Here: recensione del film di Robert Zemeckis con Tom Hanks
Un film concettuale, per certi versi pretenzioso e ardito.
Robert Zemeckis ed Eric Roth tornano a lavorare insieme, e con loro le star Tom Hanks e Robin Wright, ma anche se sembra la reunion di Forrest Gump, il film è Here e con questo Tom Hanks e Robert Zemeckis firmano la quinta collaborazione. Here è un audace e singolare adattamento di un fumetto datato 1989, scritto da Richard McGuire e a sua volta trasformato in una graphic novel pubblicata nel 2014. Con un cast incredibile, del quale sono indiscussi protagonisti la coppia Tom Hanks e Robin Wright, Here è un film dall’ineccepibile potenziale, una storia difficile da portare sul grande schermo e un racconto denso di temi esistenziali.
Attori e contesti, epoche e personaggi
Here, come dice il titolo, è il “qui”, “adesso”, un luogo specifico, un tempo e un momento negli anni che passano, nell’umanità che attraversa le generazioni, in un insieme indefinito e veloce di istanti, di attimi, di vita. Con camera fissa e un solo obiettivo, Here si svolge in un unico luogo: prima che un’abitazione venga costruita, e nei secoli e decenni successivi, osservando un salotto cambiare assetto e disposizione, con abiti, acconciature e abitudini che a loro volta mutano. Per quanto la storia si concentri su una famiglia degli anni ’70, con il figlio, la fidanzata futura moglie e a loro volta la propria figlia, sono gli anni precedenti: anni ’20, ’50 e ’60 a funzionare maggiormente, a coinvolgere nella loro attenzione al dettaglio. Un gusto del tipico, con proprietà e peculiarità che vanno dalla scenografia, al trucco e ai costumi. Come alla recitazione che, per breve tempo, identifica non solo l’epoca.
È infatti centrale la gente dell’epoca, ciò che pensava e desiderava, con ambizioni, paure e obiettivi da raggiungere, con regole, principi e criteri da rispettare. Ecco che ai quattro membri della famiglia Young: volti di Tom Hanks, Robin Wright, Paul Bettany e Kelly Reilly, si aggiungono Michelle Dockery, Gwilym Lee, David Flynn, Ophelia Lovibond, Nicholas Pinnock e Nikki Amuka-Bird. Tutti rimangono egualmente e abilmente impressi nei loro brevi, appunto, istanti, che hanno vissuto in quel salotto. Nei pochi minuti che appaiono sullo schermo. Ognuno prefigurazione di tematiche universali e problematiche attuali. Robert Zemeckis decide così di riprendere, con un certo distacco, miliardi di anni, scegliendo alcune ere, forse le più significative, quelle capaci di cambiare per sempre la vita dell persone. In quel New England della famiglia Young sono passate innumerevoli vite, persone che non ci sono più, dei quali si è perso il nome e si è persa la traccia, insieme ad animali e specie ormai estinte, dei quali non c’è più alcun segno del proprio passaggio.
Destinazioni eccessivamente intellettuali
La monotonia, la banalità di un quotidiano e di generazioni che hanno sempre bisogno di nuovi stimoli, perdendo quell’idea di calore familiare, dei valori di una volta, degli amori indistruttibili, del piacere di divertirsi, scherzare e ballare insieme al quale si sostituisce quello di annoiarsi, parlare e ricordare insieme. Nonostante i primi piani siano pochi considerando la tecnica utilizzata, è evidente l’intelligenza artificiale per ringiovanire gli attori, che lascia del tutto a desiderare. Anche se, indubbiamente, la verosimiglianza fisionomica non era nell’interesse di Zemeckis. Cosa il regista premio Oscar volesse realmente dire con questo film non è comunque chiaro, perché per quanto Here lasci quel senso di nostalgia e malinconia, si tratta di una storia dolce-amara sul passare del tempo, sul senso del rimpianto, su generazioni, ere glaciali e miliardi di anni che cambiano mondi, terreni e costruzioni.
