Miss Fallaci raccontata da chi l’ha ideata. Alessandra Gonnella: “È tutto assurdo”
La serie dedicata all'iconica figura di Oriana Fallaci, con protagonista Miriam Leone, è stata presentata alla 19ª edizione della Festa del Cinema di Roma
L’evoluzione di un progetto proprio, la precocità di una passione, la determinazione, la costanza, le velleità artistiche che tracciano un percorso; in occasione dell’uscita della serie Miss Fallaci, presentata alla 19ª edizione della Festa del Cinema di Roma e prossimamente attesa sulle reti Rai, abbiamo intervistato l’ideatrice del progetto, nonché regista, Alessandra Gonnella.
Nata a Montebelluna, in provincia di Treviso, l’8 febbraio 1995, la giovane autrice si è raccontata parlando, sia della nascita della sua passione per il cinema, per lo spettacolo ed, in particolare, per la regia, sia di come il trasferimento a Londra in giovane età, e i conseguenti studi presso alcune delle scuole cinema più importanti del paese, l’abbiano formata e portata all’ideazione e alla costruzione di questo progetto. La serie in questione, dedicata all’iconica e per certi versi ancora poco approfondita figura di Oriana Fallaci, trae origine dal cortometraggio, anch’esso diretto da Gonnella, A Cup of Coffee with Marilyn, opera d’inaspettato successo che, nel 2020, riuscì ad aggiudicarsi il Nastro d’argento come miglior cortometraggio. Protagonista del corto e della serie stessa, nei panni della celebre giornalista e scrittrice scomparsa a settembre 2006, vi è Miriam Leone, per la quale la regista ha voluto spendere parole preziose, così come per tutte le maestranze che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera.
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Alessandra Gonnella e Miss Fallaci: il cortometraggio divenuto serie
Raccontaci del tuo percorso: com’è nata la tua passione per il cinema? Come l’hai coltivata e sviluppata successivamente?
“Sono stata molto precoce nello sviluppare un particolare interesse per la regia; sono sempre stata creativa, fin da piccola, più attratta dalle materie artistiche e culturali piuttosto che da quelle scientifiche. Studiavo materie come canto, danza, recitazione, eccetera, ma nel periodo delle medie mi sono resa conto che ero molto più brava e molto più a mio agio a stare dietro le quinte, a dare la mia visione dirigendo gli altri; davo i miei feedback e riuscivo a tirare fuori il meglio da loro. Ho capito che la regia, la scrittura e, più in generale, la creazione di un progetto è quel che più mi si addice.
Un altro momento importante, sempre durante il periodo delle medie, è stato il mio primo viaggio a Londra, che mi ha letteralmente folgorata, convincendomi che quello, una volta maggiorenne, sarebbe stato il mio posto.
A 17 anni ho realizzato il mio primo corto, un film di mezz’ora in bianco e nero su Eleonora Duse – in cui già c’era l’idea della figura femminile al centro del progetto – per il quale ho ingaggiato cinque persone della mia scuola e in due o tre giorni abbiamo girato tutto, con tanto di costumi. Dopodiché ho realizzato altri corti prima di trasferirmi a Londra a 19 anni; lì ho studiato alla MetFilm School e alla National Film and Television School e, nello stesso periodo, ho iniziato a lavorare anche con le produzioni UK, sfruttando qualsiasi tipo di occasione”.
Passando invece alla serie, com’è nato il progetto? Il tutto è partito dal cortometraggio A Cup of Coffee with Marilyn, giusto?
“Esatto, è stato l’ultimo progetto accademico che ho realizzato alla NFTS, durante gli ultimi due anni di specializzazione. Prima ho dovuto ottenere i diritti sui libri di Oriana, poi dovuto trovare un produttore, Diego Loreggian e, tramite lui, Miriam Leone come protagonista. Abbiamo girato il corto nel 2019, in cinque giorni, con una crew composta prevalentemente da miei coetanei arrivati dalla mia stessa scuola, una crew decisamente multiculturale. Il film è andato molto bene e ha ottenuto moltissimi premi, fino ad aggiudicarsi il Nastro d’Argento come miglior cortometraggio nel 2020”.
