L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: recensione e spiegazione dell’ultima stagione della serie

La recensione e spiegazione del finale de L'amica geniale 4 - Storia della bambina perduta, la serie Rai tratta dalla saga di Elena Ferrante.

Si è conclusa L’amica geniale 4, ultima stagione della serie tratta dalla saga di Elena Ferrante. Le abbiamo incontrate bambine che affrontavano povertà e oppressione nella Napoli degli anni ’50, poi giovani cercare il loro posto nel mondo, adulte nei turbolenti anni ’70 e il loro legame resiste nonostante tutto. Elena si dedica alla scrittura, viaggiando tra Italia e Francia, dopo i problemi coniugali a causa della relazione con Nino, ha scelto se stessa, le sue figlie. Lila trova il successo ma combatte un po’ se stessa e un po’ i mostri del passato, ormai una sorta di gangster del quartiere. L’amica geniale si conferma essere un racconto d’amicizia, d’amore, di crescita di due donne in un mondo maschile e maschilista non alla loro altezza che le mette all’angolo, le opprime, le distrugge cercando di segregarle e limitarle, una fotografia dell’essere donna nel momento in cui quest’ultima sta cercando di costruirsi un presente e un futuro, libero dai dettami e dalla società patriarcale. In questi dieci episodi vecchi pericoli si materializzano in mezzo a tumulti politici, convulsioni sociali e piccoli e grandi rivoluzioni. Elena affronta sogni disintegrati con Nino mentre si riconnette con le figlie e il passato. Lila affronta radici che non riesce a abbandonare, cercando l’emancipazione, sfidando i potenti.

Due donne opposte eppure complementari, due anime affini nonostante le invidie provate. Lila e Lenù, due amiche geniali

L’amica geniale 4 porta al centro ancora una volta Lila (Irene Maiorino) e Lenù (Alba Rohrwacher), due donne che sono sempre state necessarie l’una per l’altra, in vari ambiti e in vari sensi, spinta propulsiva e frustrazione in corpore. Lila fiamma e terra, ardimento e fragilità, Lenù fragilità e cultura, egoismo e invidia. Lila incoraggia le ambizioni di Elena, pur invidiandone la fuga. Elena ammira il fuoco di Lila, prendendo a prestito un po’ di ribellione. Sono quasi opposte le due, complementari e adiacenti come due stanze attigue ma che poi sono più simili di quanto si possa pensare, mosse dallo stesso bisogno di empowerment, dalla stessa voglia di cambiare e di uscire da quel magma da cui e in cui sono cresciute. Lila è rimasta lì mentre Lenù è fuggita per poi tornarci e ricostruirsi una vita proprio in quel rione da cui voleva scappare. Tutto in questo romanzo di crescita e maturazione sembra legarsi al resto in maniera gentile e coerentissima, madri e figlie che poi diventano loro volta madri di figlie, bambole di cui prima si finge di essere madri e ora di quelle stesse si può essere nonne, bambine e bambini di cui si è davvero genitrici, migliori tra i peggiori e mediocri con chi credi migliore, è un gorgo incredibile e bellissimo che riposiziona ogni cosa. 

Lenù, di nuovo a Napoli, nel suo rione, deve capire, lasciare andare, ricostruire, mettere da parte e connettersi nuovamente, o forse per la prima volta, con ciò che è importante. Messo da parte Nino – che poi diventa parlamentare e cambia bandiera come cambiava donne -, un maschio tossico della peggior specie che si rivela essere anche padre di serie B (è poco presente, non sa amare e non sa far sentire apprezzata Imma), resasi conto della relazione malata in cui era imprigionata, Lenù riscopre se stessa, il suo rione, le proprie figlie e anche Lila, figura fondamentale per lei, per la sua vita, faro e tempesta che ha messo le basi per creare ciò che è Lenù oggi. Lenù donna, scrittrice, madre e amica, è così proprio perché è stata amica, sorella, per certi versi anima gemella, di Lila. Quest’ultima ha vissuto a Napoli, nel rione, si muove affondando le radici in quel fango malmostoso, cerca di aiutare le persone, di “salvarla”, portando dentro di sé quella delicata fragilità che la fa smarginare. Si perde e si disperde a volte, quando la paura la coglie, ad esempio durante il terremoto – come era successo durante un capodanno -, quando non riesce più ad avere il centro di sé e del mondo. Lila si confronta con visioni di realtà permeante, perseguendo giustizia per sé e per gli altri. Lenù combatte la stagnazione attraverso la scrittura, sfidando ciò che ci si aspetta dalle donne.

