Luca Gallone si racconta da L’amica geniale a Vincenzo Malinconico
Vittorio Greco de L'amica geniale e Benny La Calamita di Vicenzo Malinconico raccontati da chi li veste ormai da anni
La passione per il cinema, l’esigenza del teatro, gli insegnamenti, la formazione, un ampio ventaglio di personaggi e la voglia di uscire da sé; di questo e di molto altro abbiamo parlato con Luca Gallone, attore nato a Napoli nel 1981, che abbiamo potuto apprezzare in passato per il ruolo di O’ Mulatto in Gomorra – La serie e che oggi fa parte del cast di due dei progetti più importanti e ambiziosi di tutto il panorama Rai: L’amica geniale, che egli stesso definisce come il prodotto seriale italiano più importante di sempre, e in cui egli interpreta Vittorio Greco, padre di Elena, e Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso, la serie tratta dai romanzi di Diego De Silva con protagonista Massimiliano Gallo, in cui Gallone veste i panni di Benny La Calamita. Partendo dalle due fiction – la prima terminata quest’anno con la sua quarta stagione e la seconda arrivata al suo secondo capitolo ma pronta a proseguire – e passando poi al racconto del progetto che lo ha visto apparire anche al Torino Film Festival 2024 (il docufilm diretto da Eleonora Danco, N-Ego), l’attore ha saputo trasmettere tutto il suo ardore cinematografico, analizzando quelli che sono gli elementi che più lo connettono alla sua professione e i passaggi che hanno determinato il suo percorso, da giovanissimo appassionato a interprete del grande schermo.
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Luca Gallone e l’amore per il cinema: “L’attore deve essere propenso al gioco”
Quando e come è nata la tua passione per il cinema?
“La mia passione è nata quando ero bambino e ricordo in particolare due importanti momenti: a 8 anni, nel letto dei miei genitori, vidi Nuovo cinema paradiso; era il 1990, ricordo di essere stato investito da questa ondata di cinema, di vita, di umanità, di arte e di aver istintivamente pensato alla carriera da attore. Successivamente, durante il periodo delle medie, organizzarono un cineforum e ci fecero vedere Bronx, debutto alla regia di Robert De Niro, e per me fu la seconda folgorazione anche perché, visto il quartiere popolare di Napoli in cui vivevo, sentivo il racconto molto vicino a me. Il riuscire a portare al mondo intero la nostra realtà mi era sembrata una magia”.
E poi, durante il periodo del liceo, ti sei avvicinato al teatro.
“Esatto, siccome il cinema in quel periodo si faceva unicamente a Roma e io non avevo la possibilità di trasferirmi, ho cominciato a fare teatro a scuola, partecipando ad un laboratorio molto ben strutturato, e poi sono lentamente entrato nel giro delle compagnie teatrali della mia città. C’è poi stato un periodo durante il quale, per prepararmi al provino dell’Accademia Silvio D’Amico, ho studiato con Gino Maringola, uno degli attori di fiducia di Eduardo De Filippo, che ha dedicato l’ultima parte della sua vita alla formazione, portando tutto il suo enorme bagaglio di conoscenze a servizio di giovani e aspiranti interpreti. Alla fine, non ho fatto il test perché, come dicevo, non avevo possibilità di mantenermi, però ho fatto tesoro di quel periodo formativo e di tutto ciò che questo maestro mi ha trasmesso”.
Venendo al presente: sei d’accordo nel definire L’amica geniale come uno dei prodotti di punta degli ultimi anni in Italia? Cosa ha significato farne parte?
“Sì, sì, assolutamente d’accordo, si tratta di un colossal, forse l’unica collaborazione tra il più importante broadcast italiano, ossia Rai, ed HBO, quindi probabilmente il prodotto seriale più importante mai realizzato in Italia, e tra i maggiori in Europa, che parte da un vero e proprio fenomeno letterario mondiale, nato a Napoli e arrivato ovunque.
La prima cosa che deve fare un attore è stare leggero, essere propenso al gioco, alla creatività, ma poi subentra sempre anche la responsabilità, soprattutto quando bisogna interpretare personaggi che sono stati letti da milioni di persone e io ho preso questo personaggio nel 2018, come mio coetaneo, e l’ho portato alla fine della sua vita (visibilmente invecchiato, grazie ad un eccellente staff di truccatori)”.
