Immacolata Greco: vita, morte e segreti della Madre di Lenù in L’amica geniale
Scopriamo la storia di Immacolata Greco, l'emozionante madre di Lenù interpretata da Anna Rita Vitolo.
Immacolata Greco, detta Imma, interpretata da Anna Rita Vitolo attrice teatrale e scelta proprio per questo – Imma è forse il personaggio più teatrale della serie –, è la mamma di Elena, una figura potentissima perché rappresenta prima tutto ciò che Lenù non voleva diventare, fisicamente, intellettualmente, spiritualmente. Lenù vuole essere diversa da sua madre che rappresenta tutte le madri e le donne del rione, ne racconta il corpo, piegato dalle fatiche, dalla famiglia, dalla violenza che devono sopportare. Imma, in L’amica Geniale, serie tv arrivata alla quarta e ultima stagione tratta dalla quadrilogia di Elena Ferrante, rappresenta perfettamente lo schema del luogo in cui vive, madre, moglie, lavoratrice che sgobba fino a cadere nel letto provata dalla stanchezza, è una donna di polso, indurita da tutto e che si comporta duramente soprattutto con Lenù.
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Immacolata Greco, interpretata da Anna Rita Vitolo, è una delle tante madri complesse e ambivalenti di Elena Ferrante
Nel lavoro di Ferrante, oltre alla quadrilogia di L’amica geniale, la madre è una figura importante, complessa e ambivalente e Immacolata Greco fa parte di queste madri. Imma è burbera, rigida, mal sopporta le alzate di capo della figlia così diversa da lei, così tanto “emancipata” fin da piccola. Ha sempre visto in Lenù tutto ciò che lei non possiede e non può/potrà mai possedere. Vede in Lila la causa di tutto, è lei a mettere i grilli per la testa alla figlia. Vitolo dà corpo a questa donna antica e granitica, appoggiandosi sia all’aspetto fisico (l’andatura data dalla zoppia, il volto in un certo senso trasfigurato), sia alla sua esperienza teatrale – cita spesso Eduardo De Filippo e la Janara di Il baciamano di Manlio Santanelli che lei ha interpretato per anni -, le dà senso e acquisisce quel fisico trascinato che tanto impauriva Lenù.
Imma è tanto fredda quanto capace di capire i bisogni, i talenti di una bambina così intelligente quindi ci sarà un momento in cui farà un passo indietro. Sarà dura accettare che la figlia non resterà in casa ma andrà al liceo e poi, addirittura all’Università, i soldi a loro servono per mangiare, per le necessità non per studiare – soprattutto se si tratta di una femmina.
La madre è fiera di Lenù, di ciò che ha fatto da sola, ci sarà un momento in cui questa fierezza sarà palesata. La laurea, il matrimonio con Pietro (in comune e non in Chiesa ennesimo tradimento da parte della figlia), le nipoti, insomma Lenù le da dato veramente tutto. In una delle notti più difficili del periodo universitario, quando la figlia è ammalata, chiusa da sola nella sua stanza la donna prende il treno e va a “salvarla”. Come accadrà in seguito le due donne daranno vita ad uno dei momenti più toccanti della serie; certo, L’amica geniale è un racconto di formazione ma è anche un racconto di sorellanza, un dialogo lunghissimo tra donne e uno dei più potenti è quello madre-figlia. Imma sa perfettamente che lei avrebbe fatto forse come Elena, avrebbe studiato, ma dall’altra parte sa perfettamente che Lenù mal sopporta la madre, alla stessa maniera lei mal sopporta sua figlia.
Immacolata, rappresentante di una granitica tradizione
Imma ama sua figlia, in modo imperfetto, in modo ruvido ma la ama, e come dice nella quarta stagione forse più degli altri, ma non la capisce, non comprende le sue esigenze, il suo bisogno, di indipendenza e di emancipazione. Cosa servono i libri? Cosa serve studiare? Basta ciò che sa, invece no, a Lenù no, lei vuole andare al Liceo, all’Università, sperare di uscire dal rione, pensare in grande. Non essere come sua madre, lo sappiamo bene, in questo tipo di racconto è fondamentale il rapporto con la figura materna, capire da dove si parte per poi scegliere la propria strada. Lenù si ribella e scrive alcune delle pagine più oneste e sincere scritte su questo tipo di rapporto, anche narrando e descrivendo i sentimenti più difficili da esplicitare: Lenù si vergogna di ciò che rappresenta sua madre, quando la vede camminare con quella zoppia, simbolo della malattia avuta da bambina, quell’occhio diverso dall’altro, lei guarda con pena quel fisico che lei non vuole avere. Imma dal canto suo vuole riportare Lenù sulla careggiata, vuole che lei sia una donna di casa, “fatichi”, porti il segno di essere donna a Napoli anche sul suo di corpo. Vuole che lei sia moglie e madre, vuole che porti il velo e che con quell’uomo, nonostante tutto viva per tutta la vita.