Lenù e Lila hanno bisogno l’una dell’altra, anche se per certi versi si temono, come quei grandi amori intensi e turbolenti si attraggono e si respingono. Ci sono state quando l’una andava al liceo e l’altra lavorava nel negozio di scarpe, quando l’una ha abortito mentre l’altra sognava un ragazzo che amava un’altra, quando l’una è stata abbandonata da Nino e l’altra aveva un fidanzato. Entrambe sono incinte e portano in grembo due bambine, Tina e Imma. Lenù prova a stare accanto a Lila nel momento in cui Lila deve sopravvivere alla sparizione di sua figlia. Sono vicine anche adesso mentre si studiano e si capiscono come quelle materie complesse e proprio in questo ultimo episodio c’è una frase che riassume L’amica geniale, il rapporto di Lila e Lenù, la sorellanza amorosa di due anime affini e diverse: “parlare con te, Lila, mi aiuta, mi fa ragionare: mi aiuti a stabilire i nessi tra le cose distanti”. Si reggono e si mantengono l’una all’altra perché, nonostante tutto, non sono mai state vicine a nessun altro all’infuori di loro. Vale sempre anche quando si sono odiate, mal sopportate, sono state in emisferi opposti dello stesso mondo, anche quando Lila critica Lenù perché lei e le sue figlie sono “perfette”, quando da ragazzine la prende in giro dalla macchina dei Solara. 

La sparizione di Tina

Tina e Imma sono inevitabilmente messe a confronto e si sentono messe a confronto. Tina è intelligente, scrive mentre Imma non ancora, disegna benissimo e Lila poi dirà, “Tina doveva essere meglio di tutti quanti voi”, dall’altra parte Imma è silenziosa, timida, poco brillante rispetto all’amica che sa fare tutto, guarda con gelosia e forse invidia il talento e la genialità dell’amica. L’incontro nell’appartamento di Lenù con Dede, Elsa e anche la piccola Tina sarà determinante per il futuro di tutti. Tina poco dopo scompare tra le bancarelle del rione. Ci sono tante ipotesi che vengono fatte, una fra tutte è che i fratelli Solara abbiano fatto del male a Tina per punire Lila e riprendersi definitivamente il potere sul rione.

Lila deve trovare pace, senza sua figlia, ormai scomparsa, si lega quasi simbioticamente a Imma, la figlia più piccola di Lenù, nonostante la tratti “con la stessa durezza con cui trattava gli adulti”. Di fronte alla terribile accusa che le rivolge Dede sul fatto che, da quel maledetto giorno, Lila non ha mai pianto, lei reagisce dandole uno schiaffo e piene di furore per quelle parole ingiuste e feroci, eppure proprio come dice Lenù, “le lacrime non sono dolore”.

Lila: “dobbiamo uscire dalla rabbia, non dal dolore. […] Se Tina è viva, subisce delle cose orribili lontano da me; se invece è morta, sono morta anche io”

Lila porta avanti tutto, ogni cosa, c’è nonostante si sia persa e dispersa, non si scherma però neppure ora anche se non parla mai della figlia, è tempestosa, è piena di voragini ed è voragine stessa, lo è sempre stata ma in questo momento lo è ancora di più. Lila è incontrollabile e forse non si vuole controllare e viene tenuta alla larga dalla gente, dal rione, come succedeva un tempo a Melina. 

Enzo: “È come se Lila fosse scivolata nel vuoto che ha lasciato nostra figlia”

Potrebbe essere difficile incarnare tutto questo e invece Irene Maiorino è in grado di vivere lo strazio, la perdita, la voglia di sparire con ogni cellula del corpo, con ogni vibrazione della voce. Maiorino riempie e sottrae, lavorando al fianco, dentro, sotto e sopra la pagina scritta di Ferrante, si vede che l’attrice ha abitato prima la pagina scritta, poi ha ben conosciuto il lavoro di Gaia Gerace, per poi diventare lei Lila.

L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: Lila si smargina e decide ancora una volta della sua vita, decide di sparire

Lila è persa e disperata, la “smarginatura” ha esondato e la donna è tutta “smarginata”. Vaga per le strade in preda alla rabbia, al rancore, alla disperazione. Lenù porta all’amica, sorella, figlia per certi versi, il cibo, parla con lei, cerca di sostenerla e di smuoverla da quel torpore ma Lila non vuole smuoversi, non vuole svegliarsi, il dolore è troppo forte da renderla bestia feroce in gabbia. Arriva ad un punto di non ritorno e la storia si riaggancia all’incipit della prima stagione: Lenù riceve una telefonata da parte di Gennaro, il figlio di Lila, per dirle che la madre è sparita. 

Lila si è cancellata ed è questo che porta Lenù a rompere la promessa, scriverà di Lila, finalmente si capirà perché Lila, donna forte mai piegata a nessuno, decide di sparire, a causa della scomparsa di Nunzia – è lei la bambina perduta del titolo.