Influenzando anche le persone, ma solo e unicamente perché gli esseri umani sono il risultato della società, della cultura e della mentalità nel quale sono nati e cresciuti. In quel luogo, in quelle case, in quel salotto che si modifica, in quel tempo che passa con arredi, caratteri, materiali, mode e costumi che si trasformano si parte dall’epoca dei dinosauri, si vedono dei nativi americani, il figlio di Benjamin Franklin, i primi esperimenti di aviazione, le invenzioni per un maggior comfort domestico e poi la famiglia Young, la vera reunion che Zemeckis e Roth cercavano. E quella che opera il ringiovanimento delle due star di Hanks e Wright che proprio non convince. I personaggi protagonisti sono interpretati così da Hanks e Wright dai loro diciotto anni fino a un’età avanzata, somigliando più a modelli, simboli della generazione dei baby boomer che inizia ad avere sogni e interessi diversi dai propri genitori, convinta di voler replicare ciò che avevano sempre pensato fosse sinonimo di soddisfazione familiare, realizzazione personale e benessere economico.
Here è sicuramente un film agrodolce
A differenza degli effetti speciali che stridono fin troppo, strabilianti sono le performance degli attori, che sono prima adolescenti, poi adulti, genitori e infine anziani, alle prese con ricordi che svaniscono. Here è così tedioso, mesto, quasi uggioso. Un prodotto che di natalizio non ha nulla, ma che non poteva che uscire durante le festività. Dove non c’è neanche nulla di così nuovo, dinamico, epico, simpatico o commovente, niente di così netto, ma allo stesso modo comunicativo. Di certo per Robert Zemeckis ed Eric Roth se all’inizio “la vita è come una scolta di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita” a distanza di anni, si trasforma in una scatola di memorie, di occasioni mancate e ricordi, e di quegli istanti che sempre strapperanno un sorriso. Non è la trama a mostrarsi e risultare cruciale, anzi è puramente di contorno, a volte non focalizzata né determinante. Potrebbe essere il racconto di un matrimonio, ma in realtà non lo è: gioie, dolori, quotidianità, momenti difficili ed esigenze che cambiano sono già viste e affrontate, necessarie per la narrazione reale scelta, ma al quale non è affidata alcuna svolta.
Here: valutazione e conclusione
Here è un film concettuale, per certi versi pretenzioso e ardito, che già corre il rischio di non riuscire ad arrivare al proprio pubblico. Here è senza un target preciso e cerca di raggiungere qualcosa che è oltre la visione cinematografica e oltre ciò che oggi la definisce. Un racconto fatto di anima e cuore, ma che non dà a queste la vera importanza, perché Here non è una storia di personaggi, né di situazioni, ma più di suggestioni. Senza una tecnica particolare, ma indubbiamente originale, che senza muoversi si muove attraverso il tempo, nello spazio che, statico, cambia forma. I temi sono molteplici e differenti in base agli occhi che li filtrano. Ecco che Here non sarà lo stesso film per chiunque. Un prodotto che lascia perplessi, dolce e romantico, agrodolce e pieno di amarezza.
Le fasi della vita, gli errori e i vizi dei padri che ricadono sui figli, il tempo che passa, la casa e la famiglia come ideale porto sicuro, le relazioni che salvano un’esistenza che da soli non si potrebbe condurre. Se fuori da quelle mura accade molto, la verità è tutta lì dentro, in quel soggiorno che prima ha ospitato decine di persone, decine di esistenze e ognuna in quella stanza ha in realtà lasciato qualcosa. Here è quindi anche un film sperimentale, che adotta una modalità di narrazione fuori da qualsiasi schema o principio cinematografico, dove il principio si è fatto oggi dogma, e per questo Zemeckis lo scardina. Lo ribalta, lo capovolge e lo rovescia. Indipendentemente dal risultato finale, Here è un film che rimane, che non si dimentica facilmente, e che continua a vivere, turbare e dare sensazioni anche dopo che i titoli di coda hanno finito di scorrere sullo schermo.
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