, nella sua realizzazione, c’è anche stato un interessante gioco di luce perché, dato che avevamo poco tempo e dovevamo seguire il movimento del sole, abbiamo fatto in modo che ogni personaggio avesse un suo colore”.

Questo progetto si sviluppa su forme d’arte differenti che prima confluiscono l’una nell’altra e poi prendono la loro strada. C’è una forma su cui ti senti più sicuro? La quale pensi potrà avere una maggior presa sul pubblico? O ritieni che la forza sia proprio nell’unicità di Brotti?
“Nella fase di creazione una parte ha dato forza all’altra; riguardo al corto, per esempio, aver già pronta la colonna sonora ci ha aiutati moltissimo. Possiamo dire che artisticamente si sia creata forza reciproca mentre, a livello di pubblico, ci sono sicuramente dimensione diverse: un corto non è uno spettacolo teatrale, né un album musicale. Faccio un po’ di fatica a prevedere quello che sarà, penso che il passaggio del corto sia importante anche per la maturazione dello spettacolo. Potrebbe essere quello il punto più forte: il contatto diretto con gli artisti”.

Tu pensi che Brotti possa avere un ulteriore sviluppo? Che possa diventare un lungometraggio o una serie?
“Sì, potrebbe assumere nuova veste, magari proprio come una serie, e in quel caso sarebbe sicuramente quello il punto di forza. D’altronde il disco ha supportato il corto, il corto ha aiutato il teatro e il teatro potrebbe essere l’anticamera della serie. Io già la vedo, perché i personaggi sono tanti, e con il tour dello spettacolo assumeranno ancora più forza”.

Come ti sei trovato a lavorare con Manuela?
“Benissimo. La parte più divertente è quella in cui si gioca, in cui si iniziano a vedere i personaggi, che è molto simile a quando io da piccolo giocavo con mio fratello. Fatta da adulti, quella è una fase di puro gioco che, per esperienza e professionalità, diventa rapidissima, precisa, come se all’improvviso l’automobile fosse diventata estremamente tecnologica.
Le nostre personalità poi sono molto diverse, come due elementi opposti che riescono a creare un ottimo dinamismo e, da un punto di vista creativo, è come se avessimo un background simile ma che corre su binari paralleli, e questo aiuta a colmare ogni aspetto, sia stilistico che tecnico”
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Hai altro per le mani in questo momento? E per il futuro che progetti hai?
“Spostandoci un po’ dal cinema, io dirigo una rassegna di musica classica a Palazzo Marino a Milano, da circa 13 anni, poi sono in tour con Samuele Bersani, collaboro con La Società dei Concerti di Milano – con la quale sto organizzando degli eventi assieme alla fabbrica del Duomo – e ho per le mani un libro fotografico su un grande artista. Un po’ tutto sparso insomma, ho questa identità un po’ frantumata che spazia tra tutte le mie passioni, alle quali non riesco a rinunciare. Mettendo insieme tutte le cose, razionalmente credo di essere destinato al teatro lirico, però è un viaggio che non riesco mai bene a decifrare”.

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