Il ragazzo dai pantaloni rosa: recensione del film
Dopo un passaggio alla Festa del Cinema di Roma 2024, il film è stato presentato anche alle Giornate del Cinema per la Scuola. Il ragazzo dai pantaloni rosa non vi farà (solo) piangere e non vi darà risposte, ma vi lascerà con tante riflessione. Questo è il bello!
Sfiora il cuore con la stessa delicatezza di una leggera brezza d’estate; poi graffia e taglia dentro, ferisce per la realtà che trasuda e per quella stessa realtà consola, poiché Il ragazzo dai pantaloni rosa va oltre l’essere un film tratto dalla tragica storia vera di Andrea Spezzacane. Quella diretta da Margherita Ferri è un’opera che racconta senza giudicare, stimolando la mobilitazione di ogni essere umano, che nel silenzio si fa complice della perpetrazione del dolore altrui e con la paura edifica mattoni di silenzio, che uccidono.
Il ragazzo dai pantaloni rosa: dalla storia vera al film, per dire no al bullismo
Un talentuoso Samuele Carrino presta il volto al protagonista, buttandosi con tutte le scarpe nelle oscurità tormentate di Andrea, un adolescente pieno di vita e di sogni, che si lascia incantare dalla bella presenza di un coetaneo, credendolo un vero amico. C’è delusione e dolore, nella vita di Andrea, innescati dai continui litigi tra i genitori (interpretati da Claudia Pandolfi e Corrado Fortuna), dai piccoli bulli che lo deridono e gli rendono la vita impossibile, ma c’è anche tanta gioia; ci sono le risate con l’amica del cuore Sara (Sara Ciocca), i loro pomeriggi al cinema, i baci rubati fingendo di essere due innamorati, le litigate che scoloriscono in una risata. Già, scoloriscono, un po’ come i suoi pantaloni rossi, che si fanno causa di risate e prese in giro, mettendolo tristemente al centro dell’attenzione.
Il ragazzo dai pantaloni rosa si serve di una narrazione in prima persona per immetterci nella psiche di Andrea Spezzacane, vittima di bullismo e cyberbullismo, morto suicida a quindici anni (il 20 novembre 2012). La regia di Margherita Ferri sa prenderci per mano e trasportarci in un mondo a misura di ragazzo: colorato, pieno di aspettative, di paure, di stanze chiuse, spogliatoi stretti, corridoi scolastici pericolosi; pieno di corpi da voler abbracciare e distanze fatte di dialoghi vuoti, troppo lunghe da percorrere per chi ha un cuore docile.
Il mondo che vediamo, intrappolato dalla fotografia di Martina Cocco, è fatto di colori vividi e sgargianti e si adagia su un sound design che avvolge l’intera storia. Se la canzone di Arisa dal titolo Canta ancora si fa colonna portante della narrazione musicale, divenendo il coagulo dell’amore e del rapporto che intercorre tra Andrea e la madre Teresa Manis, le musiche originali di Francesco Cerasi tracciano le linee dell’intera storia giungendo all’udito degli spettatori con tutta la freschezza di un pianoforte, di una chitarra, di una sinfonia che basta a sentirsi liberi e leggeri e nella quale si incastonano i brani più disparati, dall’Ave Maria di Schubert ad Amour plastique di Adèle Castillon e Mattyeux , passando per gli Alice et Moi (solo per citarne alcuni).
Il film diretto dalla Ferri su una sceneggiatura di Roberto Proia, basata sul libro Andrea oltre il pantalone rosa (scritto dalla madre di Andrea Spezzacane, Teresa Manis), non ci spinge alla tristezza, ma alla riflessione. Il ragazzo dai pantaloni rosa fa semplicemente ciò che dovrebbe fare il cinema: racconta una storia svestendosi del pregiudizio e lasciando a noi spettatori il compito di giudicare e giudicarci, di guardarci dentro e di osservare il mondo che si svolge attorno a noi. Basta segmentarlo per comprendere che ogni personaggio (dal bullo Christian interpretato da Andrea Arru al bullizzato Andrea di Samuele Carrino) si muove verso una direzione che è giusta e sbagliata al contempo ma che ci dirotta verso un’unica via maestra: l’urgenza di educare all’empatia, all’ascolto e al rispetto.
Proverete gioia nel vedere questo film, ma anche rabbia, tristezza e un senso di impotenza. Rimembrerete che l’adolescenza è sicuramente il periodo più delicato dell’esistenza umana e forse vi ricorderete che questi ragazzi andrebbero maneggiati con cura. Tutti! I buoni così come i cattivi. Ammesso che sia così semplice fare una distinzione così netta, poiché quando la cronaca annuncia certe notizie abbiamo sempre perso tutti.
Il ragazzo dai pantaloni rosa: valutazione e conclusione
Il ragazzo dai pantaloni rosa si cimenta in un compito arduo: parlare di bullismo e di suicidio giovanile e cercare di far fiorire dal dramma dei germogli in grado di neutralizzare la violenza. E nel compiere quest’opera pretende anche di non farci piangere, ma di raccontarci il bello che a lungo ha fatto parte della vita di Andrea. Ci narra così le sue passioni, infarcisce la trama di citazioni letterarie, di curiosità cinematografiche, di musica e riflessioni. In una sola parola, di bellezza!
Perché “il sacrificio di uno, serva al riscatto di tutti”, scrive Teresa Manis (Claudia Pandolfi). Questo è il fulcro più autentico del narrare, del ricordare. Non sarà un caso se Andrea dice all’amico Christian, che si lamenta delle pagine di storia da studiare, che forse è importante saperle per evitare che riaccadano.
Un film dalla gestione complicata, che non ci dà le chiavi per fronteggiare la violenza, ma ci spinge a interrogarci su come la si possa bloccare. E ci lascia con un finale che trasuda tutto l’attaccamento di Andrea Spezzacane alla vita, la stessa che si è tolto, perché solo, perché forse troppo fragile per alzarsi e gridare aiuto.
Il film è al cinema dal 7 novembre 2024, prodotto Roberto Proia (Weekend Films) e da Eagle Pictures, che si occupa della distribuzione.