Nella terza stagione Imma e Lenù sono più vicine, la seconda è ormai una donna, può capire meglio ciò che ha vissuto la madre. Emerge infatti chiaramente e la madre glielo dice che, nonostante Lenù sia ricca, abbia disponibilità di avere qualcuno che si occupi della casa, del marito e dei figli, i loro ruoli non siano poi tanto diversi. Se ha chiuso un occhio sulla questione matrimonio in comune, perché a farla ragionare è stato Pietro che le ha parlato direttamente senza mezzi termini, ciò che convince Immacolata è l’affidabilità di Pietro, nessuna madre vorrebbe dare in sposa una figlia ad un uomo inaffidabile.
Lenù, dal punto di vista di Imma, in questa quarta stagione delude ancora una volta, lasciando quell’uomo sicuro ma non in senso stretto ma per ciò che rappresenta, è ricco, fa parte di una famiglia importante, è stata la via grazie alla quale lei ha potuto pubblicare il libro. Per Imma quando Pietro la chiama e le dice che Lenù lo ha tradito con Nino e che lo vuole lasciare, lei arriva come una maschera d’odio, rabbia, rancore. Vuole solo rimettere le cose a posto. In cucina, proprio dove la donna dovrebbe stare secondo una tradizione antica e retrograda, Imma prova a riunire ciò che si è disunito, prende i cocci di quel rapporto già nato male e vuole ri-incollarli insieme: due mani staccate che devono essere ancora legate, come se bastasse un po’ di colla e tutto si ricuce. A Imma mancano proprio una certa “educazione sentimentale” che però lei supplisce con l’amore viscerale, con i sentimenti letterali ma profondissimi: in più di un’occasione Imma riesce a abituarsi alla nuova Lenù, a quella che va al liceo, a quella che va all’Università, addirittura alla fine della vita, a quella accanto a Nino. Ora però questo “suicidio sentimentale” da parte della figlia non può proprio accettarlo: inizia a picchiarla, la prende a male parole, riesce a dire che per lei suo figlio è Pietro, non più Lenù. Firenze diventa una succursale del rione, eppure la verità è una sola, madre e figlia sono nate in due periodi diversi, manifestazioni di istanze differenti, Imma è intrisa di quel maschilismo interiorizzato, germogliato in un luogo, in un periodo storico, concimato da una cultura patriarcale, machista, sessista, con cui è stata cresciuta, in cui vive, di cui si ciba, che respira., Lenù invece vuole amare chi vuole, anche a costo di chiudere il rapporto con il padre delle sue figlie.
Imma, la morte di una madre che ha dato tutto per crescere e proteggere la propria figlia
La malattia di Imma è qualcosa di straziante ed è ulteriore segno della bravura di Vitolo. Imma si contorce dal dolore e, come prova a tenere lontani tutti, medici e figlia, così prova a fare con la Morte. Si ammorbidisce la donna un po’ perché diventa nonna per la terza volta, un po’ perché sente forse che sta per andarsene. Come una spada di Damocle, il tumore che l’ha colpita la mangia da dentro e proprio in questo momento è sempre/ancor più vicina a Lenù.
Imma e Lenù si urlano addosso prima e ora si parlano, sottovoce, con i silenzi, con gli sguardi, con un tramite, una bambina appena nata, finalmente forse hanno messo da parte le contraddizioni che tanto le hanno allontanate e le mettono una di fronte all’altra. Perdere un genitore fa diventare davvero adulti, perdere una madre fa sentire perse per davvero e Lenù si è sempre sentita così quindi ora deve ridisegnare il perimetro di sé e del suo corpo. Sconvolta dalla morte di Imma, Elena cerca rifugio nella scrittura, dedicandosi al suo nuovo romanzo, ancora una volta sua madre le dà la spinta per fare, per migliorarsi, per spingersi al di là del confine.