Il corpo: recensione del film di Vincenzo Alfieri
La recensione del remake che Vincenzo Alfieri ha realizzato dall’omonimo thriller ad alta tensione dello spagnolo Oriol Paulo. Con Giuseppe Battiston e Claudia Gerini. Nelle sale dal 28 novembre 2024.
Prima dell’uscita nelle sale il 28 novembre 2024 con Eagle Pictures, la quarta fatica dietro la macchina da presa di Vincenzo Alfieri dal titolo Il corpo ha avuto la possibilità di mettersi in mostra in due importantissime vetrine come il Tallin Black Nights Film Festival e il Torino Film Festival. In Estonia prima e all’ombra della Mole poi sono emerse le indubbie qualità di una pellicola la cui genesi viene da lontano, ma che il cineasta salernitano ha saputo scovare, fare sue e rinforzare ulteriormente sia in fase di scrittura, con la complicità di Giuseppe G. Stasi, che sul versante squisitamente tecnico. L’opera in questione è infatti un riuscito ed efficace remake di El cuerpo dello spagnolo Oriol Paulo, thriller psicologico dalle venature horror del 2012 già entrato nel mirino di altri colleghi alle diverse latitudini che in passato lo hanno adattato ben due volte in India (di cui uno non ufficiale) e una in Corea del Sud, alla quale se ne andrà ad aggiungere una quinta made in USA, attualmente in produzione, firmata dal messicano Isaac Ezban.
Vincenzo Alfieri nel suo remake de Il corpo ha apportato qualche aggiustamento qua e là per consentire alla ragnatela narrativa e drammaturgica di essere plasmata a immagine e somiglianza del suo stile e della sua idea di cinema
Del resto, la fonte dalla quale si è andati ad attingere è una di quelle in grado di garantire un discreto materiale di partenza a chiunque se ne fosse fatto carico (come era stato a suo tempo anche per Contratiempo) e Alfieri, a giudicare dal risultato ottenuto, ha saputo farne tesoro e valorizzarlo al meglio, ottenendo quello che ad oggi per quanto ci riguarda è la sua migliore prova da regista. Per chi non avesse avuto precedenti contatti con il plot originale, la revisione messa in atto ha apportato qualche aggiustamento qua e là per consentire alla ragnatela narrativa e drammaturgica di essere plasmata a immagine e somiglianza dell’idea di cinema e allo stile del regista italiano, che nell’esplorazione dei generi ha costruito e sta costruendo una filmografia variegata (I peggiori, Gli uomini d’oro, Ai confini del male) e davvero interessante. Coloro che conoscono la storia e i suoi sviluppi partono ovviamente un passo in avanti rispetto a chi invece è uno indietro. Proprio a vantaggio di quest’ultimi preferibile rivelare meno dettagli possibili della sinossi, perché il pericolo di uno spoiler in pellicole come queste è sempre dietro l’angolo. Ci limiteremo dunque a dire che il corpo di un’affascinante e carismatica imprenditrice morta misteriosamente scompare una notte altrettanto misteriosamente dall’obitorio ove era stato portato a seguito del decesso. Per fare luce su un caso che si fa subito intricato viene chiamato un esperto ispettore dal passato doloroso e travagliato. Anche se i sospetti ricadono sul giovane e rampante marito, molte sono le persone che le erano accanto ad avere un movente per volerla morta ma l’ispettore sembra avere le idee molto chiare su come possono essere andati i fatti.
