Sugarcane: recensione del film Disney+

Un racconto personale, ma anche collettivo.

È entrato il 10 dicembre 2024 nel catalogo Disney+, prodotto da National Geographic, Sugarcane, film di Julian Brave NoiseCat, discendente dai nativi indigeni, e di Emily Kassie che raccontano violenze in diverse forme, ma soprattutto sessuali e stupri, compiuti con l’intento di distruggere un’intera comunità, investigazioni seguite al ritrovamento dei corpi in tombe anonime situate nei pressi di un Collegio per indiani nativi gestito dalla Chiesa Cattolica, il Saint Joseph’s Mission. Il film si struttura intorno a varie storie parallele, scelte per portare a galla l’orrore vissuto e per lunghi anni ignorato o sepolto.

Sugarcane: storie e testimonianze di una vicenda dimenticata

“Voglio conoscere tutta la storia”

I corpi, ritrovati nel film Sugarcane, sono subito messi in relazione con le storie e le testimonianze di abusi, torture e sparizioni di cui furono vittime i bambini indigeni nella scuola. Si tratta di un’opera che  è un vero e proprio pugno nello stomaco, si vuole raccontare un genocidio nascosto. Quei bambini, allontanati dai genitori, adducendo la scusa di voler dar loro un’educazione (“trascinavano via i figli piangenti fin al furgone”), per di più sono vittime di abusi da parte dei sacerdoti della Missione.

Al centro di tutto ci sono le storie, quella di Charlotte, una sopravvissuta, che segue le indagini, ostinata nella ricerca di altri testimoni delle conseguenze devastanti subite anche a livello psicologico, quella di Rick Gilbert, capo della First Nation, che scopre ormai anziano di essere figlio di un prete irlandese e che ora, lui fervente cattolico, si reca fino a Roma in un’udienza concessa da Papa Francesco alla comunità, durante la quale il Papa chiederà perdono per i crimini, quella del regista che dopo un viaggio anche personale attraverso i suoi territori natii, scopre che il padre e la nonna erano stati testimoni e vittime di quegli avvenimenti.

“Durante questa canzone, la famiglia rende omaggio ai sopravvissuti del collegio indiano di Kamloop”

Sugarcane: un racconto personale e anche collettivo

“Deve esserci della verità da qualche parte”

Sugarcane usa un punto di vista giornalistico, nonostante questa sia parte della storia di Julian Brave NoiseCat, è una storia che gli appartiene. Il film ricostruisce i fatti, attraverso interviste e numerose fonti che gettano le basi per poi inserire anche il racconto personale, quello più intimo e doloroso: quando il padre, la nonna ricordano ciò che hanno visto e vissuto è come se una lama affondasse nelle carni, il momento è drammatico, è un dialogo familiare eppure diventa nostro e ci sentiamo feriti noi stessi in quanto esseri umani. In questo modo il documentario coinvolge non solo la storia della sua famiglia ma anche quella dell’intera comunità, solo così, compartecipando e dividendo il dolore quest’ultimo si fa sopportabile. Il peso della memoria e della testimonianza è complesso di per sé, è un bagaglio gigantesco da portare addosso. Grazie alla regista Emily Kassie, che è anche direttrice della fotografia, ogni inquadratura acquista una forza estetica potente che stride con il dolore di ciò che narra.

I registi mostrano moderazione ed empatia mentre narrano gli orrori, vicino alla riserva di canna da zucchero di Williams Lake nella Columbia Britannica ed è forse anche questo stile a rendere ancora più efficace Sugarcane.

“Non dimenticherò mai ed è difficile perdonare”

Sugarcane: valutazione e conclusione

Sugarcane è un racconto di volti e storie, di ricordi drammatici e memoria tragica che strazia il cuore, un documentario come questo ha grandissimo valore perché fa luce su una pagina oscura della storia canadese. I due registi con tatto ma con una maniacale ricostruzione storica restituiscono dignità a una comunità straziata che cerca ancora con fatica e sudore un’identità e una cultura, lavorando per far emergere la verità e infatti uno dei sopravvissuti dice: “Non basta il perdono”. È un film personale che diventa anche collettivo, è un’opera che guarisce il singolo e la comunità ma anche tutti i popoli a cui è toccata una sorte simile.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.6