Time Cut: recensione dello slasher movie Netflix
Il film di Hannah MacPherson è teen drama nostalgico travestito da horror.
Dietro a Time Cut ci sono diversi errori, mancanze e alla base una comunicazione fallace. Il film diretto da Hannah MacPherson e scritto a quattro mani con Michael Kennedy (che non è nuovo nel panorama horror) è stato venduto da Netflix come uno slasher movie inquietante con degli elementi nostalgici che hanno un che di confortevole, un film perfetto insomma per la stagione autunnale.
Già dalle premesse è chiaro che le intenzioni di Netflix siano quelle di seguire l’algoritmo e far breccia su un particolare tipo di pubblico. Non ci sarebbe nulla di male nell’indagare l’enorme sottogenere slasher o nel mitigare l’horror con tematiche differenti, il vero problema è che Time Cut non ha nulla di orrorifico, nemmeno la presenza di un assassino che terrorizza una cittadina, ma si avvicina più ad un teen drama in cui la nostalgia la fa da padrona.
La trama di Time Cut
Anche l’incipit, ampiamente sfruttato, fa della nostalgia la chiave di lettura di un film che vuole essere rassicurante e non inquietante. Il viaggio nel tempo – anche in questo caso come in altre tantissime narrazioni è un pretesto che non ha radici scientifiche né spiegazioni di sorta se non nel pasticciato finale – è qui sfruttato per creare un’ambientazione, delle atmosfere di un tipo di stile di vita e cinematografico ben preciso: quello degli anni 2000. La protagonista è la liceale Lucy Field (interpretata da Madison Bailey) che dal 2024 si ritrova catapultata nel caotico 2003, anno in cui sua sorella maggiore Summer (Antonia Gentry) è stata uccisa dal mostro di Sweetly assieme ai suoi migliori amici. Una tragedia che ha sconvolto la cittadina e che 19 anni dopo tutti gli abitanti ricordano ancora con terrore.
Un teen drama vestito da film horror
Come dicevamo, Time Cut non ci prova nemmeno a far paura ed è questa la grande delusione. L’assassino richiama vagamente i mostri degli slasher movie, ma senza mai arrivare a quell’inquietudine e alle atmosfere evocative che quei film richiamano alla memoria.
Invece delle musiche orrorifiche – impossibile dimenticare quella di Halloween – che accompagnano l’arrivo dell’assassino facendo crescere la suspense, in Time Cut sono sostituite dalle voci delle cantanti famose negli inizi del millennio. Le maschere ispirate ed inquietanti sono sostituite da una maschera le cui fattezze ricordano Trump, ma senza mai approfondire davvero la critica alla politica statunitense che si esaurisce in qualche battuta. Gli intrecci narrativi e le uccisioni che precedono lo scontro finale tra l’assassino e la final girl non hanno mordente né a livello di scrittura né tantomeno di regia.
Il film si allontana dall’horror non sfruttandone il potenziale così come l’escamotage del viaggio del tempo risulta superficiale, poco curato e semplicemente utile ad una trama che non decolla mai.
Svuotato dai generi di riferimento, Time Cut finisce per somigliare ad un teen drama come tanti altri presenti su Netflix il cui retrogusto di tenero e il messaggio finale che invitano a vivere il momento e godere il presente ha un che di polveroso, di già visto.
Time Cut: valutazione e conclusione
Time Cut è un film facilmente dimenticabile ed è un peccato. Invita alla visione proprio grazie a questa miscela, che poteva essere ben riuscita, di horror, sci fi e nostalgia per un’epoca che ancora non è molto indagata nel panorama cinematografico odierno, ma che sembra sostituire la visione degli anni 80 che si aveva negli inizi anni 2000. Peccato che nessun elemento sia ben scritto: i personaggi sono poco tratteggiati, il killer non è spaventoso, il messaggio è noioso e la storia non ha mordente. La delusione principale, però, è data dalla comunicazione totalmente sbagliata che voleva vendere al pubblico Time Cut come un film horror perfetto per Halloween mentre invece ci troviamo di fronte ad un teen drama con elementi fantastici.