Napoli – New York: recensione del film di Gabriele Salvatores
Una favola dal grande cuore e dai buoni sentimenti, capace di commuovere e condurre alla risata. Il sottotesto cela però un animo inquieto, doloroso e inevitabilmente adulto. Sul viaggio come percorso d’appartenenza e sul significato profondo della genitorialità. Tra Dickens, Leone e Tornatore. In sala dal 21 novembre
Pensate a questo film, come ad un tesoro dimenticato, sepolto sul fondo di un vecchio baule impolverato e malridotto. La cui appartenenza non è da attribuire a individui misteriosi, pirati o chissà che altro, piuttosto a due grandi nomi della storia del cinema italiano e internazionale, quali Federico Fellini e Tullio Pinelli. A recuperarlo ci ha pensato un altro maestro, Gabriele Salvatores, che non appena avuto tra le mani il soggetto di Napoli – New York, firmato dai due autori, non ci ha pensato un attimo ed è salito a bordo del viaggio incredibilmente dolce, avventuroso e di grande cuore, tanto cinefilo, quanto umano, che è diventato oggi questo film. Attenzione, se non fosse stato per il coraggio dei produttori e dello stesso Salvatores, molto difficilmente avremmo potuto assistere alla resa sul grande schermo delle pagine abbozzate e certamente magiche di Fellini e Pinelli. La fortuna questa volta ha voluto premiare il cinema e non potremmo esserne più entusiasti.
Il viaggio, la famiglia, Leone e Tornatore. Il grande cinema di Gabriele Salvatores è più vivo che mai
Al ventunesimo lungometraggio da regista Gabriele Salvatores ripercorre ancora una volta molte delle tracce narrative che sappiamo essere frequenti e centrali rispetto al suo cinema. Si pensi al tema del viaggio (da Marrakech Express a Tutto il mio folle amore, fino a Napoli – New York), della famiglia e del concetto di appartenenza, rispetto ad un luogo, un superpotere, una casa o un sentimento. Così come molti protagonisti del suo cinema, anche i due giovanissimi Carmine e Celestina, interpretati rispettivamente dalle vere rivelazioni del film Antonio Guerra e Dea Lanzaro, fuggono dal luogo che per entrambi fino a lì è stato casa, Napoli, un po’ per errore e un po’ per curiosità, cercando l’altrove e trovando l’America, più nello specifico Nuova York.
Nel frattempo il viaggio via nave si fa sempre più pericoloso, bizzarro, entusiasmante e drammatico. Gli imprevisti e le sorprese sono appena dietro l’angolo, pronti a coinvolgere tanto gli innocenti e coraggiosi Carmine e Celestina, quanto il burbero, apparentemente crudele e in definitiva sentimentale commissario di bordo Domenico Garofalo (uno straordinario Pierfrancesco Favino). Con lui l’intera squadra di marinai, inizialmente infastiditi e poi sempre più conquistati da questi due bambini così ingenui, eppure capaci di reagire alla vita con sorprendente sagacia e spirito di inventiva, a partire dal cuoco e complice della fuga George (il sorriso di Omar Benson Miller).
È curioso quanto il viaggio in nave mostrato e raccontato da Salvatores, sia capace di generare nella memoria cinefila dello spettatore, una sorta di bizzarro ed elegante cortocircuito, tra quanto accade in Napoli – New York, favola osservata da uno sguardo fanciullesco, capace però di fotografare il reale con inedita precisione e maturità, e quanto accadeva invece nel meraviglioso e malinconico La leggenda del pianista sull’oceano di Giuseppe Tornatore. Un’altra favola, dai caratteri questa volta più cupi e drammatici, vissuta da chi la magia non può più ritrovarla a terra – il mondo non ha più niente da offrire, casa non esiste più o non è mai stata realmente tale -, ma soltanto tra le onde e l’idea di mondo rarefatta e personale, che soltanto gli scenari della nave possono animare. Al contrario dell’addolorato Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento di Tim Roth, i due giovanissimi protagonisti di Napoli – New York della nave ne hanno abbastanza. Sono affamati di vita, scoperta e ancora, di ricerca, che se in primo luogo si lega alla sorella di Celestina, partita per l’America diversi anni prima e poi scomparsa (che scoperta Anna Lucia Pierro, capace di rubare la scena, pur in un ruolo secondario, capacità rara, spesso attribuita ai più grandi interpreti!), secondariamente ha a che fare con l’appartenenza, con il desiderio di cercare e raggiungere un proprio posto nel mondo, a New York, sia esso in famiglia, oppure per la strada.
Risulta in questo senso funzionale e doveroso da parte di Salvatores, omaggiare l’indimenticabile – e forse perfino seminale – C’era una volta in America di Sergio Leone, soprattutto rispetto al segmento della crescita e formazione di Noodles e dei piccoli boss, che piccoli però non lo sai mai davvero, perdendo l’innocenza fin da subito, tra violenze e l’inevitabile arte dell’arrangiarsi, che ben si lega in Napoli – New York al concetto di napoletanità, sul quale Salvatores riflette con esperienza e grande divertimento. Carmine non è Noodles, forse in cuor suo vorrebbe esserlo – la rivelazione conclusiva rispetto all’appartenenza di strada lo conferma -, ma per come Salvatores lo mostra e racconta, non è che un bambino, animato dall’adrenalina e dalla novità della fuga, che un po’ testardamente e un po’ provocatoriamente, rinuncia all’armonia e alla sicurezza, preferendo l’imprevedibilità e il caos del mondo fuori.
Napoli – New York: valutazione e conclusione
È vero che questo film è una favola dal grande cuore e dai buoni sentimenti, eppure possiede tutto un sottotesto sorprendentemente doloroso, che servendosi di una scatola meticolosamente riposta in cima ad un armadio e così di una consapevolezza di vuoto e perdita, celata dagli sguardi e dalle prove incisive di Pierfrancesco Favino e Anna Ammirati, per questo mai inutilmente dichiarata (il subliminale è ancor più feroce), riflette con grande profondità e sguardo adulto, sul concetto di genitorialità e ancora una volta appartenenza. Cosa significa realmente essere genitori? Perché appartenere ad una famiglia? E cosa invece ci rende figli? Forse una partita persa a mazzetto, o forse la capacità di cogliere il buono che c’è, in chi raccogliendoci dalla perdizione ci abbraccia, confortandoci e trascinandosi al sicuro.
Questo è Napoli – New York. Un grande abbraccio, che osserva la violenza e le preferisce l’amore. Commovente, sincero e animato da un cast estremamente vario e funzionale. Come sempre accade poi nel cinema di Gabriele Salvatores, ad accompagnare le immagini, gli interpreti e la loro narrazione, c’è una nostalgica e potente colonna sonora. Occhio a Tom Waits e al luogo della memoria e cinefilo dove inevitabilmente ci riconduce. Non è soltanto Leone, ma anche Dickens (Oliver Twist s’è fermato a Napoli, per poi salpare alla volta dell’America?), Tornatore, Wise e più di tutto e tutti, Salvatores.
Napoli – New York è in sala a partire da giovedì 21 novembre 2024. Distribuzione a cura di 01 Distribution.