The Shadow Strays: recensione del film Netflix
Un action iper-violento e spettacolare! Su Netflix dal 17 ottobre 2024.
The Raid, pur se diretto in terra indonesiana dal gallese Gareth Evans, ha dimostrato a suo tempo a cosa la cinematografia locale riesce ad arrivare in termini di spettacolarità e adrenalina nel campo delle coreografie, portando i film d’azione a base di arti marziali ad un altro livello. Vi sono una serie di vecchie e nuove leve del posto che hanno dato e continuano a dare il proprio contributo alla causa con pellicole che puntano proprio sulla suddetta componente. Uno su tutti è Timo Tjahjanto, regista cult famoso per i suoi action funambolici e violentissimi, che con la sua nuova fatica dietro la macchina da presa dal titolo The Shadow Stray, distribuita da Netflix dallo scorso 17 ottobre 2024 dopo la presentazione in anteprima al Toronto International Film Festival, ha ribadito ulteriormente il concetto.
In The Shadow Stray la violenza arriva a toccare picchi gore e splatter nel momento in cui nelle coreografie subentra la ferocia del background horror del regista
Rispetto al precedente The Big 4, nel quale l’azione continua a rimanere un ingrediente principale della ricetta mescolato però con un registro decisamente più leggero e ludico, The Shadow Stray segna il ritorno del cineasta alla violenza grafica e brutale di La notte su di noi e Killers. Una violenza che arriva a toccare picchi gore e splatter nel momento in cui nelle coreografie subentra la ferocia del background horror che l’autore ha frequentato in più di un’occasione con May the Devil Take You e gli episodi da lui firmati degli antologici V/H/S e The ABCs of Death. L’incontro tra queste due modalità di messa in scena esplode letteralmente in un film d’azione senza esclusione di colpi, laddove il rosso a ogni lama che trafigge lo sventurato di turno e a ogni proiettile che raggiunge il bersaglio viene proiettato sulle superfici e sullo schermo lasciando segni indelebili. Quello che si palesa davanti agli occhi è uno show iper-violento a base di crime-action-thriller-revenge-horror, in cui le arti marziali sono il carburante che alimenta il motore, lasciando sul terreno cadaveri mutilati, teste mozzate ed ettolitri di sangue. Insomma gli amanti dei piaceri forti, così come dei martial arts action, avranno pane per i loro denti. Il ché li farà, esattamente come accaduto a noi, restare incollati al divano di casa tutte le volte che dalle parole si passa ai fatti: dagli uno contro tutti dei primi minuti a quelli nell’appartamento, dall’irruzione con conseguente fuga dal club al combattimento nel capanno nella foresta cambogiana, fino all’overdose provocata dall’estenuante resa dei conti nel quartier generale.
Le spettacolari e adrenaliniche scene d’azione sono il punto di forza di The Shadow Stray, mentre la scrittura è il suo tallone d’Achille
La potenza devastante e impattante di queste scene amplificata dalla regia di Tjahjanto e dal montaggio di Dinda Amanda, che riportano la mente al sudcoreano The Villainess di Byung-gil Jung e al thailandese Chocolate di Prachya Pinkaew, diventano il compimento e l’espressione del cammino di vendetta della protagonista, qui interpretata con convincente e sorprendete presenza fisica e coinvolgimento dall’attrice e cantante Aurora Ribero. La vendetta di cui si parla è quella consumata dalla giovane assassina 13 che, dopo essere stata rimossa dalle sue funzioni a seguito di una missione quasi fallita, decide di aiutare un ragazzo che ha perso sua madre per mano di un’organizzazione criminale. Quando questo scompare la protagonista elabora un piano distruttivo pur di ritrovarlo, anche se questo significa tradire la sua mentore e l’organizzazione per cui lavora. Piano che innescherà una reazione a catena di eventi che la porteranno a seminare cadaveri in una Giacarta preda di trafficanti di droga, avidi poliziotti e politici corrotti. Ed è contro questo esercito di malviventi che 13 scatenerà la sua furia cieca.
La timeline risulta essere eccessivamente lunga e dilatata rispetto alle reali esigenze drammaturgiche
Se nella messa in quadro The Shadow Stray ha moltissimo da mostrare, è nella scrittura che invece palesa le sue carenze. Questa fase presenta gli stessi difetti di molti precedenti, a cominciare da una trama ridotto all’osso, laddove trovano spazio futili digressioni, dialoghi troppo elementari e gli intrecci di personaggi appena abbozzati. Ciò si riversa a conti fatti in una timeline che risulta essere eccessivamente lunga e dilatata rispetto alle reali esigenze drammaturgiche.
The Shadow Strays: valutazione e conclusione
Con The Shadow Strays il regista indonesiano Timo Tjahjanto torna alla violenza grafica e brutale dei suoi cult, aumentandone in maniera esponenziale la ferocia con picchi gore e splatter. Il risultato sono scene d’azione spettacolari e impattanti, ma anche parecchio sanguinolenti, che trovano nelle coreografie la massima espressione. La regia e il montaggio fanno da motore e da cassa di risonanza a uno show balistico e marziale che esalta e inietta dosi massicce di adrenalina al fruitore. Peccato che tutto questo finisca con l’essere la confezione entusiasmante di una storia povera di contenuti e di emozioni. Le uniche che restano alla fine sono quelle scaturite dai momenti concitati dove i fatti prendono il posto delle parole. Un plauso va all’attrice protagonista, una Aurora Ribero davvero convincente in tutte le fasi della timeline, anche quelle più deboli sul piano drammaturgico.