Lila: “Per tanto tempo ho pensato che hanno rapito Tina perché pensavano che fosse figlia tua, visto che siete finite insieme sul giornale”

La bambina perduta dunque sarebbe potuta essere una delle figlie di Lenù, ancora una volta c’è uno scambio di “bambole”, ancora una volta c’è uno scontro corpo a corpo, animo a animo, di due donne che si amano infinitamente.

Lila è talmente forte da decidere lei cosa, dove e quando, decide che è il tempo di non esserci più.

La scrittura di Lenù per raccontare Lila ma anche se stessa e tutte le donne

Lila: “Sono contenta che siamo state amiche per tutto questo tempo e che lo siamo ancora”

Questo è l’ultimo saluto di Lila a Lenù – quest’ultima ha deciso di lasciare Napoli e trasferirsi a Torino -, lei sa perfettamente che non si rivedranno più e le vuole dire sciogliendosi poi in un abbraccio che è felice. Ancora una volta è Lila a tirare le fila, a scegliere, a muovere la storia, questa volta decide perfino di “cancellarsi” e quindi spinge anche Lenù ad agire, a scrivere.

Lenù: “Hai sempre voluto esagerare, Lila. Ti avevo promesso che non lo avrei mai fatto, ma sono molto arrabbiata. E allora scrivo tutta la tua storia. […] Mi esclude, mi punisce, quando in vecchiaia avremmo bisogno di vicinanza. A volte mi chiedo dove si è dissolta. Se ne sta là, insieme alla figlia”

Lila c’è, esiste anche quando sparisce, anche quando si dissolve, esiste nelle pagine di Lenù che ha scritto di lei, di loro, di quel Piccole donne da cui è partita questa vicenda umanissima e epica fino ad ora che lei è svanita nel nulla e l’altra è ancora qui, tanto bisognosa di lei. L’ultimo vero gesto che ricuce tutto, un pacco in cui ci sono due bambole, Tina e Nu, simbolo di amicizia, del femminile e della maternità, che lei e Lila avevano gettato nello scantinato di Don Achille e che non avevano mai più ritrovato. La prima vera sfida tra le due, lo sguardo l’una negli occhi dell’altra, quelle parole affilate come lame, quello che fai tu lo faccio io, una sorta di eterno braccio di ferro che non finirà mai.

Ancora una volta è Lila, il rapporto con lei a far capire molte cose a Lenù che dice: “Mi aveva ingannata, trascinata dove voleva lei. O forse no. Forse quelle due bambole significavano solo che mi voleva bene, e che ora stava vivendo in vecchiaia la vita che in gioventù si era e le avevano vietato. Ora che si è fatta vedere così nitidamente, devo rassegnarmi a non vederla mai più”.

L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta: conclusioni e valutazioni

L’amica geniale 4 – Storia della bambina perduta è una storia d’amore, è un racconto del femminile profondo e sfaccettato, dell’essere donna, del rapporto con le altre sorelle e del rapporto con l’uomo. Donne, figlie, amiche, madri, compagne. Si tratta di donne che sbagliano, lottano, invidiano, tradiscono, protestano e amano, è un trattato femminista, sull’indipendenza, sul matrimonio e sulla maternità. Da Immacolata alla piccola Imma, quattro generazioni di donne e modi diversi di esserlo. L’amica geniale discute su tante cose, racconta le età della vita, è la storia del cognome (discussioni sul cognome, passato di padre in figli), del corpo femminile, del consenso (gli stupri, le violenze, le molestie), della riappropriazione di se stesse. Grazie ad un’intensa prova attoriale da parte di tutto il cast, profonda terrigna e “lagunosa” la Lila di Irene Maiorino che sa perlustrare ogni centimetro del suo corpo e della sua mente, terribilmente fragile la Lenù di Alba Rohrwacher che con la sua algida e intensa bellezza dona un bagaglio di umana vulnerabilità alla narratrice della storia, insopportabile e fascinoso il Nino Sarratore di Fabrizio Gifuni che si odia sempre di più, delicato e centrato l’Enzo di Pio Stellaccio che dà corpo a uno dei pochi uomini buoni, rispettosi, onesti e presenti della serie.

L’amica geniale, proprio come il libro, è una storia circolare, è la rappresentazione di un’amicizia splendida e tenebrosa, uno sdoppiamento e uno rispecchiamento continuo, entrambe le donne potrebbero essere l’amica geniale dell’altra, mentore e allieva, sono profonde e oscure e anche il loro rapporto lo è. L’amica è una carezza, è un pugno in piena pancia, è un urlo e una voce sottile, è dolore e anche compartecipazione delicata.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4.2

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