Squali: il regista e Mirko Artuso spiegano il film ispirato al romanzo di Dostoevskij [VIDEO]
"Il paesaggio montuoso del Veneto era l'unico modo per mostrare il contrasto tra l'anima nera dei personaggi e la bellezza della natura".
Squali, ispirato al romanzo di Fedor Dostoevskij I fratelli Karamazov e diretto da Alberto Rizzi è stato presentato alla 22ª edizione di Alice nella città, durante la 19ª Festa del Cinema di Roma. Il film racconta la storia di una famiglia, dove sembra aleggiare una profonda e sofferta assenza d’amore. Tutto sembra riconducibile alla figura del padre, il personaggio di Leone Camaso, interpretato da Mirko Artuso, un uomo detestabile, privo di sentimenti, arrivista e ingannatore. Squali è un racconto corale dove i protagonisti, oltre alla figura di Leone, sono i figli Ivan, Sveva, Alessio e Demetrio, quest’ultimo tornato dopo anni per rivendicare l’eredita della madre. Il film si snoda attraverso le vite dei fratelli, insieme ad altre innumerevoli figure legate a loro attraverso rapporti amorosi, rapporti di lavoro o di vocazione, come nel caso di Alessio. Demetrio, Ivan, Sveva e Alessio sono infatti legati solo dal comune odio verso il padre e tutti, alla fine, saranno egualmente e diversamente complici di quello che costituirà l’inaspettata conclusione del racconto. Ambientato in Veneto, il regista Alberto Rizzi, dopo il film Si muore solo da vivi, dirige un dramma familiare complesso dove lo spettatore si ritroverà a prendere le parti del villain meno brutale e corrotto.
Mirko Artuso, attore di teatro, ha iniziato la sua carriera nel 1987 presso la compagnia Laboratorio Teatro Settimo di Torino, e ha anche lavorato a numerose rappresentazioni sul palcoscenico come ideatore e regista, spostandosi a Venezia, a Treviso, a Livorno e a Padova. Fondatore di laboratori e spettacoli con persone diversamente abili e del Progetto T&H che si concentra sul disagio sociale, Mirko Artuso al cinema è apparso in I Piccoli Maestri di Daniele Lucchetti, La giusta distanza di Carlo Mazzacurati e in La pelle d’orso di Marco Segato. Tornato al cinema nel 2024 con Squali, nel film veste i panni di quello che si può definire l’antagonista della storia, all’interno di una trama dove sembra, dapprima, difficile, trovare il buono nei personaggi protagonisti. Squali è infatti un film ambizioso e coraggioso, che prende vita in un Nord-Italia sui generis, in un Veneto, in particolare, differente da come ci si aspetterebbe o da come è stato in passato raccontato nei prodotti audiovisivi dei quali è stato location. A renderlo buio, distrutto, grigio, come incurabile e definitivamente compromesso, non è soltanto la trama che ruota attorno a un universo chiuso e ristretto, fatto di prepotenza, sopraffazione, affronti, umiliazioni e maltrattamenti, ma anche nell’immane difficoltà che i personaggi, specialmente quelli principali, hanno nel trasmettere il calore umano.
Squali: intervista video al regista Alberto Rizzi e all’attore Mirko Artuso
L’incapacità che Ivan, Sveva, Alessio e Demetrio, ma non solo loro, hanno nell’essere portatori di sentimenti puri, di una bontà d’animo e di un altruismo che può essere fraterno o relazionale, sembra data dall’inesperienza. Da un affetto mai ricevuto. Se questa condizione sembra riguardare i 4 fratelli, si evince poi come sia un qualcosa che riunisce tutti. La dinamica familiare, centrale in Squali, è una delle tematiche che erano maggiormente a cuore al regista Alberto Rizzi e anche l’attore che interpreta Leone, Mirko Artuso le ha definite fondamentali nella raffigurazione di un odio che aleggia nel mondo interiore di ognuno dei personaggi. Un odio che hanno imparato a provare e ad esprimere. Insieme a una costante diffidenza nei confronti dell’altro, che agirà sempre e solo per se stesso. Mirko Artuso, descrivendo il proprio personaggio, di Leone Camaso, ha affermato che non è stato difficile approcciarsi a una figura con un’animo così particolare, inasprito da ciò che ha vissuto, come un’estremizzazione di un qualcosa che esiste nell’essere umano, in tutti. Un uomo mosso dall’avidità. Proprio sull’avidità, anche il regista Alberto Rizzi, l’ha definita come primaria nel racconta, ramificata in più ambiti. “I personaggi sono come degli squali che cercano di sbranarsi a vicenda” ha dichiarato, spiegando il significato del titolo e parlando dell’odio, di quel sentimenti che il film non ha timore di mostrare come presenti anche nell’ambiente familiare, a volte soprattutto nelle dinamiche private delle famiglie, e che è quindi importante avere il coraggio di rappresentare.