Valerio Piccolo racconta E si’ arrivata pure tu, canzone originale di Parthenope

E si' arrivata pure tu è il primo singolo di Senso, il nuovo album del musicista, fuori a partire dal 24 ottobre

La genesi di un brano, la sua fusione con il cinema, il significato di un testo, un ritorno a casa sia linguistico che metaforico; da noi intervistato qualche mese fa per approfondire tematiche legate alla sua carriera, al suo intrinseco legame con il cinema e allo speciale rapporto con Paolo Sorrentino, Valerio Piccolo è tornato ai nostri microfoni per raccontarci, nello specifico, il lavoro che ha portato alla realizzazione del singolo E si’ arrivata pure tu, dalla sua ideazione al successivo incontro con Parthenope, pellicola a cui il brano fa da canzone originale. Sorto artisticamente nel 2007, con l’uscita del suo primo album Manhattan Sessions, l’autore si è poi fatto conoscere in tutto il mondo per il suo lavoro come musicista e non solo; dagli inizio del 2000, infatti, Valerio Piccolo ha tradotto e adattato i dialoghi di oltre 350 film, tra cui alcuni capolavori come The Fablemans di Spielberg, Mulholland Drive di David Lynch e The Hateful Eight di Tarantino. Quest’anno arriva finalmente la consacrazione del suo lavoro, a metà tra il mondo musicale e quello cinematografico, grazie alla collaborazione con Sorrentino, con l’uscita dell’album Senso, del 24 ottobre, concomitante all’uscita in sala del film del regista premio Oscar, e grazie alla realizzazione della colonna sonora de Il Presente, primo cortometraggio diretto da Francesca Zanni -autrice dei videoclip di quasi tutti i brani del cantante, autore e musicista – presentato ad Alice nella Città, in occasione della 19ª edizione della Festa del Cinema di Roma.

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Valerio piccolo racconta ‘E si’ arrivata pure tu

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Come e quando è nata l’idea del brano E si arrivata pure tu? Com’è arrivato ed essere parte del film?
“È stato un incontro molto naturale. Io e Paolo già ci conoscevamo, lui conosceva la mia attività musicale e io ho avuto pronta ‘E si’ arrivata pure tu’ proprio nel momento in cui lui era in fase di montaggio di ‘Parthenope’. Dopo il primo ascolto credo che abbia subito visto il brano all’interno del suo film ed così è nato quello che, artisticamente parlando, definirei un bellissimo incastro; è come se la canzone fosse nata già sapendo che avrebbe fatto parte di qualcosa di più grande. Io credo che le mie canzoni debbano avere qualcosa di loro che prescinde da me, qualcosa che sia in grado di toccare corde che io, altrimenti, non saprei riconoscere; quando ciò accade, quando una canzone riesce ad esprime questa sua magia, essa traccia da sola la sua strada”.

Qual è il significato di E si’ arrivata pure tu? Tale significato come si lega a Parthenope?
“Questa canzone mi piace particolarmente perché può essere interpretata in maniera molto personale; è una canzone aperta, che parla di un ritorno a casa e per me, nello specifico, parla di un ritorno a casa in senso linguistico. Da sempre vivo tra lingue e paesi diversi ma, pur essendo di Caserta, non avevo mai toccato il napoletano prima. Vengo da una famiglia in cui il napoletano non si parlava e in cui si ascoltava tutt’altro tipo di musica, perciò, è come se quella parte sia stata omessa all’inizio della mia vita artistica.
‘E si’ arrivata pure tu’ è un ritorno a casa linguistico, un ritorno a casa metaforico che dice: «dopo tante lingue, dopo tanti paesi e tanti viaggi, si’ arrivata pure tu e mi hai svelato tutto quel che hai di magico, tutto quello che ho sempre sentito dire di te». È quindi un ritorno e, allo stesso tempo, una ripartenza e si lega a ‘Parthenope’ sia per il viaggio che affronta la protagonista sia, secondo me, per il continuo ritorno a Napoli di Paolo, che ha preso il brano e ci ha costruito attorno una scena che lo segue e lo rispetta molto”.