Come mai avete deciso di sviluppare la storia con una serie piuttosto che con un lungometraggio?
“L’idea di imbastire un progetto seriale è nata dopo l’uscita del corto; già quello è stato talmente complesso e totalizzante che il mio obbiettivo era semplicemente di arrivare a concluderlo. Il risultato è però stato molto positivo, sono arrivati grandi consensi e da subito la gente ha iniziato a chiedermi se quello fosse la base per qualcos’altro. L’idea quindi è sorta così, inaspettatamente, e poi sono arrivati il Covid e il lockdown e in quel periodo si è esacerbata ancor di più l’attenzione per le serie, tanto che tutti i colleghi e gli amici mi hanno consigliato di non sprecare tempo con un lungometraggio ma di buttarmi subito sulla serialità. Capito che era quella la strada giusta da seguire – anche perché avevo già un personaggio forte, femminile, realmente esistito e con la sua interprete – ho dovuto affrontare il problema di cosa raccontare nella serie, perché il corto funzionava come una storia a sé stante. Non potevo unicamente basarmi sui testi di Oriana, dovevo raccontare lei che diventa donna e giornalista, mettendo in scena anche i suoi demoni personali. Ho raccontato, per esempio, di questo suo folle innamoramento per il giornalista Alfredo Pieroni, con le ossessive e deliranti lettere che lei gli scriveva. Ho raccontato tutte quelle cose che, quando lei scriveva, non raccontava e che sono venute fuori recentemente, per esempio con l’uscita della biografia scritta da Cristina De Stefano”.
I passi successivi quali sono stati?
“Io Diego Loreggian abbiamo portato la proposta a Minerva Pictures, la quale ha subito intuito il potenziale di questo progetto. Siamo andati insieme al MIA Market e li abbiamo vinto il Best Drama Pitch, pur gareggiando con altre squadre internazionali molto forti. Viacom CBS, poi acquisita da Paramount, ci ha premiati con l’intenzione di produrci e da lì è iniziato questo lungo percorso durato circa quattro anni. Dopo tanta ricerca da parte nostra, nel momento in cui abbiamo vinto e abbiamo iniziato a imbastire il progetto, la gente ha cominciato a percepirne il valore, a comprendere la portata del personaggio che volevamo raccontare”.
La serie dove e quando uscirà?
“Uscirà sulla Rai, il che ci rende molto orgogliosi, ma siamo ancora in attesa di sapere una data ufficiale”.
Quanto inorgoglisce il fatto che un tuo “piccolo” progetto sia diventato qualcosa di così grande?
“È tutto assurdo. In questo lavoro bisogna sempre considerare la mortalità dei progetti; molti di essi si arenano e muoiono ancor prima di vedere la luce, anche se sono bellissimi. Sono contenta perché noi siamo stati bravi, abbiamo avuto sangue freddo di fronte alle molte difficoltà e frustrazioni, di fronte alla lentezza e al ritardo che sentivano. Abbiamo saputo mantenere la calma e poi abbiamo avuto fortuna, perché ci vuole sempre anche quella, ma sicuramente sono contenta di vedere quanto ora le persone rimangano affascinate dalla storia di come è nata questa serie; spero che possa essere di ispirazione per molti”.
Dal lavoro di squadra ai progetti futuri
Come sei entrata in contatto con Miriam Leone? Quando hai capito che sarebbe stata lei la tua Oriana Fallaci?
