Brothers: recensione della commedia con Josh Brolin e Peter Dinklage

Brothers è una commedia heist che funziona, grazie al suo cast fenomenale, ai colpi di scena e ai suoi momenti "poetici".

Un’inedita – svitatissima – Glenn Close con il talento trasformista di Arsenio Lupin, due fratelli gemelli accomunati da un legame speciale con un’ingegnosa furfante, uno scimmione da salotto e un rocambolesco inseguimento in ruspa su un campo da golf. Ma soprattutto Josh Brolin, Peter Dinklage e star come Glenn Close, Brendan Fraser e Marisa Tomei che interpretano personaggi davvero eccentrici, sono i fattori di successo di Brothers: l’imperdibile commedia diretta da Max Barbakow disponibile su Prime Video dal 17 ottobre 2024.

Brothers – “Ladri si nasce, fratelli si diventa”

Il lungometraggio inizia con una sequenza “espressiva” sulle note di Walk Right Now: una giovane madre ha appena fatto una rapina al treno insieme al suo compagno, i due sono già inseguiti dalla polizia e lei prima di allontanarsi verso il Messico con la refurtiva (un mucchietto di smeraldi) saluta i suoi bambini: Mike detto Moke (Josh Brolin) e JT Munger “Jady”(Peter Dinklage). I fratellini non hanno più notizie della madre né del bottino, per cui sono costretti a mettere in pratica le cose che hanno imparato “sul campo”. Diventano cioè criminali a loro volta, finché una notte un tentativo di furto fallisce per l’intervento della polizia, che cattura solo Jady. Passano altri cinque anni prima che l’uomo esca di galera “per buona condotta”, o meglio per l’intervento di un giudice corrotto – padre di un agente carcerario (interpretato al massimo da Brendan Fraser) il quale fa pressioni continue su Jady affinché ritrovi le pietre preziose rubate dalla madre (Glenn Close). Nel complesso funzionano cast e caratterizzazione dei personaggi. Il regista di Palm Springs realizza una spassosa commedia heist ma il film funziona anche come un’avvincente avventura on the road, con colpi di scena soprattutto quando appaiono Brendan Fraser e Glenn Close. Tutti sovvertono l’ordine delle nostre aspettative. Ci spiazzano il ruolo affidato a Close e un Moke “facilmente impressionabile”, gli stessi personaggi di Moke e Jady ci mostrano che “ladri si nasce, fratelli si diventa”.

Brothers è un heist-comedy che funziona grazie a un cast fenomenale e ai suoi momenti “poetici”

La sceneggiatura del lungometraggio è stata scritta da Ethan Coen, ed è evidente. La battuta migliore affidata a Fraser (“mio papà pensa che diventerò una leggenda in futuro”). Ma tutto il cast è talmente fenomenale per un heist-comedy leggero e godibile – nonché destinato a una piattaforma streaming – che ci sembra quasi uno spreco. Sicuramente però Prime Video potrà godersi l’ottimo risultato che questo quartetto di attori si sta portando a casa.

I personaggi sono un po’ felliniani e tutti mezzi scimuniti

I dialoghi brillanti, l’intesa eccellente, le loro interpretazioni impeccabili, anche in scene impensabili, oltre alla sceneggiatura che riesce a farli apparire profondi nonostante l’intrinseca superficialità del soggetto. Cos’altro dirvi? La narrazione, considerata in uno stile di racconto leggero funziona, e riesce a riprendere anche vicende tratte dalla vita quotidiana, a prendere in giro, cioè proprio come dovrebbe fare una commedia, i difetti dei ruoli sociali (e qui lo fa un po’ con ognuno). Insomma lo scimmione vero c’è, ma in Brothers sono tutti personaggi mezzi scimuniti (e pure felici nonostante la loro miseria, dall’aria un po’ felliniana) e Max Barbakow, dopo il debutto con il meraviglioso Palm Springs, azzecca anche questa uscita.

Brothers: valutazione e conclusione

Vi abbiamo descritto la nostra ora e mezza di piacere della visione: di puro relax. Sempre camaleontica Close. Straordinaria Glenn. Le ha interpretate tutte ma l’amerete ancora di più in questo ruolo di una canaglia di mamma che ama il crimine un po’ più dei suoi figli. La sua interpretazione possiede un ché di sublime, è quasi irriconoscibile come la più irriducibile degli irriducibili. Accanto a lei ci sono Dinklage che ama interpretare un bastardo (gli è toccato il ruolo più normale!), un “goffo” Brolin e Fraser. Quest’ultimo è colui che ha scelto la stupidità assoluta e – contemporaneamente – la sfida più totale ( il che non è raccomandabile, ma lo ha fatto comunque). Non è semplice spostare lo sguardo dall’attore premio Oscar mentre si aggira sul piccolo schermo come un Gulliver disadattato in un modo un pelino meno preoccupante che in The Whale. Il suo sgraziato personaggio riesce persino ad entrare, sensatamente, nelle nostre simpatie.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.5