Il corpo è pieno zeppo di indizi apparenti, di botole nascoste, di mosse e contromosse, di luci e ombre, di specchietti delle allodole per depistare lo spettatore e condurlo sino all’imprevedibile finale
Lasciamo come è giusto che sia per un thriller a scatole cinesi come Il corpo il compito di riportare a galla una verità che è tutt’altro che scontata e prevedibile. Merito di una scrittura che riesce attraverso false piste, depistaggi, fumo gettato negli occhi e abili trucchi di prestidigitazione, a giocare al gatto con il topo con lo spettatore e con molti dei personaggi coinvolti. In tal senso solamente l’artefice della complessa macchinazione è al di sopra delle parti, mentre tutte le altre figure coinvolte altro non sono che le pedine di una partita che solo in zona Cesarini avrà il suo scacco matto. Come si giunge ad esso è il risultato di un percorso volutamente frammentato e non lineare temporalmente che assomiglia a una ragnatela che si dipana tra flashback che si fondono col presente, pieno zeppo di indizi apparenti, di botole nascoste, di mosse e contromosse per spiazzare un fruitore costretto a navigare a vista tra luci e ombre, di specchietti delle allodole per confondere le acque e riflettere quelle che sono le doppie facce dei personaggi. Perché nessuno ne ha una sola e tutti hanno degli scheletri celati nel doppio fondo dell’armadio. Viene da sé che proprio un cadavere svanito nel nulla sia il baricentro su e intorno al quale ruota e si sviluppa un mistery dal meccanismo a orologeria, che lavora soprattutto sulle atmosfere, su una tensione latente e crescente destinata a implodere in prossimità del coup de théâtre che cambia tutte le carte in tavola spazzando via dal tavolo ogni ipotesi e certezza.
La fotografia impattante, il sound design, il ritmo cangiante del montaggio, le pennellate orrorifiche, le soluzioni registiche esteticamente funzionali e la tensione fanno da cassa di risonanza che amplifica il livello di coinvolgimento de Il corpo
Il corpo è uno di quei film che gli amanti del giallo machiavellico non potranno che apprezzare. La confezione fotografica visivamente impattante di Andrea Reitano, il lavoro avvolgente sul sound design, il ritmo cangiante impresso al e dal montaggio dello stesso Alfieri, uniti alle pennellate orrorifiche gettate sulla timeline, alle soluzioni registiche esteticamente funzionali (vedi l’utilizzo asfissiante della macchina da presa sui primi piani nel prologo e nella scena della festa in maschera) e all’uso claustrale delle topografie che restituiscono oppressione e perenne circoscrizione come in un kammerspiel vecchia scuola, fanno da cassa di risonanza che ne amplifica il livello febbrile di coinvolgimento e intrattenimento. A questo partecipano attivamente le interpretazioni di un Giuseppe Battiston camaleontico e convincente, una Claudia Gerini perfettamente in parte in un ruolo cucito su misura per lei, delle spalle ben calibrate come Andrea Sartoretti, Amanda Campana e Rebecca Sisti. Peccato solo per un Andrea Di Luigi che funziona a intermittenza, alle prese con il personaggio del principale sospettato che ne ha messo a dura prova la performance complessiva. Dal canto suo, i precedenti da davanti alla cinepresa di Alfieri hanno fatto la differenza, consentendo comunque a tutte le scene, anche quelle più a rischio di caduta in termini di credibilità, di restare sempre in bolla.
Il corpo: valutazione e conclusione
Vincenzo Alfieri firma la regia del riuscito remake made in Italy del film omonimo del 2012 dello spagnolo Oriol Paulo, una vera e propria garanzia quando si tratta di thriller machiavellici. Il risultato è una trama a scatole cinesi che assomiglia a una ragnatela fittissima di depistaggi, indizi apparenti e capovolgimenti di fronte, nel quale personaggi e spettatori rimangono incastrati sino all’imprevedibile epilogo. Ne Il corpo, il cineasta salernitano lavora abilmente sulle atmosfere, sulla tensione, sui cambi improvvisi di ritmo, sulle topografie circoscritte, lasciando penetrare nel tessuto ben oleato e negli stilemi del genere di riferimento dosaggi mirati di horror per allargare il livello di coinvolgimento dello spettatore. Impattante è la messa in quadro che trova nelle variegate soluzioni di regia di Alfieri e cromatiche della fotografia di Andrea Reitano il suo punto di forza, come gran parte delle performance attoriali, a cominciare da quella di un camaleontico Giuseppe Battiston.