Hai parlato del brano come di un ritorno a casa; a tal proposito cosa ci puoi dire in generale del disco?
“È un discorso che vale per tutto il disco. Questo è il primo brano che ho scritto, quello che ha generato l’idea di partire con un nuovo progetto, dettandone tutta la linea. Non è un caso che ne sia risultato il più intimo dei dischi che ho realizzato, il primo in cui parlo veramente di me, della mia intimità; lo definisco un viaggio interiore, non più verso l’esterno ma verso l’interno. È come se ‘E si arrivata pure tu’ mi avesse detto «Adesso devi parlare di te»”.

Questo viaggio verso l’interno è stato unicamente positivo o ha nascosto delle insidie?
“È stato molto positivo. Questo è un disco che parla di tempo che si rallenta, che vuole fermare la frenesia e far chiudere gli occhi per vedere meglio, e tali sensazioni, tali riflessioni, mi appartengono molto, soprattutto in questo periodo. Io sono una persona che ha fatto un sacco di cose nella vita, anche molto diverse tra loro, sono uno che vuole vivere più vite in una sola, ma questo disco mi fa rallentare, mi fa guardare attorno. C’è una canzone in particolare che si chiede come sarebbe il mondo se dimezzassimo il tempo, a cosa rinunceremmo e a su cosa ci concentreremmo. Anche nel mio primo disco, del 2007, c’è una canzone che s’intitola ‘Tempo al tempo’”.

Anche con il videoclip avete voluto trasmettere queste sensazioni?
“Del video se n’è occupata Francesca Romana Zanni, mia regista da sempre che, tra l’altro, porta un suo cortometraggio ad Alice nella città in questi giorni. A lei lascio sempre carta bianca perché ritengo sia un genio in quello che fa e penso abbia avuto il mio stesso pensiero, con quella casa vuota che rappresenta il viaggio dentro sé stessi, il ritorno alla propria casa, con tutti i ricordi rappresentati. C’è stata perfetta simbiosi ma, ripeto, senza alcuna indicazione. Gli ultimi quattro video che lei ha girato per delle mie canzoni, ritengo siano tutti molto forti”.

Musica per il cinema

Ti piacerebbe lavorare ancora con Sorrentino o altri registi e comporre altri brani per il cinema?
“Possiamo dire che con questo autunno io stia facendo una dichiarazione molto evidente; vorrei fare questo passaggio, questa transizione tra due mondi che, in realtà, mi appartengono entrambi da sempre perché, come ho detto nella precedente intervista, da anni mi occupo di traduzioni per il doppiaggio. Voglio riuscire a fondere queste due realtà e sono molto contento di avere realizzato, oltre che la canzone per il film di Sorrentino, anche la colonna sonora del corto di Francesca. Ben venga quindi un altro progetto con Paolo e ben venga chiunque abbia voglia di sperimentare una nuova voce.
C’è poi da considerare che ho appena firmato con il gruppo Metatron, che ha anche Margherita Vicario, Dardust e tanti altri ed è un gruppo di publisher e discografici che ha chiare intenzioni sul cinema”.

Riusciresti a dire tre nomi di registi con cui ti piacerebbe collaborare in futuro?
“Un regista con cui mi piacerebbe tantissimo collaborare, che finora ha fatto poco di regia ma sta per fare uscire il suo secondo lungometraggio, è Viggo Mortensen; lui fa tutto nei suoi film, realizza persino le colonne sonore e suona. Ho avuto la fortuna di lavorare a questo suo ultimo progetto, ‘The Dead Don’t Hurt’, un western che avrebbe dovuto essere presentato a Venezia due anni fa e non ci è arrivato a causa degli scioperi che hanno bloccato moltissime produzioni, ma che tra non molto uscirà qua in Italia. Tra i tre non posso poi non mettere nuovamente Sorrentino che, a parer mio, viste le canzoni che seleziona per i suoi film, ha un gusto e una conoscenza clamorosi; come ultimo, soprattutto per una questione di territorialità, dico Marco D’Amore; nel suo ultimo film, ‘Caracas’, c’è una bellissima colonna sonora, realizzata da Rodrigo D’Erasmo, che mi ha fatto capire quanto al regista piaccia sperimentare a livello sonoro. Ad ogni modo, in generale penso che sia molto più il film, piuttosto che l’autore, a richiamare un certo musicista piuttosto che un altro”.