Come stato lavorare con grandi registi quali Saverio Costanzo, Alice Rohrwacher, Daniele Luchetti e Laura Bispuri? Com’è stato il passaggio dall’uno all’altro tra le diverse stagioni?
“C’è stato un filo conduttore rappresentato in gran parte da noi attori trasversali. Inizialmente abbiamo impostato i personaggi con Saverio, che è il padre della serie, poi gli altri hanno portato il loro occhio, come era giusto che fosse, rispettando però sempre quello che già c’era alla base. Sono stati tutti molto intelligenti nel confrontarsi continuamente con noi attori, d’altronde stiamo parlando di registi di indiscusso talento che si approcciano con la giusta delicatezza, la giusta sensibilità.
Anche il lavoro di casting è stato perfetto perché, oltre a noi genitori che siamo rimasti dall’inizio alla fine, i personaggi che hanno visto un ricambio, lo hanno visto tra attori sempre molto somiglianti. È giusto sottolineare quanto il cinema e la televisione siano lavori di squadra che passano anche da figure come quelle del casting director”.
L’amica geniale non è, però, l’unico progetto Rai di cui ha recentemente fatto parte; chi è Benny La Calamita?
“Benny La Calamita, tra i personaggi principali della serie ‘Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso’, è stato per me un ruolo nuovo, diverso, meno drammatico, meno duro del solito. Ho proseguito con il mio percorso autoriale e, dopo Saviano con ‘Gomorra’ ed Elena Ferrante con ‘L’amica geniale’, è arrivato questo progetto, tratto dai romanzi di Diego De Silva, in cui interpreto un personaggio complesso, costretto a fare l’avvocato perché vittima delle volontà del padre. Nella seconda stagione Benny cresce e prende consapevolezze dei suoi doveri, divenendo un bravissimo avvocato, capace anche di vedere il talento di Vicenzo in un suo momento di totale precarietà.
La serie è molto interessante anche perché fa il punto su quella che è la condizione dei liberi professionisti oggi, non più elitaria come un tempo”.
Progetti presenti e futuri: “Voglio nuovamente allontanarmi da me”
Come dicevi Benny è un personaggio nuovo per te, ma quanto c’è di tuo in lui?
“Ritrovo una certa verve che con lui posso controllare meno e lasciar andare. Posso mantenere livelli alti come umore, come stato d’animo, a differenza, per esempio, di Vittorio Greco che nell’ultima stagione è un uomo anziano, affranto, col peso del fallimento sulle spalle e quindi molto drammatico. Benny è all’opposto, è in rampa di lancio, è brillante, è dissacrante e questa cosa mi esalta; a me piace raccontare tutte le umanità e a volte non so se sono io ad indossare il vestito del personaggio o viceversa. Ecco perché mi piacerebbe interpretare qualcosa che sia totalmente lontano da me, come era stato con Gomorra; voglio nuovamente allontanarmi da me”.
Raccontaci qualcosa di N-Ego, opera seconda di Eleonora Danco, presentata all’ultimo Torino Film Festival
“Si tratta di un docufilm con una parte documentaristica che vede attori presi dalla strada e una di fiction che vede un grandissimo cast. Io e Eleonora ci siamo conosciuti per un suo spettacolo teatrale che, per il momento, non è ancora stato realizzato, e successivamente mi ha proposto di entrare a far parte di questo progetto, che è cinema ma ha comunque forti echi teatrali. È un film sperimentale, inconsueto, in perfetto stile Danco, che ha una cifra artistica molto chiara”.
Chiudiamo con il futuro: ci sono altri progetti a cui stai lavorando? E infine, ci sono registi con cui un giorno sogni di collaborare?
“Ci sono un po’ di progetti ma sono ancora in fase embrionale, anche per una questione di mie scelte, dato che sto valutando seriamente l’idea di tornare in teatro.
Per quanto riguarda l’altra domanda, mi piacerebbe molto lavorare con Matteo Garrone perché, da quel che mi raccontano, credo abbia un modo di girare molto adatto a me e poi, paradossalmente, vorrei lavorare con qualche regista napoletano, dato che Miniero, di ‘Vincenzo Malinconico’, credo sia stato il primo”.