Arcane – stagione 2: recensione della serie d’animazione Netflix
La conclusione di un capolavoro, tra arte e fantasy epico.
Siamo giunti alla stagione conclusiva di Arcane, un cerchio che si chiude e lo fa nel migliore dei modi. Nella nostra recensione dei primi tre episodi, avevamo messo in evidenza come la scelta di suddividere la stagione in parti fosse non soltanto un modo di Netflix per fidelizzare lo spettatore, ma soprattutto una strategia di Riot Games e Fortiche Production per creare tre universi narrativi quasi a se stanti, tre storie che trovano il loro apice in un finale non perfetto. Arcane, difatti, non è perfetta. Ci sono dei difetti – narrativi, il comparto estetico assieme alla colonna sonora sono semplicemente dei capolavori – che creano una sbavatura nelle ultime puntate, ma è impossibile non perdonarli.
L’estetica di Arcane
Arcane è puro cinema. Ogni fotogramma è un capolavoro, ma è con l’animazione, con il movimento che Arcane diventa opera d’arte. Non c’è nulla da poter criticare nell’estetica: dallo stile steampunk, dalle diverse scuole di disegno che si intrecciano andando a formare un’armonia in cui nessuna sovrasta l’altra fino ad arrivare alle palette di colore che danno forma ai diversi universi narrativi. L’animazione assieme alla colonna sonora che riesce sempre ad elevare il momento sono senza ombra di dubbio quello che rende Arcane un gioiellino.
Se con l’aspetto visivo Arcane decide di rischiare e di presentare qualcosa di nuovo che non somiglia a nessun’altra serie tv (o film) animata, è con la narrazione che strizza l’occhio al classico.
La scelta di suddividere l’intera stagione in tre parti si è rivelata proficua, ottima per creare due storie legate, ma parallele allo stesso tempo, con gli ultimi episodi che fungono da conclusione. Eroine ed eroi, maghe, tiranne, personaggi che si sacrificano per il bene comune e un conflitto che domina la vita di tutti gli abitanti sono escamotage dal sapore classico che abbracciano il fantasy epico.
Un finale non perfetto, ma che non preclude la serie dall’essere un capolavoro
Anche l’idea di partenza di Arcane riprende uno tra gli escamotage più famosi. Una società ristretta ed isolata dal resto del mondo in cui tutto è acuito in maniera drastica. Le dinamiche di potere, la politica ferrea, una forte disuguaglianza sociale è la fiamma che accende la miccia. È la critica politica da cui parte la storia di Vi, Jinx e di tutti gli altri personaggi coinvolti; è il motore narrativo che spinge le motivazioni dei personaggi dal primo all’ultimo episodio. Nelle ultime due parti della stagione, il conflitto diventa ancor più cruento, ma non prende mai il sopravvento.
Quel che continua ad essere centrale è l’umanità dei personaggi. Sfaccettati, reali e autentici, la scrittura dei personaggi in Arcane è sublime. Un’umanità che raggiunge il suo apice proprio in un finale non perfetto, ma che riesce a dosare il cinismo (peculiarità della serie fin dal primo episodio) con la speranza e a far splendere quest’ultima.
Abbiamo definito il finale non perfetto per due motivi. Mentre l’animazione riesce nel creare un universo narrativo unico, la scrittura scivola nel riuscire a concludere tutte le storyline, a dare un senso ad ogni sottotrama nel minor tempo possibile per non rovinare il ritmo narrativo che è calzante. Ad essere un po’ deludente, però, è l’introduzione del multiverso. Utilizzato come viene sfruttato in praticamente ogni sceneggiatura degli ultimi anni, il multiverso anche in Arcane rappresenta una soluzione veloce e conveniente.
Arcane 2: valutazione e conclusione
Multiverso o no, necessità nel voler concludere la storia o meno, Arcane rimane un capolavoro dell’animazione. La prima stagione ha colpito grazie al suo racconto dei bassifondi in cui la popolazione non ha opportunità al contrario della borghesia che si riversa in superficie in cui tecnologia e magia hanno modo di crescere ed espandere, una guerra che è alle porte e due sorelle il cui destino rappresenta le facce della medesima medaglia. Per quanto la prima stagione è stata lodata, questi nuovi episodi riescono a superare lo standard qualitativo che era stato settato.
Arcane fa della sua forza proprio l’animazione, una tecnica che dal grande pubblico viene spesso sottovalutata e ritenuta adatta esclusivamente ad una platea di bambini. Arcane al contrario dimostra che alcune storie hanno proprio bisogno della libertà che l’animazione conferisce. Ogni suo frame è una piccola opera d’arte che prende vita proprio con il linguaggio cinematografico.
Arcane ha imparato una grande lezione: nel cinema bisogna mostrare, non raccontare. Ma anche quando racconta, lo fa con classe ed eleganza nel dipingere le più disparate condizioni umane. Per quanto le storyline dei personaggi principali siano profonde ed intense, sono le storie secondarie a conferire intimità alla narrazione. Sono quei minuti rubati ad una famiglia che è stretta in un abbraccio mentre si saluta prima di dividersi per poi tornare per appena un secondo sul finale, sono i momenti in cui in secondo piano si vede come una barista diventa una guerriera a dare tutti quei livelli di interpretazione e di profondità che rendono Arcane un vero gioiello.