“Fin dall’inizio ho pensato che per interpretare Oriana ci fosse bisogno di un volto italiano conosciuto. Io mi ero fatta una lista di nomi e ho persino iniziato a contattare direttamente diverse attrici ma, nel frattempo, ho scritto su Linkedin a Diego Loreggian, mio compaesano veneto, il quale si è subito interessato chiedendomi cosa avessi sul piatto in quel momento. Gli ho subito detto che ero alla ricerca di un volto noto e gli ho fatto i nomi delle persone a cui già avevo scritto, ma quando mi ha chiesto quale fosse il nome a cui ambivo di più gli ho subito fatto quello di Miriam, pensando che non avrebbe mai accettato. Lui mi ha convinto a provarci, perciò siamo andati dai suoi agenti che ci hanno ascoltato e ci hanno messo in contatto con lei. A quel punto abbiamo parlato con Miriam e, come anche lei ha raccontato, le ho raccontato tutto, pane al pane e vino al vino, spiegandole il progetto e perché volessi proprio lei. Fin dalla primissima chiacchierata anche lei si è innamorata del progetto ed anche di questa mia attitudine, di questa passione e da lì non ha mai mollato: nonostante alcuni momenti di enorme difficoltà produttiva e nonostante si trattasse di un progetto piccolo, seppur ambizioso, ci ha creduto tantissimo. Dopodiché è stato naturale che venisse confermata anche per la serie; la stessa Paramount l’ha voluta.
Trovo, inoltre, che sia importantissimo quello che lei ha detto in conferenza stampa a Roma, ossia che si augura che molte attrici e molti attori seguano il suo esempio, dando fiducia ad una sconosciuta”.
Com’è stato lavorare alla regia a sei mani con Luca Ribuoli e Giacomo Martelli? Come vi siete divisi il lavoro?
“Sono stati fantastici, contemporaneamente mi hanno spinta e protetta; hanno fatto sì che io venissi rispettata, che fossi trattata da pari, hanno dato credito al fatto che fossi io l’origine di tutto e, in merito al lavoro tecnico, su cui erano sicuramente più esperti, hanno pavimentato la strada per me, lasciandomi comunque libera di esprimere il mio stile. Io avevo velleità artistiche molto anglosassoni, volevo dare un tocco femminile, mostrare questo lato molto leggero di Oriana anche nel modo di girare, quasi alla Emily in Paris, e loro, di tanto in tanto, mi riportavano sul piano più serioso e drammatico. Sono stati degli ottimi alleati, da loro ho imparato tanto e spero di portarmi dietro questi insegnamenti in tutti i futuri progetti di cui mi occuperò”.
Sicuramente hai tanti progetti per il futuro; cosa ci puoi svelare? Quanto dovremo aspettare per vedere il tuo primo lungometraggio?
“Senza dubbio da una parte voglio continuare con la serialità, anche solamente in forma di regista, con storie non mie. Mi piacerebbe sia lavorare nuovamente con lo stesso team che con persone diverse, con altri cast, altre crew. Per quanto riguarda il lungometraggio sono molto selettiva, ho già ricevuto diverse cose nel corso degli anni, soprattutto commedie romantiche, perché da tempo vado in giro dicendo che vorrei dirigerne. Quindi ricevo e leggo molte cose, ma dato che so che un progetto ti ruba l’anima e moltissimo tempo, vorrei che il mio film fosse mio al 100%, con la mia voce, altrimenti sentirei di tradire me stessa. Adesso infatti mi sto adoperando tantissimo per questo film di cui ho già scritto la sceneggiatura: è, appunto, una commedia romantica, con molto del coming of age, un po’ alla Greta Gerwig, e si sviluppa tra Londra e l’Italia, il che rende molto difficile la produzione poiché richiede una partnership tra i due paesi.
Confido sul fatto che, come è successo per Miss Fallaci, riuscirò a trovare le persone che credono nel progetto e che ne verrà fuori un successo ma, in caso contrario, non demorderò e scriverò altro. Io credo nell’operazione culturale del cinema, dev’esserci qualcosa a muovere: una passione e una certa sicurezza in quella che si fa”.