Woman of the Hour: il finale del film spiegato da Anna Kendrick
Negli ultimi anni, i registi sono sempre più inclini a sfidare le strutture narrative tradizionali, soprattutto quando si tratta di raccontare storie di trauma
Woman of the Hour, il film diretto e interpretato da Anna Kendrick, ha ottenuto un forte riscontro critico grazie alla sua capacità di raccontare una storia vera con profondità. Basato sui crimini reali del serial killer Rodney Alcala, il film esplora l’incontro tra Alcala e Sheryl, una donna ignara che lo sceglie come accompagnatore durante il famoso show televisivo The Dating Game, senza sapere chi si nasconda dietro il suo volto affascinante. Ma film si distingue per il suo finale ambiguo e simbolico, che ha fatto discutere gli spettatori.
Woman of the Hour: la storia vera si amalgama alla finzione
Woman of the Hour si basa su eventi reali, riportando in vita la storia di Rodney Alcala, un serial killer che, tra il 1977 e il 1979, partecipò come concorrente a The Dating Game. Durante quel periodo, Alcala aveva già commesso diversi omicidi, rendendo ancora più inquietante il fatto che fosse apparso su uno show televisivo senza destare sospetti. Nel film, Daniel Zovatto interpreta Alcala mentre Kendrick veste i panni di Sheryl, la donna che lo sceglie come potenziale appuntamento.
Il film si concentra non solo sull’orrore legato ai crimini di Alcala, ma anche sulle esperienze delle donne che sono state in pericolo a causa sua, come Sheryl e Amy, un’adolescente che riesce miracolosamente a sfuggirgli. Kendrick non si limita a rappresentare i fatti, ma cerca di esplorare le implicazioni psicologiche e i sentimenti di chi è sopravvissuto a eventi così traumatici.
Woman of the Hour come finisce? La spiegazione del film e il trauma irrisolto
Uno degli elementi più discussi di Woman of the Hour è il suo finale. In una delle scene finali, Amy, l’adolescente interpretata da Autumn Best, scappa per un pelo dalle grinfie di Alcala. L’ultima inquadratura della ragazza mostra il suo respiro affannoso, dopodiché lo schermo si oscura improvvisamente, lasciando il pubblico senza una vera risoluzione. Anna Kendrick ha spiegato che questa scelta stilistica era intenzionale e riflette la natura del trauma: sopravvivere a un evento traumatico non garantisce automaticamente una chiusura emotiva.
La decisione di Kendrick di interrompere bruscamente la scena evidenzia come, spesso, coloro che sopravvivono a eventi traumatici non ottengono mai una risoluzione definitiva. Il trauma può continuare a vivere dentro di loro, riemergendo in modi imprevisti e non sempre traducibili in un lieto fine. In tal senso, Kendrick ha scelto di evitare il classico finale hollywoodiano, preferendo una conclusione che invita il pubblico a riflettere sulla complessità del trauma e sulle sue conseguenze a lungo termine.
La scena tra Sheryl e Alcala
Un’altra scena cruciale del film riguarda l’incontro finale tra Sheryl e Alcala. In questa sequenza, Sheryl ha un momento di confronto silenzioso con Alcala, dove lui deve spostarsi intorno a lei per uscire dal corridoio. La scena, che sembra apparentemente semplice, ha un significato simbolico profondo, come spiegato dalla stessa Kendrick. La regista e attrice ha rivelato che questa scena ha richiesto molto lavoro di riflessione e che, per un certo periodo, sembrava che non sarebbe stata inclusa nel montaggio finale del film.
Secondo Kendrick, il momento in cui Sheryl rimane ferma nel corridoio mentre Alcala è costretto a spostarsi intorno a lei rappresenta una piccola ma significativa vittoria per il personaggio di Sheryl. Nonostante la tensione e il pericolo che Alcala rappresenta, Sheryl mostra il suo controllo su quella particolare situazione. Non si tratta di un gesto eclatante o eroico, ma di una sottile affermazione di sé stessa, una dimostrazione di come anche una vittoria apparentemente piccola possa essere incredibilmente significativa per una persona che ha vissuto un trauma.
La scelta dell’ambiguità narrativa
Anna Kendrick ha dichiarato che uno degli obiettivi principali del film era quello di esplorare la vastità delle vite delle donne che si trovano coinvolte in situazioni di pericolo, come quelle ritratte in Woman of the Hour. Anche se il film si concentra su un breve periodo della loro vita, Kendrick ha voluto che l’ambiente e le immagini riflettessero la complessità e la bellezza delle loro esistenze, oltre il singolo momento di trauma.
In questo contesto, il film si inserisce in una corrente cinematografica più ampia che predilige la narrazione di esperienze di vita reale senza necessariamente offrire soluzioni nette o chiusure rassicuranti. I registi contemporanei stanno sempre più esplorando storie di trauma e sopravvivenza attraverso questa lente, lasciando aperte molte domande e invitando il pubblico a riflettere sulle sfumature dell’esperienza umana. Woman of the Hour segue questa tendenza, spingendo lo spettatore a confrontarsi con l’incertezza e l’irresolutezza, elementi che fanno parte della vita reale di chi ha vissuto traumi profondi.
Il significato di questa scelta nel cinema contemporaneo per Woman of the Hour
Negli ultimi anni, i registi sono sempre più inclini a sfidare le strutture narrative tradizionali, soprattutto quando si tratta di raccontare storie di trauma o sofferenza. L’obiettivo non è quello di creare confusione, ma di rappresentare in modo più autentico la complessità delle emozioni umane.
Questo tipo di narrazione consente al pubblico di impegnarsi in modo più profondo con la storia, stimolando discussioni sui temi trattati e sulle conseguenze a lungo termine del trauma. Nel caso di Woman of the Hour, l’ambiguità del finale serve anche a sottolineare il fatto che le esperienze di sopravvivenza non sempre portano a una completa risoluzione emotiva. Spesso, i sopravvissuti devono convivere con ciò che hanno vissuto, senza avere tutte le risposte o senza poter archiviare completamente l’esperienza.
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